Convegno "Energia nucleare: sporca o pulita?"
25 Novembre 2009
Autorità, signore, signori,
sono lieto di partecipare a questo Convegno su un tema così rilevante per il nostro Paese.
L'argomento di oggi - "Energia nucleare: sporca o pulita?" - pone già nel titolo un interrogativo al quale ciascuno dei relatori è chiamato a dare risposta.
Da parte mia, credo che sia opportuno e preliminare offrire alcuni dati oggettivi.
Sono trascorsi più di vent'anni dalla consultazione referendaria che sancì l'abbandono dell'energia nucleare in Italia.
Ci fu allora un'intensa mobilitazione e un'importante campagna giornalistica per sensibilizzare, anche con toni forse accesi, i cittadini sui rischi che potevano derivare dall'impiego di questa forma di energia.
Il terribile disastro di Chernobyl, che tutti ricordiamo anche per le sue immagini profondamente tragiche, colpì ciascuno di noi e anche sull'onda emotiva di quella dolorosa vicenda, l'Italia decise di rinunciare al nucleare.
Quali che siano le valutazioni su quella lontana scelta, oggi dobbiamo prendere coscienza di un dato.
L'Italia è dipendente dal punto di vista energetico per circa l'80% da combustibili fossili, in particolare da fonti molto costose come il gas naturale e il petrolio.
Tutto questo ha una ovvia incidenza sui costi dell'energia elettrica del nostro Paese e di conseguenza sui bilanci delle famiglie e delle imprese italiane.
La domanda energetica continua a crescere in Italia, come in tutti i Paesi industrializzati, ad un tasso costante e elevato.
Basti pensare che dal 1963 al 2007 il PIL dell'Italia è aumentato di 3,3 volte, il consumo di energia di 2,8 volte e quello di energia elettrica di 5 volte.
Gli italiani pagano oggi una bolletta dell'elettricità che è tre volte superiore rispetto a quella dei loro vicini francesi, i quali hanno optato da anni per il nucleare che copre l'80% del loro fabbisogno energetico.
L'Italia ha, inoltre, entro 200 km dai suoi confini, ben 11 centrali nucleari di altri Paesi.
Fra i componenti del G8, è del resto l'unica Nazione a non avere il nucleare.
Per questo il nostro Paese ha elaborato una nuova "Strategia energetica nazionale", con la quale si delinea una strada per il ritorno al nucleare.
Nello scorso 23 luglio il Senato ha approvato definitivamente la legge n. 99, la cosiddetta "Legge sviluppo", entrata in vigore il 15 agosto, con cui sono state conferite alcune deleghe al Governo in materia.
Saranno i vari decreti legislativi ad hoc, poi, ad affrontare il riassetto normativo e l'intera disciplina relativa alla localizzazione degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare nonché dei sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi.
Un particolare ruolo di controllo sarà esercitato dal Parlamento, attraverso il lavoro delle Commissioni competenti, che dovranno fornire il proprio parere su ciascuno degli schemi di decreto.
Dopo ventidue anni, insomma, la Legge sviluppo è la base normativa del nuovo programma nucleare nazionale che ha riaperto formalmente la possibilità di realizzare nuovi impianti in Italia.
Il suo scopo è riequilibrare il sistema elettrico con una riduzione dei costi e una minore emissione dei gas che causano il cosiddetto "effetto serra".
Per arrivare a ciò, si dovrebbe ottenere entro il 2020 un insieme di produzioni di energia elettrica, con il 25% di energia nucleare, il 25% di fonti rinnovabili e il 50% di fonti fossili, tenendo conto degli impegni assunti in sede europea e nel protocollo di Kyoto.
Il tema della sicurezza delle persone e dell'ambiente deve però avere priorità assoluta.
Proprio per questo si sta lavorando alla costruzione di impianti moderni, detti "di terza generazione", che garantiscano la tutela della salute delle popolazioni interessate e che rispettino l'ambiente e il territorio.
L' Agenzia per la sicurezza nucleare avrà il controllo sulle attività concernenti gli impieghi pacifici del nucleare, nonché sulla gestione e sistemazione dei rifiuti radioattivi e dei materiali nucleari.
Essa dovrà essere neutrale, indipendente, credibile, e rifarsi ai canoni di salvaguardia più elevati, decisi dagli organismi internazionali, per garantire ai cittadini sia sicurezza che assoluta trasparenza nelle informazioni.
L'opinione pubblica deve essere infatti informata tramite una specifica e puntuale campagna che ponga al centro dell'attenzione l'ambiente, la salute dei lavoratori e di coloro che vivono nei territori dove sorgeranno gli impianti.
La strategia nazionale è quella di ridurre la dipendenza energetica del nostro Paese dall'estero, con il duplice scopo di garantire maggiore sicurezza del sistema e rendere più stabili e congrui i prezzi che oggi dipendono dalla fluttuazione del greggio.
Questo contesto normativo intende ricreare inoltre in Italia condizioni che consentano agli operatori industriali di avviare nuovi investimenti in un quadro di certezze normative e di mercato.
Occorre ricordare che l'Italia aveva conoscenze all' avanguardia, prima dell'interruzione del programma sul nucleare, in materia; non è dunque necessario ricostruire completamente l'intera filiera del ciclo energetico.
Gli accordi internazionali intrapresi vanno in questo senso, perché consentono di scambiare competenze e tecnologie.
Lo sviluppo del nucleare deve contemperare due ordini di esigenze.
Da un lato la sicurezza. Esistono rischi oggettivi a fronte dei quali le nuove avanzate tecnologie offrono rimedi adeguati e certi.
Chernobyl aveva una centrale realizzata in epoca in cui non potevano essere garantiti standard elevati.
Oggi non è più così e una legislazione attenta e severa è pienamente in condizione di esercitare un'effettiva vigilanza su ciascuna fase del processo di realizzazione concreta e di funzionamento delle centrali.
Per questo motivo verranno istituiti organi di garanzia composti da tecnici altamente specializzati del settore e dotati di rigoroso potere di controllo.
Se allora saranno osservati tutti i parametri di sicurezza, nessuna demonizzazione, nessun facile allarmismo potrà accompagnare il ritorno del nucleare.
D'altronde oggi noi usufruiamo, comprandola, di questa energia proveniente da impianti allocati al confine con il nostro Paese.
L'altra esigenza è di tipo economico; è indubitabile infatti che - ferma restando la rigorosa applicazione dei livelli di sicurezza e radioprotezione - l'Italia non può che ricevere reali vantaggi dalla produzione diretta del nucleare.
I dati appena citati lo confermano.
Queste considerazioni devono farci riflettere senza pregiudizi e senza cadere in facili slogan che hanno fino ad oggi instillato un senso di insicurezza nella popolazione.
Solo la corretta informazione e divulgazione scientifica possono fugare ogni dubbio, nella piena consapevolezza che l'energia nucleare è oggi ineludibile e necessaria, insieme ad altre tecnologie complementari, quali l'eolico e il solare, e in attesa che ulteriori innovative fonti energetiche possano divenire fruibili e largamente operative.
Se l'interesse del Paese è quello di essere autonomo nella produzione di energia, dobbiamo aprirci con spirito costruttivo e innovativo ad ogni utilizzazione che realizzi gli scopi che intendiamo raggiungere.
Vi ringrazio.