Conferenza annuale sulla internazionalizzazione
5 Marzo 2012
rivolgo un caloroso saluto a tutti e in particolare ai giovani imprenditori, risorsa insostituibile e vero motore dello sviluppo del nostro Paese.
L'Italia sta vivendo una difficile fase storica caratterizzata da repentini cambiamenti destinati a segnare tutto il XXI secolo.
Dobbiamo, allora guardare il mondo non più sulla base del tradizionale modello statuale, ma per aree geo-politiche di influenza quali Europa, USA, BRICS.
Divenire protagonisti in Europa e oltre in questa nuova fase inaugurata con il fiscal compact è l'obiettivo primario.
Il nostro Paese è oggi tra le prime dieci economie nel mondo e, sebbene gravato da un elevato debito pubblico, registra una ricchezza privata che é però pari a cinque volte lo stesso debito; un dato, questo, che non necessita di ulteriori commenti, e che attesta indubbiamente la conquista di un solido benessere.
E' un risultato realizzato in meno di cento anni, grazie all'intraprendenza, alla laboriosità e all'inventiva della nostra gente.
Uno sguardo più profondo consente però di individuare, al di là delle note qualità di fondo della classe imprenditoriale italiana, le opportunità che sono state fornite dalla stessa evoluzione degli scenari.
Nei decenni passati, il progresso nel PIL è stato più sostenuto proprio nelle fasi in cui l'economia internazionale si è aperta a una più alta integrazione negli scambi, ed è stata perciò esposta a una più intensa concorrenza.
Proprio in queste fasi il nostro Paese ha saputo cogliere l'opportunità della apertura di nuovi mercati, grazie alle riconosciute eccellenze nell'industria della meccanica, del tessile e della moda.
In generale, ci siamo dimostrati efficienti in tutti quei settori e comparti influenzati dal gusto del vivere italiano.
Si tratta di un successo fondato su quel patrimonio - immenso e tuttora insuperato su scala planetaria - di risorse ambientali e culturali, che il Paese ha la fortuna e la responsabilità di ospitare.
Ma, si può dire che il benessere sia definitivamente acquisito anche per il futuro?
Nel complesso, é da segnalare che l'economia italiana è quella cresciuta meno, in ambito europeo, nell'ultimo decennio, con un tasso medio annuo dello 0,2 per cento, contro l'1,3 dell'Unione europea.
Non mancano quindi fattori di criticità nel nostro sistema produttivo, ed occorre indicarli, assieme agli elementi di forza presenti.
Lo spirito imprenditoriale milanese è la caratteristica che consente al meglio di non porsi mai limiti, di guardare sempre avanti.
I dati ci dicono infatti che la dimensione media di forza lavoro delle imprese italiane è ancora molto bassa.
Mentre la maggior parte delle imprese ha meno di dieci dipendenti, quelle con duecentocinquanta addetti sono poco più di 3500 e costituiscono il trentacinque per cento degli investimenti fissi lordi.
L'industria rimane comunque, si badi bene, il settore con il maggior valore aggiunto per addetto; dunque non possiamo farne a meno.
La propensione ad esportare del manufatturiero aumenta col crescere della dimensione d'impresa.
E' da segnalare inoltre che, in generale, in termini di produttività del lavoro, la performance economica delle imprese esportatrici è migliore di quella delle imprese che non esportano.
Il nostro benessere si fonda quindi essenzialmente su una fitta trama di piccole e medie imprese, ma queste sono anche le imprese che incontrano maggiori limiti nella internazionalizzazione.
Per questo vanno sostenute e difese, in Italia e all'estero.
Le scelte e il rendimento dell'impresa nei mercati internazionali sono in particolare influenzate da una decisione di estrema importanza: l'adozione di una strategia di marketing internazionale.
Sono certo che questo aspetto sarà approfondito nella prossima tavola rotonda, ma un dato economico è chiaro: l'industria italiana vive pienamente inserita in questo contesto caratterizzato da serrata competizione dovuta principalmente alla liberalizzazione dei mercati e alla globalizzazione.
Risulta dunque fondamentale per le imprese italiane una ridefinizione delle proprie strategie di internazionalizzazione e una nuova selezione dei mercati.
Per fronteggiare la nuova concorrenza internazionale è necessario quindi rivedere gli investimenti nei mercati "maturi" e riallocare le risorse in nuovi mercati di sbocco più remunerativi.
Da quasi un ventennio, é a tutti noto che l'economia italiana incontra difficoltà ad avanzare, poiché gravata dalle eredità delle scelte politiche compiute tra la seconda metà degli anni sessanta e i primi anni novanta del secolo scorso e dalla successiva lentezza e incompiutezza delle riforme.
Anche sul piano del nostro export, il tema di oggi, vanno individuati e contrastati i fattori che hanno determinato, a partire dalla metà degli anni novanta, la nota tendenza al ribasso della quota delle esportazioni italiane di beni sul mercato mondiale
Certamente un simile andamento è stato comune ai principali paesi avanzati, quale riflesso dell'entrata sui mercati mondiali di prima industrializzazione di nuove imprese localizzate nei paesi emergenti.
I nuovi assetti competitivi che si profilano impongono dunque l'urgenza di elaborare incisive azioni di riforma, indispensabili a preservare le quote oggi occupate nel commercio internazionale.
La crescita e la sua carenza hanno, inoltre, un alto valore morale, prima che politico perchè nel lungo andare possono generare conseguenze gravi anche sul piano politico.
Per questo è urgente una riorganizzazione del sistema Paese a supporto della internazionalizzazione.
L'Italia deve essere modernizzata, occorrono riforme che aiutino le nostre imprese a competere all'estero tutelando, così, l'occupazione in Italia.
Occorre liberalizzare i mercati.
Con il c.d. decreto cresci-Italia, si è operato un intervento a largo spettro su un nutrito gruppo di settori produttivi che coprono la metà del valore aggiunto nazionale. Si sono così poste le premesse normative per attivare una radicale riforma della regolazione delle attività economiche che si inserisce nel solco delle proposte di modifica Costituzionale dell'art. 41, già presentate in questa legislatura.
Proprio con questo provvedimento abbiamo avuto conferma di quanto sia impegnativo intervenire sulle rendite di posizione nei settori più protetti dalla concorrenza internazionale.
Servono dunque anche riforme del mercato del lavoro idonee a premiare i soggetti più volenterosi, a valorizzare la produttività e il merito per non creare aree di garanzia totale non più sostenibili.
Solo così lo sviluppo riceve slancio e vitalità.
Tutto ciò non è dato se vi è insufficiente legalità.
E' a tutti noto che i paesi più ricchi sono infatti quelli dove c'è maggior certezza del diritto, dove le regole sono non solo chiare, ma vengono anche fatte rispettare con severità.
In termini più generali, l'onestà, la cultura del lavoro, la disciplina, lo spirito di sacrificio, il senso del dovere, oltre a essere riconosciuti come validi principi in sé, costituiscono il solo terreno fertile per lo sviluppo e la competizione.
In questo humus si forgiano il talento imprenditoriale più autentico e la cultura del merito.
Per contro, la furbizia e l'illegalità, si nutrono meglio proprio nella stagnazione economica, in una spirale perversa che impoverisce il Paese.
Non è un caso che la mancanza della certezza del diritto, per la confusione normativa e la lentezza della giustizia, siano giustamente indicate dagli stessi imprenditori in Italia tra le cause della lenta crescita.
Si tratta di una esigenza comune in linea con la risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 sulla criminalità organizzata nell'Unione europea che evidenzia in alcuni Stati membri "infiltrazioni profonde e consolidate nel mondo della politica, della pubblica amministrazione e dell'economia legale, con un volume di affari imponente".
Una criminalità che in Italia continua ad espandersi in tutte le regioni creando un binario "parallelo" di profitti illegali che inquinano le regole di mercato e prosciugano i valori dell'economia sana.
Siamo tutti chiamati ad un grande senso di responsabilità che significa continuare a percorrere l'unica via del rispetto delle leggi, senza indulgere in facili scorciatoie e pericolose deviazioni.
La legalità diviene leva della competitività.
Per questo il rating antimafia inserito nel decreto liberalizzazioni consente a chi vuole investire di verificare quali imprese osservano le regole; ma assume anche forza di incentivo con forme di premialità per l'accesso al credito e per agevolazioni pubbliche.
Repressione e lotta alla criminalità organizzata si collocano in un contesto di maggiore trasparenza che, attraverso un circuito virtuoso , contribuisce alla crescita delle imprese, facendo emergere le loro autentiche e non comuni potenzialità.
La libertà nella responsabilità è dunque l'emblema assoluto di quell'insieme di valori e regole, scritte e non, sui quali si fonda l'economia di mercato.
Ma la libertà va intesa in senso ampio, non è solo quella di iniziativa economica e di impresa.
In una società aperta al nuovo, laddove fioriscono i talenti, bisogna essere disposti ad assumere rischi e a investire nel futuro, anche demograficamente.
Possediamo un capitale umano di giovani, che spesso hanno anche raggiunto il più elevato livello degli studi. Molti, spesso i migliori, sono costretti a lasciare le zone di origine.
La mobilità è un bene prezioso, ma può non esserlo la mobilità forzata, che priva alcune aree geografiche, in particolare il mezzogiorno, delle migliori intelligenze.
La meritocrazia, parola di cui spesso abusiamo, ma che purtroppo, per ragioni che tutti conosciamo viene mortificata nel suo autentico significato, deve divenire leva per lo sviluppo, al sud come al nord, nella pubblica amministrazione come in azienda.
L'impresa non è stata sempre al centro dell'attenzione della politica e ciò spiega, o contribuisce a spiegare, il progressivo rallentamento della crescita negli ultimi decenni, fino al suo arresto, per l'economia italiana.
I prossimi anni saranno impegnativi, soprattutto per il contenimento del deficit pubblico: una azione intrapresa dal precedente esecutivo e proseguita con l'attuale.
L'espansione verso l'estero rappresenta una scelta necessaria.
Il mondo globalizzato dischiude infatti nuove opportunità di sviluppo per l'Italia, che ha sempre saputo stupire per la qualità e la novità delle sue produzioni.
Sono vantaggi che sono certo sapremo conquistare perchè possediamo un'imprenditorialità che non ha eguali per vivacità e diffusione e lavoratori con un bagaglio di saperi non comuni e adatti ai prodotti del Made in Italy.
Queste sfide ne ripropongono all'Italia un'altra ancora più impegnativa: diventare, oggi come non mai, finalmente una Nazione, cioè un sistema di forze.
Ciò richiede obiettivi condivisi e un agire comune e coordinato, per il bene di tutti, ritrovando quello spirito che in un passato non lontano ha consentito di entrare nel consesso dei paesi ricchi e industrialmente più evoluti.
La crisi, con le sue perdite e le sue sofferenze, può divenire, allora, occasione storica per creare un più forte spirito di squadra.
E le Istituzioni devono contribuire tutte a ridare fiducia ai cittadini e alle imprese; sia con la loro competenza, sia con l'efficienza.
Gli ultimi interventi legislativi vanno in questa direzione. Anche la riforma della pubblica amministrazione che vuole eliminare le inefficienze della burocrazia, contribuisce alla crescita delle imprese. Autorizzazioni e licenze, adempimenti inutili e superflui rallentano la produttività, così come ritardi nei pagamenti pongono in affanno il settore dell'imprenditoria.
La grande sfida della politica deve essere quella di riuscire a valorizzare i talenti e le qualità dei nostri territori e la politica deve farlo con coraggio, decisionismo ed incisività.
E' giunto il momento di quelle scelte che dovranno consentire al nostro Paese di crescere e competere.
Occorre avere coraggio e determinazione.
E' una sfida che non possiamo perdere.
Vi ringrazio.