Il Presidente: Discorsi

Bipolarismo: punto di non ritorno?

Discorso pronunciato al convegno organizzato dal Centro Studi Palladium (Palermo)

5 Marzo 2011

Cari amici,
il bipolarismo e l'alternanza sono state innovazioni importanti del sistema istituzionale e politico. Il più delle volte le critiche non hanno riguardato il principio del bipolarismo in sé, ma un certo tipo di assetto dei rapporti tra maggioranza e opposizione, che avendo trasformato il confronto politico in scontro pregiudiziale, rischia di trasformare l'idea buona di un governo scelto dai cittadini in contrapposizione elettorale permanente. Ma rimettere le lancette indietro non è mai utile, serve invece guardare avanti. In un momento nel quale la situazione economica ed i vincoli europei ci impongono un salto di qualità nella nostra vita pubblica e amministrativa, gli scenari internazionali chiedono scelte equilibrate e chiare. La stabilità e la continuità dei governi sono beni essenziali e condizioni irrinunciabili per tutte le forze politiche ed il bipolarismo, a mio avviso, riesce a garantire pienamente queste esigenze.

Ricordiamo tutti le anomalie e le distorsioni del precedente sistema elettorale: partitocrazia, governi balneari, governi monocolore di transizione, "patti della staffetta" e continue trattative parlamentari, crisi extraparlamentari come nota costante delle dinamiche costituzionali che dimostravano come sotto la formula "centralità del Parlamento" si nascondeva la realtà vera della "centralità dei partiti". Ai partiti veniva conferito un mandato in bianco, che veniva riempito di contenuti solo nelle aule parlamentari, dopo una serie infinita di consultazioni e con la conseguente difficoltà di dare coerenza e attuazione ad un programma di governo trasparente e voluto dalla maggioranza dell'opinione pubblica. Governi, quelli della prima Repubblica, quasi tutti di durata decisamente inferiore a quella degli attuali esecutivi.

Le conseguenze perverse di un sistema bloccato sono state l'aumento del debito pubblico, la mancata modernizzazione dello Stato, l'allontanamento dei cittadini dalla politica, lo strapotere dei partiti nell'occupazione dei gangli vitali del Paese, anche di quelli produttivi. La fine delle esclusioni ideologiche che avevano cristallizzato e bloccato il sistema politico e il referendum del 1993 hanno portato ad una svolta radicale.

Il bipolarismo è un punto di non ritorno. Ha prodotto alternanza. Nel pieno rispetto della libertà degli elettori, ha fatto chiarezza di ruoli, programmi, responsabilità. Ha premiato, contro logiche opache, la trasparenza. Sperare in risultati elettorali senza vinti e vincitori significa non avere fiducia nei cittadini, che giustamente vogliono continuare a contare e pretendono governi che non siano decisi da altri e dopo le elezioni.

Agli elettori spetta decidere chi debba governare, con quale programma, con quali alleati. Lo schieramento vincente dalle consultazioni elettorali ottiene il mandato dei cittadini e la responsabilità di guidare il Paese per volontà popolare. Una "buona politica" che si propone il ricambio di classi dirigenti e le riforme, non può fare a meno di un assetto bipolare che tutte le moderne democrazie occidentali hanno saputo realizzare.

Sempre più forti sono i legami tra partiti delle medesime famiglie politiche; sempre più la nostra appartenenza all'Unione Europea ci chiederà un confronto politico che guarda oltre i personalismi di casa nostra per progetti coerenti negli ideali e nei programmi. L'attuale sistema bipolare ha contribuito ad aumentare la stabilità degli esecutivi grazie anche al premio di governabilità attribuito allo schieramento vincente, agevolando l'attuazione del programma scelto dagli elettori e la scadenza naturale dei tempi della legislatura.

Se è pur vero, come già detto, che lo schema bipolare ha spesso trasformato il confronto politico in scontro pregiudiziale senza precedenti, vi è da dire, per fortuna, che ciò è venuto meno tutte le volte in cui il Parlamento è stato chiamato a votare - e lo ha fatto quasi all'unanimità- importantissime leggi di contrasto alla criminalità organizzata e di sostegno alle nostre missioni internazionali di pace. Un aspetto condiviso certamente da evidenziare e da valorizzare, come chi vi parla non si è mai sottratto dal fare pubblicamente, perché quando in particolare si legifera per contrastare le grandi mafie, la politica non può e non deve essere divisa.

Dobbiamo prendere atto che se il bipolarismo è entrato a far parte della logica degli elettori, ciò non è sufficientemente avvenuto in alcuni ambienti della politica, che non sono riusciti ancora a liberarsi dalle scorie del passato. Siamo, in maniera sempre più incalzante, davanti a comportamenti orientati verso la reciproca delegittimazione degli schieramenti politici contrapposti, quasi una volontà di ritornare al vecchio, con uno scontro pregiudiziale continuo fine a se stesso, denso a volte di veleni che spesso toccano le persone e non le idee.

In questo contesto si inserisce il dibattito di modifiche della legge elettorale dovute al presunto fallimento dello schema bipolare vigente. L'instabilità governativa nell'epoca del maggioritario, è dovuta, almeno sino ad oggi, a tensioni politiche causate dal tentativo di determinate forze di ricostituire in Parlamento Gruppi in grado di indebolire lo schema bipolare. L'esempio più evidente è il proliferare di Gruppi che nascono ancora prima degli stessi partiti non rappresentando cioè alcuna forza politica che si sia cimentata alle elezioni.

Le ragioni di questa anomalia vanno anche ricercate nell'attuale disciplina dei regolamenti che non è stata ancora adattata al nuovo sistema elettorale e resta ancorata alla vecchia concezione proporzionale della prima Repubblica che guardava più alla rappresentatività che alla governabilità e alla stabilità degli Esecutivi. Esistono infatti e purtroppo ancora tutte le condizioni per la nascita di nuovi Gruppi che possono alterare l'impostazione bipolare e influire sulla stabilità dei governi e sulla stessa indicazione conferita dagli elettori con il loro voto. Ad esempio, dopo la legge elettorale del 2006, nella XV legislatura il numero dei Gruppi alla Camera è passato da otto a quattordici, al Senato da otto ad undici. E, nell'attuale legislatura, alla Camera si è registrato un incremento da sei ad otto; al Senato da sei a sette.

Esiste , poi, una mancata sintonia tra la legge elettorale attuale e alcuni principi che sembra possano desumersi dalla Costituzione, poiché la prima è basata sul principio del bipolarismo, la seconda su elementi di carattere proporzionale. Il filo conduttore di tutti i tentativi di riforma del nostro Paese, da quella elettorale fallita del 1953, è sempre stato la ricerca della stabilità dell'azione del governo che i Padri costituenti ritenevano necessaria, e che non riuscirono a realizzare proprio a causa della guerra fredda. Penso che dovremo ritornare a confrontarci con pacatezza e spirito costruttivo su queste esigenze che sono ampiamente condivise.

Il rapporto tra Parlamento e Governo in un efficiente e moderno sistema parlamentare è quello che riconosce nel Presidente del Consiglio il leader della maggioranza parlamentare, e ciò per diretta volontà popolare e non per decisioni di palazzo post elezioni. Il rafforzamento del ruolo del Governo indicato dagli elettori passa attraverso il rafforzamento dello stesso Parlamento. Un Parlamento più forte in un rapporto più stretto e autorevole con un Governo stabile e coerente con il programma elettorale.

Resto convinto che l'introduzione di una corsia preferenziale per le iniziative legislative del Governo potrebbe essere uno strumento più efficace per permettere una drastica riduzione del ricorso alla decretazione d'urgenza e ridare quindi una piena centralità alla legislazione ordinaria. Dare tempi certi alle iniziative indicate come prioritarie dal Governo permette a tutti, al Parlamento e agli organi di garanzia, di essere più rigorosi nella verifica dei presupposti di necessità e urgenza dei decreti-legge, il cui uso, come giustamente auspicato dal Presidente della Repubblica pochi giorni fa, potrà essere ricondotto più facilmente "nell'ambito proprio di una fonte normativa straordinaria ed eccezionale, nel rispetto dell'equilibrio tra i poteri e delle competenze del Parlamento, organo titolare in via ordinaria della funzione legislativa".

In merito poi ad una riforma eventuale della materia concernente la formazione dei Gruppi parlamentari, per evitare i fenomeni verificatisi nelle passate e nell'attuale legislatura, è necessario partire da una scelta di valore tenendo sempre presente che gli elettori hanno fatto funzionare la nuova legge elettorale nel modo migliore, stabilizzando gli Esecutivi con il supporto di maggioranze parlamentari nette. E' necessario, allora, rendere coerenti con questa realtà anche i Regolamenti parlamentari, prevedendo il divieto di formare Gruppi non corrispondenti in alcun modo ai partiti politici presentatisi alle elezioni. Penso all'introduzione di correttivi che scoraggino i passaggi da un Gruppo all'altro, in ossequio al principio del rispetto della volontà degli elettori.

Si parla di riforma elettorale. Nessuna legge elettorale è perfetta, tanto che ritengo importante il dibattito in Senato sull'esigenza di un più stretto rapporto territoriale tra elettore ed eletto. La Commissione presieduta dal Senatore Vizzini, come è ben noto, già da tempo è al lavoro e martedì prossimo tratterà l'argomento al primo punto all'ordine del giorno. Ma attenzione, se si vuole salvaguardare il bipolarismo, va evitata una riforma elettorale che nasconda, sotto mentite spoglie, il ritorno al proporzionale attraverso, per esempio, l'introduzione di una soglia eccessivamente alta per ottenere il premio di maggioranza.

Forse sarebbe bene che i politici comprendessero che in un sistema bipolare, sono gli elettori a premiare e a sanzionare la coerenza e le scelte politiche dei propri eletti che il libero mandato parlamentare è innanzitutto un servizio, non un potere. Quasi a volere trincerarsi dietro il divieto di mandato imperativo previsto dalla Costituzione. Se allora il nostro è ancora un bipolarismo "adolescente", credo che sia giusto avviare delle riflessioni su interventi che lo aiutino a non indebolirsi, per evitare scelte ed atteggiamenti che ne frenino la spinta e la credibilità.

Per esempio, un bipolarismo è credibile se le coalizioni si costruiscono sulla base di un programma sorretto da principi e valori condivisi, e non invece sulla esclusiva volontà di dare vita a semplici alleanze elettorali per sconfiggere l'avversario. Questo tipo di "cartello elettorale", verosimilmente destinato a contrapposizioni interne dovute all'assenza di una reale e convinta coesione sui temi strategici della politica del Paese, può forse vincere, ma difficilmente potrebbe governare. E il Paese ha bisogno di governabilità per superare le grandi sfide che lo attendono. E la governabilità passa anche dall'abbassamento dei toni della politica, sempre più conflittuali, e dall'assunzione di responsabilità di tutti i partiti nel concordare un'agenda delle riforme essenziali al miglioramento della qualità della vita dei cittadini nel campo sociale, economico e della giustizia.

Al centro del nostro impegno vanno posti il cittadino e le sue esigenze, superando quegli insopportabili steccati di incomunicabilità e litigiosità che a volte paralizzano decisioni meritevoli di condivisione unanime, perché di buon senso. Lo si può fare. Lo si deve fare. E' un dovere etico, morale, politico.



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