Il Presidente: Discorsi

"Il valore dell'etica e della responsabilità al bene comune nella formazione delle future classi dirigenti: una importate sfida per l'istruzione universitaria"

6 Marzo 2010

Autorità, Magnifico Rettore, chiarissimi Professori, Cari studenti.
Desidero ringraziare tutti voi per l'invito.
La vostra ospitalità mi offre una preziosa occasione per soffermarmi nuovamente su un tema a me caro: il ruolo che rivestono l'alta formazione anche tecnica e l'etica pubblica per lo sviluppo economico e il perseguimento del bene comune.
In molte analisi, di taglio economico come pure sociologico, ricorre un vero e proprio motivo conduttore: solo con più ricerca, più formazione, più innovazione, più investimento nel capitale umano si preserva la competitività a lungo termine del sistema produttivo.
Condivido in pieno questa tesi.

Ma se questo è un dato certo, oggi, voi opportunamente ponete l'accento, e ve ne rendo merito, su un tema connesso ed altrettanto rilevante: l'importanza dell'etica pubblica.
La formazione deve, infatti, puntare anche a rafforzare nelle future classi dirigenti il senso pubblico delle loro responsabilità attraverso meritocrazia, trasparenza, cultura della valutazione; praticando l'etica quotidiana senza riflettori nel lavoro e nelle professioni.
Solo così potremo consolidare l'innata vocazione del nostro amato Paese ad essere insieme sia terra di talenti produttivi ed intelligenze, che faro di cultura universale e umana generosità.
Questa vocazione rende il nostro Paese unico e noto nel mondo per la ricchezza di produzioni e di storia ma anche per la diffusa e concreta sensibilità umana verso il prossimo.

L'Università Jean Monnet, già nella figura del suo illustre fondatore, il compianto Senatore Giuseppe Degennaro, sin dalla sua fondazione nel 1995, ha optato per una elevata qualità didattica.
Questo metodo di lavoro ha consentito di selezionare i docenti tra i più noti e prestigiosi professori italiani e stranieri, perseguendo altresì una particolare attenzione alla formazione non solo culturale, ma anche etica dei discenti.
Difatti, già nel 1996 la LUM ha ottenuto il riconoscimento da parte dell'Action Jean Monnet della Commissione Europea, come sede di cattedre, corsi permanenti e moduli d'insegnamento, orientati a diffondere la cultura dell'integrazione europea.
In quegli stessi anni il succedersi di personalità autorevoli del mondo della ricerca e delle professioni ha qualificato ulteriormente il corpo docente della LUM a testimonianza del costante impegno nell'offrire una formazione di alto profilo sotto ogni punto di vista.

L'esperienza ed autorevolezza della classe docente, non meno che l'entusiasmo nella condivisione del progetto di sviluppo del fondatore, hanno così determinato, negli anni, un importante tasso di crescita del numero degli iscritti.
Ciò testimonia di per sé l'efficacia delle azioni intraprese, sempre capaci di interpretare adeguatamente esigenze ed aspirazioni dei giovani studenti, e dare loro utili risposte creando un modello aziendale che può essere d'esempio per altri atenei.
Le scelte operate da questo Ateneo, piccolo nelle dimensioni ma grande nei risultati raggiunti, insieme alle azioni intraprese nello sviluppo della didattica hanno ribadito, negli anni, il ruolo e l'importanza cruciale della sua missione formativa: i giovani al centro di tutto, e, a mezzo dei giovani, l'intero territorio verso il quale la LUM si protende.
Il fondatore aveva un sogno: fornire alle nuove generazioni quella formazione d'eccellenza indispensabile per rilanciare economicamente e socialmente il nostro Mezzogiorno, plasmando una nuova classe dirigente capace di rispondere ai cambiamenti indotti dalla globalizzazione; una classe dirigente in grado di generare quella innovazione e modernizzazione oltremodo necessarie al nostro Mezzogiorno.

Il suo sogno si è tradotto in realtà; oggi la LUM è profondamente radicata nel territorio ed è diventata un punto di riferimento istituzionale e culturale.
La filosofia che ne informò la fondazione continua ad essere bussola dell'Ateneo: continuo aggiornamento dell'offerta didattica, creazione di efficaci canali istituzionali per rendere semplice e proficuo il dialogo tra studenti e insegnanti, diversificazione della ricerca scientifica, internazionalizzazione.
L'obiettivo rimane quello di creare laureati d'eccellenza per il mondo delle libere professioni, delle istituzioni pubbliche e private, per l'impresa, nella consapevolezza che per lo sviluppo economico e civile del Paese rimane fondamentale l'offerta di beni e di servizi privati e pubblici informata a criteri di efficienza e, sopratutto, di eticità.
Proprio a tale riguardo, ritengo preziosa l'occasione di parlarvi stamani soprattutto per approfondire alcune riflessioni sul rapporto tra capitale umano e sviluppo dei territori e, più in generale, tra responsabilità individuale e sviluppo delle comunità di appartenenza.

L'Università, la cultura, la ricerca scientifica, la formazione di base, costituiscono i settori essenziali per il rilancio anche del nostro Paese, al pari di quanto si registra per le altre economie cosiddette "mature".
L'anno che ci siamo lasciati alle spalle è stato uno dei più difficili per l'economia del Paese dall'inizio del dopoguerra ma, ciò nonostante, è stato limitato l'impatto della caduta del prodotto sul reddito disponibile, i consumi e il potere d'acquisto delle famiglie.
Ciò è stato possibile grazie ad un insieme di elementi del tutto peculiari che caratterizzano la società e il tessuto produttivo del nostro Paese e che lo rendono una realtà economica e sociale assolutamente unica.
Senza tema di essere smentiti, possiamo affermare che, pur nella crisi, le famiglie hanno sofferto ma resistito, come avvertiamo guardando anche all'andamento della grafica relativa alla fiducia dei consumatori, oggi cautamente ottimistico sul futuro.

In questo contesto, non vi è dubbio che per il rafforzamento di tutte le infrastrutture materiali ed immateriali del sistema-Paese, ai fini del rilancio della sua competitività, rivestono un ruolo strategico proprio le politiche volte a promuovere e consolidare davvero il capitale umano dei suoi territori, secondo le rispettive vocazioni.
In tale capitale un ruolo essenziale, rivestono i saperi tecnici e scientifici.
Ma oggi come non mai occorre anche una cultura della responsabilità verso il bene comune dei singoli individui, sia verso le comunità locali di appartenenza, che verso il Paese.
La scuola e l'Università sono e rimangono, prima di tutto, palestre di vita civile e sorgenti di saperi che devono trascendere i meri fini utlilitaristici dei soli singoli, volti al perseguimento delle proprie, pur legittime, aspettative di crescita professionale e socio - economica.
Tali istituzioni devono divenire sempre più luoghi di formazione alle responsabilità collettive insite in ogni professione, affinché i singoli diventino non solo buoni tecnici e professionisti, ma anche buoni cittadini dei loro territori e del loro Paese.
Alla luce di queste riflessioni, appare chiaro che vi è un'etica sostanziale che impone a tutti, in momenti come quelli attuali, specie a coloro che siano rivestiti di particolari responsabilità, di fare il possibile per preservare in via del tutto prioritaria i livelli di occupazione, anche e soprattutto nei momenti di crisi acuta del sistema.

Questo sembra valere ancora di più nelle aree più fragili del paese, dove garantire il lavoro significa di fatto sottrarre i più deboli, le famiglie, i giovani, dal ricatto della criminalità organizzata, capace di corrompere le coscienze e sfruttare i bisogni essenziali delle persone con la minaccia, la violenza, l'inganno.
Un ruolo centrale, in questa consapevolezza, riveste il nesso inscindibile che deve esistere tra Università e ricerca scientifica.
E' noto a tutti voi quanto sia difficile aumentare la propensione all'innovazione di un sistema produttivo.
Nel 2008, la spesa in ricerca e sviluppo era in Italia pari all'1,2 per cento del PIL, ben lontana dall'obiettivo del 3 per cento enunciato nella ben nota strategia di Lisbona.
Su tale dato influiscono negativamente anche due fattori aggiuntivi: le peculiarità del nostro tessuto produttivo, in buona parte specializzato in filiere produttive a minore contenuto tecnologico e la ridotta dimensione media d'impresa.

Difetta, rispetto alla media dei nostri competitori, la componente privata, bassa è l'efficienza di quella pubblica.
In questo stato di cose l'Università può dunque giocare un ruolo, sia intraprendendo iniziative di ricerca con buoni ricadute sul tessuto produttivo, sia individuando tutti i possibili spazi di collaborazione con il privato.
Allo Stato spetta il compito di garantire un flusso di risorse non solo adeguato, ma soprattutto ripartito su basi di merito e di qualità dell'offerta formativa garantita dagli atenei.
E' evidente però che in un quadro di grandi difficoltà per i conti pubblici di numerose economie occidentali, l'Italia ha conseguito nel 2009 risultati di deficit pubblico che nessun osservatore internazionale ci avrebbe attribuito sulla base dei nostri precedenti storici.
Siamo costretti a restare vigili su questo fronte, lo dobbiamo proprio a questi giovani che ci ascoltano.

Non possiamo infatti permetterci, proprio dal punto di vista etico, di caricare sulle spalle delle future generazioni ulteriori dosi di debito pubblico come è stato fatto in passato.
L'uso spregiudicato dei moderni strumenti finanziari è stato alla base della crisi. Proprio dalla caduta del tasso di eticità della finanza di oltreoceano si è originata la crisi dalla quale stiamo faticosamente uscendo.
L'etica deve pertanto permeare, in ogni sede, sia l'azione dei pubblici poteri che dei privati cittadini, anche al fine di contrastare l'azione di quelle forze criminali che tentano di sostituirsi, di recente subendone perlopiù severe sconfitte, al ruolo dello Stato nello svolgimento delle più importanti funzioni sociali.
Se questa è, in definitiva, anche l'essenza del nuovo umanesimo responsabile permeato di valori cristiani di cui ha parlato Sua Santità Benedetto XVI nella recente Enciclica Caritas in Veritate, cioè porre il pieno sviluppo della persona prima di ogni altra considerazione di carattere sociale o produttivo, ciò appare ancor più evidente nella attuale congiuntura della società italiana, e, in particolare, nel Mezzogiorno d'Italia.
Per questo, vi esorto a non dimenticare mai di associare all'insegnamento tecnico anche l'adesione forte e appassionata all'etica e alla cultura della legalità.

Proprio parlando di etica pubblica, il cui profondo significato deve essere trasmesso a voi giovani studenti in parallelo agli insegnamenti che faranno di voi la nuova classe dirigente, non posso esimermi dall'affrontare alcuni temi di grande attualità.
Il valore di una classe dirigente si realizza con la selezione sulla meritocrazia, sulla professionalità, ma impartendo anche le vere regole etiche che devono guidare ogni comportamento e che passano anche dal rispetto per le Istituzioni.
Un concetto quest'ultimo che richiede come fattore determinante la credibilità delle Istituzioni stesse dalle quali bisogna pretendere efficienza, trasparenza, rispetto dei ruoli, limiti e competenze secondo il principio della separazione dei poteri, cardine della nostra Costituzione.
I sondaggi condotti da Ispo sulla fiducia nelle Istituzioni hanno registrato un clima di sfiducia generale in tutti i settori: Magistratura, Confindustria, Parlamento, Partiti politici, Scuola ma anche Organismi sovranazionali come l'Unione Europea.
Dobbiamo allora interrogarci sulle ragioni di questo clima di disillusione; il disagio manifestato dal sondaggio è un campanello l'allarme di fronte al quale nessuno può restare indifferente e dobbiamo tutti porre un argine a questo sentimento che si è incuneato nell'opinione pubblica.
Il Presidente della Corte dei Conti nella relazione annuale ha segnalato il dilagare della corruzione con cifre allarmanti sull'aumento esponenziale del fenomeno.

"La corruzione è un tumore" ha affermato il Presidente Lazzaro; come lo sono, vorrei aggiungere, anche i reati più odiosi che purtroppo dilagano nel Sud, quelli di criminalità organizzata.
La gravità della situazione è confermata dal trend delle denunce per fatti di corruzione e concussione che da anni è in continua crescita: più 229 per cento per corruzione; più 153 per cento per concussione nel 2009 rispetto all'anno precedente; la malversazione si affianca a comportamenti che determinano "un ingente spreco di risorse pubbliche": sono sempre parole del Presidente della Corte dei Conti.
Esiste una corruzione arrogante che non teme di manifestarsi attraverso comportamenti di disprezzo palese per la legalità.
Ma esiste anche una corruzione più insidiosa che scardina dalle fondamenta lo Stato e la sua stabilità.
La corruzione alla quale alludo è quell'insieme di condotte nascoste e mimetizzate che soprattutto nel settore delle gare e degli appalti veicola interessi privati sotto procedure apparentemente legali.
La corruzione più sofisticata e per così dire mascherata è quella basata sull'abuso del diritto.
Servono regole capaci di correggere le prassi distorte, quali, ad esempio, l'elusione dei parametri comunitari per evitare gare di evidenza pubblica; la proroga frequente di contratti scaduti, una fittizia alternanza dei componenti della Commissione di gara; l'annullamento pianificato di gare per favorire i candidati esclusi.
I mezzucci della corruzione mimetizzata sono quelli che sfiancano le persone per bene, gli onesti che non trovano alcun argine alle prassi ingannevoli di pubblici amministratori che si sentono padroni della cosa pubblica.
Alla forza dell'abuso si deve rispondere con la forza della legge.
Sono problematiche che riguardano tutti noi indistintamente, perché toccano i nostri interessi, il nostro essere italiani, il nostro diritto a vivere in un Paese che deve sapere assicurare trasparenza, efficienza, regole certe, chiare e da tutti condivise.
Di fronte ad una diagnosi così mortificante, dobbiamo chiederci cosa si può e si deve fare.
Il ddl sull'aggravamento delle pene per i reati contro la Pubblica Amministrazione può essere un passo in avanti, un buon punto di partenza e su questo percorso, che riguarda non solo la politica, bisogna proseguire.
Il ddl segnala un dato estremamente importante e cioè che lo Stato ha preso atto dell'importanza del problema e intende contrastarlo con fermezza.
Ma non bastano indagini di magistrati e forze dell'ordine che intervengono in fase repressiva.
Occorre recuperare il senso dell'etica che significa trasparenza.
La trasparenza richiede una vera e propria rivoluzione culturale e significa consapevolezza che l'attuale situazione è divenuta davvero grave e che bisogna intervenire con metodi altrettanto celeri.
La trasparenza deve guidare l'attività di tutti quanti amministratori, imprenditori, lavoratori, comuni cittadini.
Vuole dire avere la forza e la capacità di allontanare chi tenta di inquinare le regole e le leggi del vivere civile.
Trasparenza è privilegiare chi si comporta con correttezza, significa pretendere comportamenti coerenti, consequenziali, concludenti, da parte di chi detta le regole, da parte di chi le deve fare seguire, da parte di tutti.
Occorre quindi una attività di prevenzione che passa attraverso il recupero di valori troppo spesso accantonati e che mai come oggi devono tornare a fare parte dei comportamenti, delle azioni, del sentire di tutti noi.
E in questo delicato momento il sistema accademico deve contribuire e divenire guida e faro per inculcare ai giovani e alla futura classe dirigente quei corretti comportamenti non solo professionali ma anche etici.
Di ciò era cosciente anche il Senatore Degennaro.
La sua esperienza di dirigente industriale gli consentì di essere anche un indimenticabile rettore di questa Università.
Nel corso delle sue cinque legislature trascorse in Parlamento, con il suo modo sempre cortese e mai superficiale di trattare i problemi, egli ebbe sempre modo di essere per tanti parlamentari un fulgido esempio di quella profonda saggezza che caratterizza tante menti del nostro Mezzogiorno e della splendida terra di Puglia.
Nei suoi interventi traspariva evidente quello che solo ora stiamo comprendendo a fondo: l'obiettivo del progresso economico del Sud è condizionato non solo dal flusso di risorse pubbliche, ma anche dalla capacità di porre in essere quei meccanismi, per così dire, ideali, che operano sin dalla nascita delle più rudimentali forme di capitalismo, quale volano per l'elevazione dello sviluppo materiale dei territori.
Solo dal felice connubio tra sapere tecnico e valori etici, anche trascendenti, può nascere una classe dirigente che sia davvero all'altezza delle sfide del mondo globalizzato e, sopratutto, consapevole delle irrinunciabili responsabilità civili e sociali che discendono dal suo ruolo verso le comunità di appartenenza.
Facendo tutto ciò potremo assicurare al Paese un posto stabile tra le nazioni industrializzate, collocandolo su un percorso di duraturo benessere anche per le future generazioni.
Ma, soprattutto, garantiremo, al tempo stesso, l'obiettivo più importante: la qualità della futura classe dirigente del Paese, la sua selezione mediante criteri effettivamente meritocratici e di autentica qualità per i singoli.
Tutti i nostri pensieri, le nostre speranze, i nostri sforzi vanno indirizzati alla formazione, inculcando saperi, tecnica ed etica a questi preziosi studenti che ci ascoltano.
Così solo essi un giorno ci additeranno ad esempio.
Così, ovunque andranno, continueranno a sentirsi fieri, come noi, di essere chiamati figli d'Italia.
Vi ringrazio.



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