Salerno nella storia della nuova Italia democratica: 11 febbraio - 15 luglio 1944
16 Aprile 2011
Autorità, Signore e Signori,
siamo qui riuniti per rendere onore a Salerno che fu sede del Governo italiano dall'11 febbraio al 14 luglio 1944.
Un ruolo centrale negli eventi straordinari di quel periodo che nel 150° Anniversario dell'Unità d'Italia ravviva la memoria di questa splendida città.
Con emozione rivedo nel vostro duomo e nelle tante architetture e opere d'arte che costellano questo golfo, i segni di quella stagione normanna che fece grande la mia città, dall'altro lato del mare: Palermo.
Salerno fu infatti capitale rigogliosa e fiera di un principato normanno che diede a tanta parte del nostro Mezzogiorno benessere, rilevanza strategica e culturale in un'epoca ancora così difficile della storia d'Europa.
Forte di quella tradizione, Salerno fu poi in prima linea nel processo di unificazione della nostra patria.
Proprio qui, nel maggio del 1820 scoppiarono quei moti, che mostrarono, per la prima volta, la fragilità della restaurazione borbonica. Qui, e in tutta la provincia, si sollevarono nel segno della libertà, tanti cittadini nel 1848.
Non fu quindi un caso, ma una precisa scelta, quella di Giuseppe Mazzini e Carlo Pisacane di indirizzare nella provincia di Salerno, la sfortunata spedizione del 1857.
Se Pisacane non riuscì nel suo intento di sollevare le masse del Cilento, la larga eco degli eventi di Sapri, mostrò una volta di più il profondo isolamento del Regno borbonico nella comunità internazionale, il suo rinchiudersi nell'attività repressiva e poliziesca.
E così, solo pochi anni dopo, la spedizione guidata da Giuseppe Garibaldi ebbe quel successo che mancò agli eroi di Sapri, contribuendo in modo decisivo a quella Unità territoriale il cui compimento abbiamo celebrato nei giorni scorsi.
La storia in uno dei momenti più tragici della nostra esperienza nazionale ripose, un secolo dopo, questa vostra città al centro della vicenda nazionale.
Il 9 settembre del 1943, a pochi chilometri da dove ci riuniamo, la 5a armata americana sbarcò, liberando la città e con essa l'intero Mezzogiorno.
Il prezzo che Salerno pagò fu altissimo; grazie però a quello sbarco lo Stato italiano poté sopravvivere, e alle regioni del Mezzogiorno fu risparmiata la tragedia dell'occupazione tedesca che segnò il resto del Paese.
Da Salerno iniziò poi la rinascita delle sue istituzioni del nostro Paese.
Salerno fu sede del governo dall'11 febbraio del 1944 al 14 luglio dello stesso anno; pochi mesi, ma intensi, dove le vicende di una guerra difficile si intrecciarono con quelle della costruzione delle istituzioni della nuova Italia.
Momento essenziale di questo processo fu la cosiddetta "svolta di Salerno" con la quale il Partito Comunista accantonò la questione istituzionale per il comune impegno nella lotta di liberazione e per il Governo dello Stato.
Nel segno di questa svolta, condivisa dagli altri partiti del Comitato di liberazione proprio qui a Salerno si formò il secondo Governo Badoglio il 21 aprile 1944.
Non più un Governo del Re ma un Gabinetto ricco anche di tante figure e uomini rappresentativi dei partiti del Comitato di liberazione nazionale e della migliore Italia.
Il potere ministeriale passava così dopo il ventennio fascista ai partiti democratici.
Questo vento democratico portò, liberata Roma il 4 giugno del 1944, sempre qui a Salerno, alla formazione di un nuovo governo, il cui premier - Ivanoe Bonomi - non fu scelto dal sovrano, ma fu espressione della coalizione dei partiti.
La monarchia accettò le condizioni poste dai delegati del Comitato di liberazione: l'impegno formale di convocare al termine della guerra una Assemblea costituente, l'attribuzione all'Esecutivo del potere di governare con decreti-legge per tutto il periodo provvisorio fino all'avvenuta approvazione della Costituzione dello Stato.
Questi punti - che costituiscono la cosiddetta prima "Costituzione provvisoria" - furono approvati nella prima seduta del nuovo Governo di Salerno, il 25 giugno del 1944.
Si apriva così quel processo istituzionale che portò, due anni dopo, alla Repubblica e, quindi, alla elaborazione della Costituzione, fondamento e presidio delle nostre libertà e della vita civile della nuova Italia.
Si sancì una tregua istituzionale che garantì, tra il 1944 e il 1948, il trapasso pacifico non solo da un regime dittatoriale ad un sistema costituzionale, ma anche dalla monarchia alla Repubblica democratica fondata sulla volontà del popolo sovrano.
La storia del nostro Paese è la storia di una unità cercata e ritrovata anche dopo divisioni e fratture. E' una storia di territori e città che si sono saputi incontrare per il bene comune.
Nemiche del bene comune sono le logiche criminali.
La criminalità organizzata uccide le speranze di sviluppo, giustizia, crescita dell'intera società civile.
La camorra si insinua nelle parti vitali dello Stato,, sfrutta la crisi e tende a ricoprire spazi sempre più ampi. Una organizzazione che spara sempre di meno e che fa sempre più affari, anche blandendo le imprese con la grande disponibilità economica e con prospettive di facili guadagni.
La legalità quotidianamente difesa da forze dell'ordine e magistratura va sorretta da un investimento sui giovani che dia loro garanzie per un lavoro onesto, una vita libera, il gusto della libertà e della democrazia.
I giovani sono i protagonisti di una stagione di riscatto che premia il coraggio di chi si oppone al giogo e al condizionamento criminale.
Sono sempre i giovani i protagonisti del rilancio dei territori ed il superamento dei ritardi e opacità che hanno compromesso il Sud per troppo tempo. E' una esigenza etica fondamentale.
Il Sud è una risorsa e nessun federalismo è realizzabile senza un piano di reale avanzamento e ammodernamento delle regioni meridionali.
Il Sud è chiamato a non disperdere l'opportunità del federalismo che significa innanzitutto responsabilità e trasparenza, ma tutto il Paese deve essere cosciente che se fallisce il pieno recupero e il rilancio del meridione, a fallire sono lo stesso federalismo ed ogni progetto di riforma.
Da uomo del Sud non temo il federalismo fiscale, perché inserisce modelli di competizione e efficienza, esaltando il principio di responsabilità degli amministratori.
Una classe dirigente all'altezza del compito dato, ha titolo a porsi come interlocutore credibile nei confronti dello Stato e formulare le proprie istanze.
Si impone un passo indietro che allontani il Mezzogiorno dalle politiche assistenziali e redistributive e lo avvicini invece allo sviluppo vero e duraturo.
Un Mezzogiorno rigenerato che può porre allo Stato due irrinunciabili richieste: garanzia di legalità ed adeguate reti infrastrutturali.
Alla base di questo grande e strategico patto Stato e regioni meridionali c'è la irrinunciabile necessità di riscatto delle popolazioni locali.
E' una strada percorribile, anche se ripida, è una sfida, è un impegno per il cambiamento, che vale la pena di affrontare.
Se il Sud vince la sfida delle riforme, vince l'Italia tutta. Se il Sud fallisce, fallisce l'intero Paese.
L'Italia del prossimo futuro è avviata verso uno Stato più vicino ai cittadini e alle comunità locali.
La storia di Salerno porta con sé il messaggio della necessità, anche oggi attualissima, di deporre le armi, i conflitti, le contrapposizioni per iniziare a percorrere una strada di ritrovata concordia.
La concordia tra istituzioni, tra Nord e Sud, tra partiti permette un confronto più civile che è l'unica garanzia di tenuta del sistema Italia.
Verso questo obiettivo tutti devono sentirsi obbligati.
Il destino del Paese è segnato dalla nostra capacità, dal nostro impegno, dalla nostra leale volontà di rafforzare il senso dello Stato come irrinunciabile sentimento e coscienza di essere, oltre le legittime distinzioni e personali culture, comunità.
Comunità di persone e ideali che si riconosce valore di civiltà e umanità.
Uomini uniti dalla ferma volontà che il Mezzogiorno possa guardare al suo futuro con fiducia ed ottimismo.