Dentro le Istituzioni: percorsi di opportunità
13 Aprile 2010
Autorità, Signore e Signori,
sono lieto di aver accettato l'invito della Presidente Emma Bonino ad aprire questo Convegno dal titolo "Dentro le Istituzioni: percorsi di opportunità", organizzato dalla Commissione per la parità e le pari opportunità in Senato.
Ritengo infatti che questo sia un tema di grande rilievo e profonda attualità.
Ho particolarmente apprezzato l'uso della parola "opportunità" nel titolo.
La fase storica in cui viviamo, infatti, rende assai importante, direi necessario, cogliere le opportunità che si offrono per l'avanzamento dei percorsi di studio e lavoro femminili nella società.
Ho citato non a caso lo studio ancor prima del lavoro.
Sappiamo infatti che l'istruzione e la formazione contribuiscono in maniera determinante a dare una risposta concreta alle crescenti sfide socio - economiche e demografiche che i nostri Paesi sono chiamati ad affrontare.
In questo ambito, è cruciale la questione femminile.
Come ha detto l'OCSE nel suo rapporto, "le variazioni dell'occupazione femminile sono un fattore primario di differenza nei tassi totali di occupazione".
Lo stesso rapporto chiarisce in modo inconfutabile che se aumenta il livello di istruzione, vi è maggiore possibilità di trovare lavoro.
I Paesi con l'occupazione più alta sono quelli in cui più elevata è la partecipazione femminile al mondo del lavoro e questa variazione riflette modelli molto diversi di tipo sociale e culturale.
L'accesso delle donne all'istruzione è stato caratterizzato storicamente da ostacoli e difficoltà, ed è da considerarsi una grande conquista democratica del XX secolo e di alcuni Paesi soltanto.
La lotta per la democrazia, nel nostro come in altri Paesi, è stata ed è quella per una piena partecipazione delle donne alla vita civile.
Nell'Italia negli anni '50 e '60, anche in virtù del "miracolo economico", l'accesso all'istruzione è diventato un fenomeno diffuso nei diversi ceti sociali, quasi di massa, e si è allargato dunque l'accesso femminile al mondo del lavoro.
E gli ultimi decenni della storia italiana sono caratterizzati dalla crescita del livello di istruzione delle donne.
Nella fascia di popolazione fra i 25 e 44 anni, le donne con un titolo superiore di studi sono oggi più degli uomini. Tra gli anni 1970/71 e 2005/2006 sono più che triplicate le donne che hanno preso il diploma; oggi sono quasi l'80%.
L'Italia, garantendo un generale accesso all'istruzione, ha contribuito in modo determinante allo sviluppo del Paese anche in termini socio-economici.
Se nel 1861 l'84% della popolazione femminile era analfabeta, oggi possiamo dire con orgoglio che il numero delle diplomate donne nella scuola secondaria è superiore a quello degli uomini.
I dati dimostrano chiaramente che il progresso del nostro Paese è il progresso della condizione femminile.
Molto è stato fatto, quindi.
Ma il cammino è ancora lungo, soprattutto per l'affermazione delle donne nel mondo del lavoro, e ancor di più per il loro successo nei settori apicali.
Il "soffitto di cristallo" è e resta un problema.
La nostra Costituzione si sofferma ampiamente su questo tema.
Basti pensare all'articolo 3, ed ancora all'articolo 37 che conferisce alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore.
La modifica costituzionale dell'articolo 51 a seguito della Legge costituzionale 30.5.2003 n. 1 recita: "A tal fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra uomini e donne", espressione che ha quale punto di riferimento la Costituzione Europea, dove, al Titolo III viene sancito il principio di uguaglianza.
Le basi per una effettiva parità sono contenute tutte nella Carta Costituzionale.
Ad essa ha fatto seguito una intensa attività legislativa: il D.L. 128/2006, il codice per le pari opportunità tra uomini e donne, ne è un esempio.
Anche il diritto comunitario ha contribuito ad una evoluzione e a un miglioramento del rapporto fra la donna e il mondo del lavoro; il Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, riconosce la parità fra uomo e donna come uno dei "valori comuni agli Stati membri".
E ancora il Consiglio europeo di Lisbona del 2000 si proponeva di portare il tasso di occupazione delle donne al 60%, mentre il Quinto programma di azione comunitario per le pari opportunità 2001-2006 si poneva l'obiettivo della parità fra sessi in tutte le politiche che esercitano un impatto diretto o indiretto sulla vita degli uomini e delle donne.
E' stata poi varata la Road Map per l'eguaglianza tra uomini e donne nel 2006-2010 e per l'effettiva parità attraverso un percorso tratteggiato in sei settori ritenuti fondamentali.
Nonostante i progressi compiuti, resta tuttavia il mancato raggiungimento di alcuni dei traguardi prefissati, soprattutto per ciò che concerne le donne nei ruoli chiave e la parità di trattamento economico.
In Italia, secondo il Censis, le donne studiano di più e sono più attive nel mercato di lavoro, ma faticano a raggiungere la vetta: sono un quarto degli uomini in posizioni di vertice, e spesso hanno livelli retributivi diversi. Si occupano invece moltissimo di attività di cura e assistenza.
Quale la situazione in politica delle donne?
I dati del Senato ci indicano una presenza femminile del 18,01% a fronte di una presenza maschile dell'81,99%; alla Camera dei Deputati l'andamento è leggermente migliore se si considera che siedono al Parlamento il 22,27% delle donne e il 78,73% degli uomini.
Devo dire che sono orgoglioso di avere al mio fianco, come Vice Presidenti del Senato, due donne di grande preparazione e capacità come la Senatrice Bonino e la Senatrice Mauro.
In Senato, inoltre, la presenza femminile nella carriera direttiva è pari al 28,6%; le donne rappresentano il 29,4% dei Capi Ufficio e il 15% dei Direttori.
Se è vero che il recente rapporto della Commissione europea evidenzia la crescita ai vertici della politica delle donne, l'Italia occupa ad oggi uno degli ultimi posti, mentre Svezia, Finlandia e Slovenia registrano una partecipazione politica al femminile pari al 50%.
Non è un caso quanto rileviamo; in realtà il raggiungimento della completa parità è stato preceduto da appositi Leggi e percorsi.
Quanto ai Ministeri, in Italia sono occupati da donne quei tre da tutti considerati apparentemente più idonei alla sensibilità femminile.
Non è così in Francia né in Spagna.
Eppure studi recenti mettono in risalto come la presenza femminile in politica possa apportare elementi di novità nel processo decisionale e anche comportamenti improntati alla mediazione e al dialogo.
Voglio evidenziare un dato riportato dal Sole 24Ore sulle scelte privilegiate dalle donne che rivestono ruoli di vertice in amministrazioni comunali e che riguardano spese per istruzione pubblica, per lo sport, per l'assistenza agli anziani, per viabilità e sicurezza dei trasporti e delle strade.
Non sono solo le donne ad avvertire l'esigenza di essere maggiormente presenti ed attive nei circuiti dirigenziali, ma è la società intera ad avere fortemente bisogno di una maggiore presenza femminile affinché venga raggiunto quel equilibrio necessario alla costruzione di un modello europeo di democrazia matura.
La strada è ancora molta, ma confido che riusciremo a percorrerla tutta, e che le donne nel mondo del lavoro saranno sempre di più, e in ruoli di sempre maggior rilevanza.