"Questione femminile, questione Italia"
19 Gennaio 2011
Autorità, Signore e Signori
Ho accettato con piacere l'invito dell'amica Presidente Emma Bonino a portare il mio saluto al Convegno "Questione femminile, questione Italia".
Senza dubbio la questione femminile è una delle questioni centrali per l'Italia del domani. Non si può immaginare l'evoluzione dell'una senza quella dell'altra, poiché sono le due facce della stessa medaglia.
E' dimostrato che la lotta per la democrazia e per la piena occupazione è quella per una reale partecipazione femminile alla vita politica, economica e sociale del nostro Paese, e che il progresso dell'Italia passa necessariamente da quello della condizione femminile.
Nell'attuale momento in cui la crisi economica non ha ancora esaurito i suoi effetti e appare caratterizzata da una globalizzazione che investe mercati, Stati, società civile, i Paesi a più alta occupazione sono quelli dove la partecipazione femminile al mondo del lavoro è stata garantita in modo efficace.
Il 150° anniversario dell'Unità d'Italia deve essere anche l'occasione per fare il punto su ciò che è stato raggiunto e ciò che ancora si deve fare in materia di pari opportunità e parità.
Nel 1861 la situazione era difficilissima. L'Italia era "unificata" ma non ancora effettivamente "unitaria" per legislazione, economia, istituzioni e politica.
All'epoca la questione dell'Unità d'Italia appariva legata al processo di uniformità amministrativa e territoriale, ma non era ancora maturata la consapevolezza che anche la "questione femminile" rappresentava una sfida nazionale e non era per nulla secondaria rispetto alla costruzione di un modello avanzato di comunità civile.
Il processo unitario e l'avanzamento della Rivoluzione Industriale hanno progressivamente proiettato le donne nel mondo del lavoro, favorendo gradualmente l'instaurarsi di una sempre maggiore coscienza dei diritti e dei doveri.
Da allora sono stati compiuti grandi progressi, primo fra tutti quello nel campo della scolarizzazione. Basti pensare che all'indomani dall'Unità la quasi totalità della popolazione femminile era analfabeta, mentre oggi le donne con un titolo superiore di studi sono più degli uomini, e rappresentano quasi l'80%.
L'elevato tasso di scolarizzazione è certamente un importante strumento per la successiva affermazione nel mondo lavorativo, ma non è ancora sufficiente. Occorre infatti colmare quello che ancora oggi è il diverso tasso di occupazione fra uomini e donne, la disparità di retribuzione all'interno delle stesse mansioni, il profondo divario fra Nord e Sud.
Anche nel campo della partecipazione alla vita pubblica e politica sono stati fatti passi avanti; soltanto nel 1946 le donne hanno ottenuto il diritto di voto e per lungo tempo l'accesso a molti pubblici uffici è stato limitato, se non addirittura precluso.
Voglio sottolineare il ruolo femminile davvero inedito nella Costituente, un ruolo qualitativamente molto importante, anche se numericamente ridotto, che ha visto emergere figure come quella di Nilde Iotti, Presidente della Camera nel 1979.
La nostra Carta Costituzionale agli articoli 3 e 37 garantisce alla donna lavoratrice gli stessi diritti e, a parità di lavoro, identiche retribuzioni rispetto agli uomini.
Con l'ultima modifica costituzionale dell'articolo 51, "La Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità fra uomo e donna".
La parità e la piena integrazione delle donne nella società sono fondamentali perché consentono all'Italia di raggiungere una competitività a tutto campo e di porsi come interlocutore evoluto e moderno.
Serve il coraggio di regole chiare e trasparenti in grado di abbattere ogni ostacolo, affermare il diritto alla parità e a ciascuno chiedere l'adempimento dei doveri inderogabili sui quali si misura la stessa appartenenza alla comunità e alla coscienza nazionale del proprio Paese.
Nel rispetto della Direttiva europea 54, va riaffermato che il merito, l'impegno e le capacità della donna lavoratrice devono ricevere pieno riconoscimento e effettiva tutela.
150 anni di Unità d'Italia significano anche coraggio di promuovere le specifiche competenze che sono state acquisite attraverso un lungo processo di crescita e maturazione dell'intera società civile.
Un coraggio che significa riconoscimento, effettività, certezza di quei diritti e doveri che sono la misura concreta del nostro essere Stato, Nazione, Patria.