Nuove responsabilità dei parlamenti nazionali e partnership con il Parlamento europeo
20 Giugno 2008
Questo dibattito si svolge in un momento cruciale dello sviluppo della nostra Unione. Credo che tutti dobbiamo valutare il risultato del referendum irlandese con attenzione e con rispetto.
Diciotto Paesi hanno concluso positivamente le procedure dì ratifica parlamentare. Ad essi si è aggiunto mercoledì scorso il Parlamento britannico. Per parte nostra il Senato ha iniziato l'esame del Trattato di Lisbona e lo proseguirà nelle prossime settimane.
Il processo di ratifica va dunque avanti, nella consapevolezza che il Trattato offre nuovi preziosi strumenti per rispondere proprio alle domande che insistentemente si levano dalle opinioni pubbliche.
Ci troviamo pertanto oggi, per una felice coincidenza storica, proprio nella città di Lisbona, sede dell'omonimo Trattato e che ha visto l'ammiraglio Pedro Alvaro Cabral issare il vessillo portoghese sulla costa del Nuovo Mondo il 22 aprile del 1500; da allora sarebbe iniziato un intenso cammino comune con l'Europa. Quell'Europa che già nei secoli passati faro di civiltà per il mondo intero, è chiamata a recuperare tale funzione irradiatrice soprattutto in materia di rispetto per la vita, della libertà, della dignità personale, della libera circolazione delle persone e delle idee, della solidarietà e di tutti quei principi di diritto naturale in cui tutti i popoli possono riconoscersi.
II Trattato inserisce per la prima volta e con grande evidenza una norma esplicita sul ruolo dei parlamenti nazionali. Di ciò dobbiamo essere grati alla presidenza portoghese e in particolare al presidente Gama, che ha così intensamente fatto valere le aspettative dei Parlamenti nei lavori della Conferenza Intergovernativa.
Il nuovo ruolo dei parlamenti nazionali è scolpito a chiare lettere nell'articolo 12 del Trattato: essi dovranno «contribuire attivamente al buon funzionamento dell'Unione». Un ruolo dunque attivo, di stimolo, non già di sterile critica. In questa prospettiva noi intendiamo leggere il più importante strumento messo a disposizione dal nuovo Trattato: il sistema di allerta precoce. Grazie ad esso potremo far ascoltare alla Commissione europea la voce dei parlamenti nazionali fin dal primo momento di formazione degli atti normativi dell'Unione. Potremo rendere visibile e trasparente il tessuto di interessi e preoccupazioni che si manifestano a livello nazionale. E ciò non in contrasto con il ruolo del Parlamento europeo, ma per aiutare la Commissione a migliorare la qualità delle sue proposte, renderle più efficaci, chiare per i nostri cittadini e capaci di rassicurarli.
Troppo spesso infatti le politiche dell'Unione hanno alimentato paure. Spesso su temi decisivi come il mercato del lavoro, la sicurezza, l'energia, l'ambiente e ora i prezzi dei generi alimentari, i messaggi provenienti da Bruxelles sono apparsi confusi. Io credo che, esercitando bene questo nuovo ruolo che il Trattato di Lisbona affida ai parlamenti, potremo dare un contributo decisivo al funzionamento dell'Unione, per fare chiarezza e superare anche quei grandi ritardi e difficoltà cui assistiamo nella fase di trasposizione del diritto europeo nei singoli ordinamenti nazionali.
La Commissione europea, avviando la fase sperimentale di confronto con i Parlamenti nazionali, ha colto lo spirito del nuovo Trattato. Il dialogo con i Parlamenti nazionali non deve essere limitato alla semplice verifica del principio di sussidiarietà, ma aprirsi ad un confronto più ampio ed informale che tocchi tutti gli aspetti delle proposte normative. Non è, e non deve essere infatti obiettivo dei parlamenti, almeno del parlamento italiano, quello di bloccare lo sviluppo della normativa europea, ma piuttosto di perfezionarla, aiutarla a formarsi meglio sin dal suo nascere, tanto più in un'Europa a ventisette ove il processo legislativo è più laborioso e complesso.
La sfida che ci pone oggi il referendum irlandese troverà una soluzione proprio nel Trattato, se i parlamenti nazionali sapranno vigilare sull'adeguatezza della risposta europea alle domande concrete poste dai cittadini. Domande di sicurezza, di governo dell'immigrazione, di politica comune dell'energia cui solo a livello europeo si può dare una risposta efficace.
Il ruolo dei parlamenti nazionali non sarà concorrenziale, ma profondamente complementare a quello del Parlamento europeo che, come efficacemente scrive il nuovo Trattato, rappresenta i cittadini dell'Unione. Questa complementarità è ancor più visibile nelle altre previsioni richiamate dall'art. 12 del Trattato di Lisbona e fra queste in particolare proprio nella delicata funzione riconosciuta dal nuovo Trattato ai Parlamenti nazionali ed europeo, di valutazione e controllo politico sullo sviluppo dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Un ruolo cruciale, che dovrà garantire un pieno controllo democratico sui progressi dell'Unione in quei campi ove crescente è la domanda dì Europa da parte dei nostri cittadini: il controllo dei flussi migratori e la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, che non conosce più e da tempo i confini degli stati nazionali.
A noi ora, parlamenti dell'Unione, il compito di utilizzare appieno questi nuovi strumenti, di raccogliere e vincere la sfida di un'Europa sempre più unita, forte delle proprie radici comuni e capace di rispondere alle richieste pressanti che vengono dai nostri cittadini.