Ricordo di Giuseppe La Loggia
7 Giugno 2011
Signor Presidente della Repubblica,
Signor Presidente della Camera,
Onorevoli Colleghi, Autorità, Signore e Signori,
è per me un grande onore commemorare e ricordare Giuseppe La Loggia, in occasione del centenario della sua nascita.
Un uomo della generazione dei grandi siciliani del dopoguerra che ho avuto il privilegio di conoscere e dal quale ho imparato tanto allorché, giovane praticante legale, circa quarant'anni addietro, fui accolto nel suo rinomato e avviatissimo studio legale, per apprendere i primi rudimenti di quella che per diversi anni è stata la mia principale professione.
E' difficile scindere i ricordi personali, la persona con le sue doti umane, il suo piglio di avvocato serio, rigoroso, sempre attento a cogliere il particolare della procedura e della giurisprudenza, sempre pronto a difendere anche i più deboli, ad ascoltare le loro richieste, a cercare di venire incontro alle loro legittime istanze.
Tratti e doti di un carattere fermo, apparentemente distaccato, ma sempre animato da sentimenti di altruismo e di volontà di fare, nell'interesse superiore della giustizia e dei siciliani tutti.
Un uomo che mi ha dato tanto, al di là degli insegnamenti giuridici, nel seppure breve tempo di permanenza presso il suo studio.
Giuseppe La Loggia - politico, professore universitario, economista, legislatore - uno dei Padri dell'autonomia siciliana, intesa come vessillo di rinascita della Sicilia.
La Loggia fu tra i maggiori interpreti dell'attuazione della disciplina costituzionale regionale, fondata su alti e lungimiranti principi: rispetto delle tradizioni; sostegno all'innovazione e allo sviluppo; apertura e interrelazioni con l'ampia area geografica euromediterranea; politica di crescita industriale e turistica, fondata quest'ultima sull'enorme patrimonio culturale, archeologico e artistico dell'isola.
Giuseppe era figlio di Enrico La Loggia - antifascista e demolaburista - autore di un famoso saggio "Ricostruire", che divenne il manifesto degli autonomisti unitari.
Sulle orme del padre si avvicina giovanissimo alla politica e aderisce alla Democrazia Cristiana, affascinato dal magistero di Don Luigi Sturzo.
Dal manifesto "ai liberi e ai forti" del sacerdote democratico apprese e fece propria la concezione dello Stato casa dei cattolici.
Una comunità popolare fondata su basi programmatiche peculiari: libertà integrale, organicità, rispetto delle autonomie locali, decentramento e socialità.
In questo contesto di solidarietà nazionale l'individuo è il peggiore nemico del cittadino. L'individuo è freddo e indifferente o diffidente verso concetti quali la causa comune, il bene comune, la società giusta.
Il cittadino è persona incline a ricercare il proprio benessere attraverso il benessere della comunità. Per questo la nostra Patria ha bisogno di cittadini per il bene e lo sviluppo degli italiani: sono queste le idee che animarono Giuseppe La Loggia nel suo percorso di vita professionale e politica.
Come Sturzo, La Loggia fu sempre fautore della "laicità" dei cattolici, della aconfessionalità del partito, ben distinguendo fra "azione cattolica" e "azione dei cattolici": una vera democrazia cattolica, impegnata nella lotta contro ogni integralismo.
Dall'insegnamento di Sturzo e del padre Enrico, Giuseppe La Loggia eredita il rigore morale, contro ogni dilettantismo, improvvisazione, negligenza.
Diviene convinto sostenitore della laicità non intesa come visione antagonistica, ma come rispetto di ogni sensibilità che sappia offrire ragioni politiche con linguaggio fondato sulla comune appartenenza al genere umano.
Dottore in giurisprudenza e scienze politiche, avvocato, docente di diritto del lavoro nell'ateneo di Palermo, ricoprì numerosi e prestigiosi incarichi regionali e nazionali: deputato e assessore regionale, presidente dell'Assemblea regionale e della regione, deputato nazionale per numerose legislature, presidente di molte Commissioni parlamentari.
Fu costante in lui il convincimento del nesso inscindibile tra etica, politica e impegno civile.
L'impegno politico fu sempre svolto con rara perizia tecnica e giuridica, portando a soluzione delicatissime questioni con naturalezza e con proposte gradite a tutti.
Protagonista agguerrito, signorile e tollerante, ma fermo nei suoi convincimenti, sono da ricordare le sue battaglie per la riforma agraria e per l'industrializzazione della Sicilia.
Di questa poliedrica attività vi è vasta testimonianza negli interventi e nei discorsi pronunciati nelle aule parlamentari. Fu antesignano del tema della programmazione; in sintonia dottrinale con Luigi Einaudi, considerava il bilancio una fonte preziosa di conoscenza della realtà, delle difficoltà e dei progressi in atto.
Ebbe il culto del buon governo e del lavoro, contro dilapidazioni e sprechi della macchina statale con un potere politico inerte.
Ebbe sempre presente la lezione di Alcide De Gasperi. Rivendicò il cattolicesimo liberale congiunto a quello sociale, con la coscienza delle responsabilità democratiche: tutti valori che per lui divennero codice di vita.
Fedele agli insegnamenti del passato, divenuto uomo di governo propugnava una politica di riforme, volta a inserire nuovi ceti nella vita del Paese e l'Italia nel contesto europeo.
La Loggia fu convinto europeista. Mi piace ricordare, come uomo del Sud, che i grandi europeisti furono, in gran parte, uomini del Mezzogiorno: da Luigi Sturzo, a Gaetano Martino, a Ugo La Malfa.
E' un messaggio per i giovani, che devono indirizzare il loro futuro, raccogliendo il testimone del passato per guardare avanti; che attraverso l'etica, la cultura e la conoscenza devono, con passione e intelligenza, mettere il proprio impegno per essere sempre più cittadini europei, nati in Italia.
La Presidenza della Regione Siciliana nel 1956 di Giuseppe La Loggia segnò un passaggio decisivo nella storia dell'autonomia.
Autonomia sempre concepita nel quadro dell'unità nazionale, anche di tipo federalista, avversa sempre ad ogni tentazione separatista.
Il suo messaggio ai siciliani del 1958 sintetizza bene la sua attività politica: "L'autonomia siciliana deve porsi sul cammino dell'attuazione di un piano di sviluppo il cui ritmo di progresso sia commisurato all'indice di occupazione.
Si riconosce oramai che la politica del Mezzogiorno non può che essere un obiettivo stabile dell'indirizzo generale dello Stato, la cui prosperità economica è legata ad un equilibrato sviluppo dell'intera compagine nazionale, e perciò alla rinascita delle zone depresse".
La Loggia aveva a cuore la questione delle condizioni delle regioni del Sud, come una questione nazionale, come uno dei doveri inderogabili della nostra collettività.
Riteneva che le differenze economiche, strutturali, sociali tra Settentrione e Meridione non fossero più ammissibili e che la rinascita del Sud fosse l'unica via da percorrere per garantire all'intero Paese vero e autentico sviluppo e capacità di competere allo stesso livello con gli altri Paesi dell'Europa.
La sua lotta e la ferma opposizione contro ogni tentativo, palese o nascosto, di separatismo della Sicilia, acquista grande attualità e valore in quest'anno in cui si celebra il centocinquantesimo anniversario dell'Unità d'Italia.
Unità che è cresciuta e animata dallo spirito e dagli ideali del Risorgimento che, come affermava Giovanni Spadolini, è un principio civile e morale, nonché etico-politico.
Non dobbiamo mai dimenticarlo se vogliamo ricostruire il senso autentico dell'unificazione dell'Italia.
E' merito Suo, Signor Presidente della Repubblica, avere magnificato questa celebrazione, avere reso questa ricorrenza ampia e profonda nella proiezione tra i cittadini, attraverso la persistenza della memoria.
La concezione di Giuseppe La Loggia sull'autonomia regionale è ancora viva e attuale, nell'odierna evoluzione federalistica. Un federalismo inteso come insostituibile occasione di un'autentica rinascita del Sud, come strumento da affidare ai siciliani per dimostrare di non volere pesare sul bilancio nazionale, di non volere vivere a rimorchio, per dare prova di possedere le potenzialità e le capacità e così contribuire a fare crescere la ricchezza del Paese.
Giuseppe La Loggia merita un ricordo in quanto esempio per le giovani generazioni.
"Ci sono morti presenti al pensiero dei contemporanei", affermava Arturo Carlo Iemolo.
Giuseppe La Loggia è certamente uno di questi.