I giovani e la Costituzione
23 Maggio 2011
Autorità, Magnifico Rettore, cari studenti,
Sono lieto di essere oggi in questa prestigiosa Università e di parlare con voi giovani di un tema, quello della nostra Costituzione, che racchiude valori e principi nei quali crediamo fortemente e nei quali ci riconosciamo.
Oggi, 23 maggio, parlare della Costituzione a voi giovani significa innanzitutto ricordare e fare memoria della testimonianza di Giovanni Falcone; diciannove anni fa la mafia, con un atto vile e feroce, uccideva a Palermo un grande uomo, un giudice onesto e coraggioso, che aveva dedicato la vita alla giustizia, aiutando tutti i siciliani a liberarsi dall'opprimente e soffocante presenza della criminalità organizzata.
Falcone era consapevole che la sua azione incisiva e senza sosta contro uomini feroci e privi di principi, avrebbe inevitabilmente esposto a pericolo la sua vita.
Non ebbe tuttavia mai un momento di ripensamento, non smise fino all'ultimo di lavorare, di approfondire, di andare avanti, di conseguire eccellenti risultati sul fronte giudiziario.
In quel giorno persero la vita la moglie, Francesca Morvillo, anch'essa magistrato e tre agenti della Polizia di Stato, Vito Schifani, Rocco Di Cillo, Antonio Montinaro.
Servitori dello Stato ai quali dobbiamo riconoscenza gratitudine e rispetto, per avere onorato la nostra Italia ed avere contribuito con il loro sacrificio a renderla migliore.
A loro, a tutte le vittime della mafia e del terrorismo, va il nostro commosso ricordo.
Credere nello Stato, credere e osservare i principi fondamentali della nostra Costituzione: sono questi i principali obiettivi ai quali ciascuno di noi deve tendere.
Le costituzioni definiscono l'identità politica di una comunità e delineano l'architettura di poteri fissandone competenze, funzioni e limiti.
Le costituzioni dell'età liberale - come lo Statuto Albertino del 1848 - erano come in equilibrio tra il tradizionale principio monarchico ed il nuovo principio rappresentativo, espresso nel Parlamento.
Contenevano pochi articoli riguardanti i diritti e le libertà degli individui, la cui esatta conformazione era integralmente rinviata alla legge ordinaria.
Quei testi erano, propriamente, "carte", cioè si ponevano come sintesi di consuetudini già sedimentate e non avevano l'ambizione di divenire "progetto".
Anche la nostra Costituzione è non solo sintesi del passato, ma soprattutto visione e progetto del futuro.
Nelle società pluralistiche e secolarizzate l'identità politica e la coesione della società non sono più dati scontati, ma sono il risultato di una scelta consapevole fondata su una tavola di valori condivisi, espressione di tradizioni culturali diverse, eppure legate da un sentimento profondo di comune appartenenza.
Nelle società tradizionali pre-moderne e poi in quelle della prima modernità del periodo liberale, tra la fine del XVII e la metà del XVIII secolo, l'appartenenza dell'individuo alla comunità era un dato pressochè scontato, non problematico.
Prima c'era l'appartenenza alle "comunità di prossimità", come la famiglia, il villaggio, la parrocchia. Poi, con la definitiva affermazione dello Stato nazionale, c'era appunto la Nazione che esprimeva la comune appartenenza, l' idem sentire, senza il quale non può esistere una comunità politica.
I grandi conflitti del "secolo breve" hanno reso problematica l'esistenza della comunità politica e della coesione sociale. L'identità comune deve essere deliberatamente costruita in società divenute pluralistiche, in cui sono presenti ideologie diverse, etiche differenziate, stili di vita eterogenei, ed in cui il conflitto sociale è considerato una componente essenziale, ineliminabile e persino utile per lo sviluppo sociale.
I costituenti italiani, che provenivano dalle grandi tradizioni ideologiche del novecento - la cattolica, la socialista, la liberale - vollero creare dei collegamenti, dei "ponti", delle "legature" tra le diverse parti in cui era diviso il Paese: la dignità della persona umana, la centralità del lavoro, la sovranità popolare, l'eguaglianza, il pluralismo religioso.
Non solo le tradizionali libertà negative, ma i diritti di partecipazione politica ed i diritti sociali.
Alla prima parte della costituzione è stato affidato il delicato compito di integrare nella comune casa democratica soggetti collettivi, donne e uomini che partivano da premesse culturali, da ideologie, da interessi diversi, talvolta anche conflittuali.
In questo modo il "principio di tolleranza" diventava "cultura del rispetto".
La costituzione nasce e vive come patto tra le parti di una società pluralistica, ed è al tempo stesso un patto tra le generazioni.
Una costituzione "progetto", che guarda al futuro, è per definizione una costituzione che vuole creare un dialogo ed un collegamento tra le generazioni.
Si instaura così un equilibrio tra la stabilità di alcuni valori e principi costituzionali e l'innovazione sociale, culturale e politica.
Continuità e innovazione si traducono nell'equilibrio tra le istituzioni di garanzia come la Corte costituzionale, e le istituzioni politiche rappresentative, cui la stessa costituzione affida la determinazione di un indirizzo politico che, nel rispetto dei limiti costituzionali, è per il resto libero nel fine.
Ci sono poi alcune clausole che collegano l'ordinamento statale agli altri ordinamenti, esponendo il primo e la sua costituzione alle innovazioni che si realizzano al di fuori dello Stato.
La più importante è costituita dall'art. 11 che ha funzionato come "clausola europea".
E, secondo l'interpretazione della Corte costituzionale, ha consentito l'apertura dell'ordinamento al diritto comunitario e il primato del diritto comunitario sul diritto nazionale di contenuto incompatibile.
Con la legittimazione offerta da questa clausola abbiamo assistito all'europeizzazione di importanti settori dell'ordinamento giuridico. Alcune disposizioni costituzionali, specie quelle della costituzione economica, sono state reinterpretate, anche dal giudice costituzionale, alla luce dei principi del diritto comunitario.
Ma questa evoluzione non comporta la vanificazione dei principi costituzionali.
Come ha ribadito più volte la Corte costituzionale con la teoria dei "controlimiti", il diritto europeo non può contrastare con i principi costituzionali fondamentali e con i diritti inviolabili.
In questo modo, insieme all'integrazione giuridica europea, viene salvaguardato il nucleo fondamentale della Costituzione italiana. L'identità europea coesiste con l'identità costituzionale nazionale, secondo il principio "uniti nella diversità".
La recente crisi finanziaria ed economica globale ha scosso tante certezze e messo in discussione la capacità del sistema-Paese e dell'Europa di coniugare crescita economica e coesione sociale.
I giovani vivono una condizione di disagio e di incertezza, dovuta anche alla disoccupazione giovanile.
Una condizione che rischia di non avvicinarli alla politica.
Il debito pubblico che interessa il Paese da decenni, scarica sulle generazioni future i costi dello Stato. In questo modo anche la solidarietà tra le diverse generazioni può essere messa a rischio.
La stessa tolleranza all'interno dell'arena politica è minacciata da episodi che ci riportano indietro negli anni bui della storia europea in cui la politica era concepita come contrapposizione tra amico e nemico.
Di fronte a queste sfide, sul superamento delle quali si misurerà la tenuta della nostra società, ma anche di tante altre società europee, dobbiamo rispondere richiamandoci allo spirito della prima parte della costituzione e chiedendo alla politica di compiere scelte con essa coerenti.
Su questo terreno, meritano certamente un grande rilievo le politiche istituzionali.
La modernizzazione istituzionale del nostro Stato è infatti una condizione indispensabile sia per reggere la competizione nei mercati globalizzati, sia per tutelare i diritti, specie quelli delle nuove generazioni e dei soggetti più deboli.
Nell'agenda riformista potrebbero trovare posto pure delle prudenti modifiche della seconda parte della Costituzione.
Alla stabilità della "costituzione dei diritti" possiamo affiancare una maggiore apertura alla revisione della "costituzione dei poteri". Infatti, se quest'ultima è una macchina congegnata per assicurare la salvaguardia dei principi e dei valori affermati nella prima parte della costituzione, il mutare del contesto sociale, economico e politico in cui opera, può richiede modificazioni dei congegni organizzativi.
Bisogna assolutamente modernizzare l'Italia.
Il mutare del contesto internazionale e storico chiama la politica ad una riforma dei meccanismi istituzionali che sia al passo con i tempi.
Questo è in parte avvenuto con la riforma del titolo quinto, che sta trovando il completamento legislativo con l'attuazione del federalismo fiscale.
Ora occorre introdurre quelle riforme che possano servire a meglio garantire il valore della "dignità" e i diritti fondamentali riconosciuti alle donne ed agli uomini di tutte le età e i ceti sociali.
Individui che, con il loro lavoro ed il loro ingegno, animano il nostro straordinario Paese.
Qualunque modifica, come ho avuto modo più volte di ribadire, dovrà tenere fermi i principi fondamentali nei quali tutti ci riconosciamo.
Sono sul tappeto diverse riforme e se ne parla da tanto tempo. Alcune sono necessarie e dovranno essere introdotte al più presto.
Perché ciò avvenga, la politica tutta, senza distinzione di schieramenti, ha il dovere di dialogare e di confrontarsi.
Di fronte a obiettivi così nobili ed essenziali per il bene del Paese, il processo di trasformazione richiede senso di responsabilità, abbandono di contrapposizioni sterili e fine a se stesse o peggio ancora di egoismi.
Un tavolo comune intorno al quale la politica deve sedere, per confrontarsi, in un clima di reciproca collaborazione e di volontà di fare; con atteggiamento di ricerca costante di punti di convergenza.
Lo scontro, quando sono sul tappeto questioni che interessano la stabilità, il benessere, il futuro degli italiani, non è mai l'arma vincente.
E' compito comune di istituzioni e cittadini vivere e testimoniare la Costituzione come valore e come speranza per l'avvenire, che accetta la sfida della storia facendola memoria del futuro.
Che è punto di partenza per un percorso dove ciascuno possa ritrovarsi, oltre le legittime diversità di ispirazione ideale e culturale, ancora una volta insieme per un bene più grande che tutti accomuna.
Il destino di una Nazione che si sente e si riconosce come comunità, ponte di civiltà e umanità oltre ogni steccato e interesse di parte.