Il Presidente: Discorsi

Inaugurazione della nuova sede del Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti

6 Febbraio 2009

Cari amici,
ringrazio l'Ordine dei giornalisti e il Presidente Del Boca, per questo gradito invito a inaugurare la nuova e prestigiosa sede del Consiglio Nazionale dell'Ordine.
E non mi sfugge il significato dell'invito che mi è stato rivolto in quanto Presidente del Senato.
L'inaugurazione della nuova sede e la mia presenza oggi qui ricorrono in un momento particolarmente complesso per la vostra professione, per la sua collocazione nella società contemporanea e per i vostri rapporti con i poteri dello Stato e con gli editori.
Mi riferisco, in particolare, a tre questioni: il contratto dei giornalisti, la legislazione sulle intercettazioni, la riforma dell'accesso alla professione.

La vostra categoria attende il nuovo contratto di lavoro che garantisce il diritto costituzionale di tutti ad un'informazione giornalistica di qualità ed è questo un obiettivo non più rinviabile.
Un contratto capace di governare i cambiamenti dell'informazione, del mercato e del lavoro giornalistico e dell'industria, che assicuri professionalità, tutela e qualità dell'occupazione.
Il contratto di lavoro dei giornalisti è scaduto da quattro anni ed il suo rinnovo non dovrebbe farsi attendere ancora.
Il negoziato, come a tutti voi è noto, va avanti faticosamente soprattutto sulla parte normativa. Voi sapete che su questa vicenda sono già intervenuto e ne parlo anche oggi.
E' difficile comprendere come una categoria che occupa uno snodo nevralgico nella società lavori con un contratto scaduto da così tanto tempo.
Una situazione come questa indebolisce il principio della libertà di stampa. Infatti una categoria di professionisti senza garanzie contrattuali non può sentirsi realmente libera.
Il Parlamento e il Governo hanno compiuto scelte nei confronti dei giornalisti, anche per agevolare questo difficile negoziato.

Mi riferisco alla norma che mette a carico dello Stato gli oneri dei prepensionamenti, alleggerendo così il peso di questi dal bilancio dell'Inpgi.
Occorre raggiungere tra le parti un'intesa che non sia penalizzante per l'intera categoria e non metta a rischio la sopravvivenza delle imprese editoriali.
Ora tocca alla Federazione Nazionale della Stampa e alla Federazione degli Editori sciogliere i diversi nodi di un confronto quanto mai complesso.
Ci sono da affrontare le questioni urgenti e, tra queste, la multimedialità, la modulazione dell'utilizzo dei contratti a termine, la tutela del lavoro autonomo e non.
Ecco perché alcune Istituzioni non possono sottrarsi a un intenso lavoro di mediazione tra giornalisti ed editori. Come non può non essere garantito il diritto inviolabile alla riservatezza, pur nella salvaguardia di un altro diritto, quello all'informazione, anche questo fondamento di un sistema democratico e pluralista.

Riservatezza e informazione sono un binomio inscindibile, da alcuni ridefinito dignità della persona e diritto di cronaca. Costituiscono il bilanciamento tra attuazione e riconoscimento dei diritti costituzionali e valori socialmente rilevanti.
L'utilità dell'informazione è direttamente proporzionale all'interesse collettivo, alla verità dei fatti che racconta, nonché alla corretta diffusione degli eventi.
Ma il dovere di verità richiede il rigoroso e scrupoloso accertamento della realtà, la civile esposizione e valutazione di ciò che accade, senza eccessi e insinuazioni, storicamente condannati dalla legge.
La libertà di informazione e di critica ancorata al riconoscimento dei valori della buona fede e della lealtà, esalta il ruolo della stampa come strumento essenziale di libertà, è cardine del sistema democratico garantito dalla Costituzione. Quindi è indispensabile essere e apparire corretti nell'osservanza di questi doveri.
In questo contesto, le regole deontologiche sono perno dell'autonomia della professione e baluardo da attacchi; garantiscono il diritto di ogni cittadino ad un'informazione corretta, completa, obiettiva, imparziale, equilibrata.

Ma la ricerca a tutti i costi dell'interesse del lettore, mette a rischio i principi deontologici; nel riportare una notizia, vanno bandite affermazioni che interferiscono sull'equilibrio tra tutela dell'individuo e libertà di informare in nome dell'interesse pubblico.
In questo schema deve collocarsi il dibattito sulle intercettazioni: permangono due questioni di grande rilievo per il rapporto tra informazione e società civile e per la garanzia del rispetto del diritto alla riservatezza.
In un paese democratico gli unici limiti della libertà autoregolata sono quelli che preservano la libertà degli altri.
Le questioni fondamentali come la libertà di parola e di informazione richiedono una decisione ampiamente condivisa.
Ecco perché da tempo richiamo tutte le forze politiche a un'intesa tra maggioranza e opposizione sui limiti alla pubblicazione delle intercettazioni. Le differenze, poi, che intercorrono tra gli schieramenti politici non sembrano certo incolmabili.
Auspico, quindi, una disponibilità all'ascolto e all'intesa tra maggioranza e opposizione anche perché l'ipotesi di legge sulle intercettazioni mira in primo luogo e doverosamente a tutelare i cittadini ma, nello stesso tempo, non dovrà sacrificare e ledere il diritto a un'informazione corretta, completa, senza timori reverenziali e subalternità.

Mi auguro che le proposte di legge sulle intercettazioni racchiudano norme che tutelino la privacy e prevedano sanzioni non penali per le testate che le contravvengono; sarebbe così introdotto il principio di responsabilità del giornale e cioè di quei giornalisti che violano le norme e dei loro controllori.
Spero inoltre che, per regolamentare la materia, vengano individuate le modalità di uso delle intercettazioni in riferimento a tipologie di reato vietando il richiamo a fatti anche personali, ininfluenti e funzionalmente non utili al processo.
Ciò eviterebbe un'indiscriminata pubblicazione delle conversazioni intercettate che creano gravi conseguenze ed elevati danni alla sfera personale di ciascuno.
Credo che sia utile soffermarmi su un altro aspetto dell'alta funzione del giornalista.
Sappiamo bene che la maggior parte delle pagine dei giornali è dedicata all'informazione, cioè al trasferimento delle notizie da chi le possiede, il giornalista, al lettore.
Ciò avviene con un unico vero limite condiviso da tutti, quello dell'esigenza di verità. Un limite sacrale e quindi inviolabile. Un limite che comporta sacrifici e rischi che ben conosciamo.

Un limite, l'esigenza della verità, che ha avuto tra i giornalisti anche le sue vittime, eroiche perché consapevoli.
Accanto all'informazione troviamo l'attività di comunicazione.
Troviamo cioè il frutto di quell'occupazione che mira a trasferire idee, a metterle in comune con il lettore. Comunicare è anch'esso un aspetto nobile della vostra professione, presuppone sapienza e senso di responsabilità.
In Italia spesso i maestri di giornalismo sono stati e sono anche maestri della comunicazione delle idee. Questo è un vanto per il nostro Paese ed una ragione di gratitudine che, forse, ogni tanto sarebbe giusto e non immodesto rivendicare.
Il pluralismo dell'informazione è garanzia di trasparenza, democrazia, rispetto delle varie sensibilità dei cittadini, delle loro culture, delle loro idee.

E' un valore sacrale del nostro sistema-Paese per la cui salvaguardia dobbiamo ritenerci coinvolti ed impegnati attivamente.
Dobbiamo vigilare quotidianamente affinché nessuna limitazione possa essere esercitata nei confronti di chi informa, seppure con atti apparentemente e formalmente legittimi e di chi ascolta.
Pluralismo significa garanzia di spazi per tutte le opinioni; ma vuole dire anche che ciascuno deve necessariamente potere illustrare il proprio punto di vista senza eccedere nell'unilateralismo; occorre cioè che nello stesso contesto sia data la possibilità di espressione alla pluralità delle voci in modo che nella stessa realtà tutte le posizioni abbiano un equilibrato e proporzionale diritto di tribuna.
Sulla riforma della professione penso che le fondamenta della legge del vostro Ordine siano ancora salde, nonostante i decenni trascorsi dalla sua approvazione. Dal 1963 il mondo, l'Italia, sono cambiati e capisco la necessità di qualche aggiornamento legislativo. Ho letto la vostra proposta ed è evidente che essa è il risultato di un lavoro intenso e accurato e di un dibattito approfondito. Vi posso assicurare che se la vostra proposta dovesse approdare in Parlamento, sotto forma di disegno di legge, la Presidenza del Senato vi dedicherà la massima attenzione.

Consentitemi, infine, un breve ricordo del giornalista Saro Ocera recentemente scomparso, in memoria del quale oggi, in questa prestigiosa sede, viene apposta una targa.
Saro Ocera è stato un uomo integro, un professionista leale. Aveva sviluppato una sensibilità e una competenza non comuni per quanto di più delicato esiste nella professione del giornalista: la deontologia. Cioè, quel complesso di norme etiche che riguardano, anche e soprattutto, quanto di più prezioso appartenga a una persona: la dignità, l'onore, la reputazione.
Saro Ocera, in quindici anni di presidenza della Commissione Ricorsi, si è assunto la responsabilità di delicate decisioni disciplinari sui suoi stessi colleghi, sempre con equanimità, coerenza e rigore morale. Sviluppando negli anni un livello di competenza tale da trasformarlo in un raffinato giurista. E lavorando fino all'ultimo, nonostante la malattia che lo aveva minato nel fisico, aveva concepito e curato la guida alle decisioni disciplinari del Consiglio Nazionale: il Massimario. Un lavoro difficile e faticoso, ma necessario, attraverso il quale Saro Ocera occuperà un posto speciale nella storia del vostro Ordine.

Desidero ringraziarvi veramente di cuore perché il vostro cammino professionale accompagna e aiuta non soltanto la vita civile degli italiani, ma anche la vita stessa della classe dirigente politica e delle Istituzioni. A voi va riconoscenza e rispetto. Infine vi prego di ritenermi sostenitore e amico delle vostre battaglie di libertà e di verità.
In nome di queste due bandiere vi auguro buon lavoro.



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