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.:: Dati anagrafici ::. |
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Data di nascita: | 03/04/1838 |
Luogo di nascita: | MILANO |
Data del decesso: | 18/09/1911 |
Luogo di decesso: | MARIANO COMENSE (Como) |
Padre: | Carlo |
Madre: | DELLA PORTA Carolina |
Nobile al momento della nomina: | Si |
Nobile ereditario | Si |
Titoli nobiliari | Conte di Crespiatica |
Coniuge: | SIMONETTA Carolina |
Fratelli: | Cesare Pietro
Anna Maria (sposa Luigi Beccaria Incisa di S. Stefano) |
Parenti: | Francesco, avo paterno
Gaspare, zio, fratello del padre
Edoardo Bernardo, nipote, figlio di Cesare, che sposò Fernanda CENTURIONE |
Titoli di studio: | Scuola militare |
Scuole militari: | Scuola di guerra (1871) |
Professione: | Militare di carriera (Esercito) |
Carriera giovanile / cariche minori: | Sottotenente (Regno di Sardegna) (27 luglio 1859), Tenente (20 ottobre 1860), Capitano (12 marzo 1863), Maggiore (9 novembre 1872), Tenente colonnello (15 luglio 1877) |
Carriera: | Colonnello (24 febbraio 1881)
Maggiore generale (24 settembre 1888)
Tenente generale (13 gennaio 1895-21 luglio 1910. Data del collocamento a riposo) |
Cariche e titoli: | Addetto militare all'Ambasciata italiana a Berlino (10 novembre 1875-1° aprile 1879) |
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.:: Nomina a senatore ::. |
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Nomina: | 03/04/1905 |
Categoria: | 14 | Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i Contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività |
Relatore: | Antonino Di Prampero |
Convalida: | 23/03/1905 |
Giuramento: | 12/04/1905 |
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.:: Onorificenze ::. |
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Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 21 marzo 1869
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 19 ottobre 1875
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 21 gennaio 1897
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 31 maggio 1901
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia 21 marzo 1869
Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia 20 dicembre 1869
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia 18 agosto 1878
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia 28 dicembre 1893
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia 27 dicembre 1900
Commendatore dell'Ordine militare di Savoia 5 giugno 1898
Cavaliere dell'Ordine militare di Cristo (Portogallo) 5 marzo 1863
Cavaliere dell'Ordine dell'Aquila Rossa (Germania) 25 settembre 1875 |
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.:: Servizi bellici ::. |
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Periodo: | 1859 seconda guerra d'indipendenza
1866 terza guerra d'indipendenza
1896 guerra italo-abissina | |
Arma: | Esercito: fanteria, corpo di Stato maggiore |
Decorazioni: | Medaglia commemorativa per la campagna d'Italia 1859 (Francia),; medaglia a ricordo delle guerre combattute per l'Indipendenza e l'Unità d'Italia, 1859, 1866, medaglia col motto "Unità d'Italia 1848-1870" ,; medaglia di bronzo al valore militare, medaglia a ricordo della campagna d'Africa, croce d'oro per anzianità di servizio | |
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.:: Senato del Regno ::. |
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Commissioni: | Membro della Commissione d'inchiesta sui servizi dipendenti dal Ministero della guerra (22 giugno 1907-8 febbraio 1909) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::. |
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente
Onorevoli colleghi! Non dimentichiamo quelli de' nostri, che abbiamo perduti durante l'intervallo, in cui siamo stati separati. [...]
Condolenti siamo con Milano della perdita di tre altri nostri cari colleghi, che furono cittadini illustri della metropoli lombarda: Luchino Del Mayno, Emanuele d'Adda, Carlo Prinetti.
Il Del Mayno, nato il 4 marzo 1838, finì i suoi giorni il 18 settembre ultimo scorso in Mariano Comense. Le tradizioni di famiglia ed il cuore per la patria, a 21 anno, nel 1859, lo avviarono alle armi. Soldato volontario d'ordinanza di un anno nell'esercito, ed allievo del corso suppletivo alla Regia Accademia militare, ebbe nel luglio di quell'anno il grado di sottotenente di fanteria; nell'ottobre 1860 quello di luogotenente; nel marzo 1863 quello di capitano; indi, compiuto splendidamente il corso alla Scuola di guerra nel 1871, salì pei gradi superiori nel corpo di Stato maggiore, giungendo con rinomanza a maggior generale nel settembre 1888, a tenente generale nel gennaio 1895; al comando di corpo d'Armata nel 1898. Collocato in posizione ausiliaria nel febbraio 1906, a riposo nel luglio 1910, fin alla riserva, fregiato della Croce d'oro sormontata da Corona reale per anzianità di servizio. Le sue scelte qualità meritarongli di essere ufficiale d'ordinanza onorario del principe Eugenio di Carignano; effettivo di Umberto di Savoia, principe allora ereditario; e addetto militare alla regia Ambasciata in Berlino dal 10 novembre 1875 al 1° aprile 1879. Sottotenente fu alla campagna del 1859, capitano a quella del 1866, per l'indipendenza d'Italia; tenente generale a quella d'Africa dal 1895 al 1896. Del valore ricevette menzione onorevole e medaglia. Scelto per l'Eritrea nel momento del disastro, fu nella seconda spedizione braccio del prode condottiero a ristaurare le sorti militari della colonia. Rientrato in Italia, comandando la divisione in Milano, meritovvi, nelle turbolenze del maggio 1898, la commenda dell'ordine militare di Savoia; ed al comando del IV corpo d'Armata in Genova, diede pur ad ammirare fermezza e prudenza durante lo sciopero del settembre 1904. Presiedette degnamente il Tribunale militare, e la sua saggezza ed il suo accorgimento furono di grande profitto in un angustioso giudizio. Uomo dotto delle cose militari, non cessò di occuparvisi e ne scrisse ed autorevolmente parlò in Senato, ove sedeva dal 4 marzo 1905. Collaboratore della Nuova Antologia,le diede poche settimane prima della morte l'ultimo suo articolo avente a soggetto: "Le mitragliere in montagna, collina e pianura". Rimane di lui anche il grosso volume pubblicato nel 1894: "Vicende militari del Castello di Milano dal 1706 al 1848, e cenni sulle trasformazioni di esso per L. Beltrami".
Negli ultimi anni di sua vita Luchino Del Mayno lottò fortemente con la malattia, che lo rodeva; e lunga fu la sua resistenza al lavoro per amor del dovere e del contribuire al bene della patria. N'ha avuto il migliore de' premi, la stima generale, il ricordo dell'esercito, l'affetto dalla città nativa, e la riconoscenza del merito, che accompagna ora la sua memoria. (Bene). [...]
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole Mazza.
MAZZA. Onorevoli colleghi! Fui legato da così sincera amicizia e da così profonda stima verso il defunto generale Del Mayno che obbedisco ad un vero bisogno del cuore rendendogli un ultimo tributo di onore in quest'Aula.
Tralascio di seguirlo in tutti gli stadi della sua lunga e brillante carriera militare perché di ciò vi intrattenne già abbastanza il nostro illustre Presidente. Mi limiterò a dire che sempre e dovunque, in tutti gli uffici e comandi che coprì, egli portò la nota alta del gentiluomo perfetto, del soldato colto, intelligente, operoso.
Ma quello che più lo distinse in tutti gli atti della sua vita fu un elevatissimo patriottismo. Gli è inspirato a questo alto sentimento che egli corse dalla sua Milano ad arruolarsi nell'esercito piemontese appena si udirono nel 1859 i primi rumori di guerra; gli è per esso che egli portava tanto amore alle istituzioni militari; è da esso che traeva origine il fuoco sacro che lo animava nell'adempimento dei suoi doveri.
In principio del 1896, essendo comandante della divisione di Perugia, appena vidi che le cose nostre in Eritrea volgevano a male, chiese di far parte del corpo di spedizione, malgrado che fino da allora le condizioni della sua salute non fossero perfette. La stessa domanda avevo fatta anch'io.
Partimmo insieme sul Domenico Balduino e giungemmo insieme a Massaua. Di là si trattava di raggiungere Ghinda e poi l'Asmara, dove ci attendeva il comandante della spedizione, generale Baldissera, per iniziare la seconda parte della campagna contro gli Abissini.
Bisognava vedere l'impazienza di arrivare da cui era animato il povero Del Mayno, per timore che l'avanzata si iniziasse senza di lui. Non consentì a prendere un po’ di riposo che a Ghinda e poi subito verso sera volle che ci dirigessimo a cavallo verso l'Asmara. Tra Ghinda e Asmara per giungere sull'altipiano vi è la salita dell'Arbarobba, salita di parecchie centinaia di metri, tutta a gradini di cinquanta, sessanta e perfino settanta centimetri, lungo un sentiero da capre. E bisognava farla di notte scura, a piedi e conducendo a mano i muletti! Ho detto poc'anzi che la forte fibra del nostro collega era già un po’ scossa. In quel difficile terreno e in quell'oscurità, con quei forti ed invisibili gradini, si inciampava quasi ad ogni passo. Cadde più di una volta sulla roccia. Io lo pregai ripetutamente di arrestarsi per riposare un poco e prendere un po’ di fiato. Ma tutto fu inutile, continuò sempre ad arrampicarsi malgrado tutto. Giunti sul ciglione dell'altipiano cominciava ad albeggiare. Vedendo la sua stanchezza lo pregai di nuovo di fermarsi. Ma egli voleva rimontare sul muletto e proseguire senz'altro. Dovetti dichiarare di essere stanco io, per obbligarlo a prendere un po’ di riposo!
Mi sono arrestato su questo particolare perché è caratteristico. Esso vi dà un'idea dell'energia indomabile di quell'uomo e del comando che egli sapeva esercitare sopra se stesso anche quando la sua fibra stava per vacillare.
Non mi dilungo sul resto della campagna. Solo accenno alla gioia che egli provò quando la sua divisione fu assegnata in testa della colonna destinata a marciare su Adigrat per liberare quel forte, circondato dagli abissini. Ma questi al nostro arrivo si dileguarono sottraendosi d'allora in poi definitivamente ai nostri attacchi. Non vi so dire quanto grande fu la sua disdetta!
Vengo ora al 1898, quando, tornato in Italia, egli reggeva il comando della divisione militare di Milano. Qui devo, pur troppo, evocare dei ricordi dolorosi.
In quell'anno una ventata di follia aveva invaso buona parte dell'Italia nostra, e più che altrove la tempesta si era addensata sulla capitale della Lombardia. Di mantenere l'ordine, voi lo sapete, era stato incaricato dal Governo un nostro illustre collega, il senatore Bava, comandante di quel corpo d'Armata. Ebbene, egli, se fosse presente, potrebbe dirvi quanto il generale Del Mayno lo abbia efficacemente coadiuvato nell'opera dolorosa ma pur troppo necessaria e benemerita della repressione della rivolta. Fu ricompensato con la commenda dell'ordine militare di Savoia.
Passato al comando del IV corpo d'Armata in Genova ebbe nel 1904, quando avvennero i moti del settembre, occasione di rendere altri segnalati servizi. Incaricato dal Governo di avocare a sé il mantenimento dell'ordine, seppe assumere e conservare davanti ai facinorosi, che avevano cominciato ad imporsi con la violenza, un contegno così fermo ed energico che presto la fiducia rinacque in tutti i buoni cittadini e l'ordine fu ristabilito senza bisogno di ricorrere a severe repressioni. Il suo proclama del 18 settembre 1904 è nella sua brevità un vero modello del genere.
Per i servizi resi e per l'alto concetto in cui era tenuta la sua capacità militare, egli fu nominato comandante designato d'Armata; poi nel 1905 fu nominato senatore.
Nel marzo 1906 lasciò il servizio attivo per aver raggiunto i limiti di età stabiliti dalla legge.
Ma anche dopo aver lasciato il servizio attivo egli continuò a dedicare la sua instancabile attività al bene dell'esercito e del paese, e dentro e fuori del Parlamento apportando in tutto un ardore e un sentimento patriottico senza pari.
Fu membro della Commissione d'inchiesta per l'esercito e l'illustre nostro collega onorevole Taverna, che ne fu il benemerito presidente, potrebbe dirvi, se una indisposizione che deploro non lo tenesse lontano da quest'Aula, quanto sia stata efficace ed inspirata ad alti sensi l'opera sua. Io citerò a questo riguardo un solo ricordo personale che darà la misura della passione che egli metteva nelle cose dell'esercito.
Era stato anch'io come tanti altri chiamato a deporre davanti alla Commissione d'inchiesta. Tra le altre cose venni interrogato sulle cause che avevano determinato la depressione morale che allora si lamentava nei quadri dell'esercito. Io dissi che la causa principale di tale depressione era il discredito in cui era caduta la funzione militare nel paese in conseguenza della propaganda antimilitarista che era stata fatta da quasi un decennio per mezzo della stampa. Ed evocava con dolore i tempi radiosi del 1859 e del 1860, quando il sentimento patriottico era così vivo che la gioventù più eletta disertava le università per arruolarsi nelle file dell'esercito in difesa della patria. Nel fare questa evocazione non potei a meno di mostrarmi un po’ commosso.
Appena ebbi finito vidi alzarsi il generale Del Mayno, corrermi incontro ed abbracciarmi con le lacrime agli occhi. Quanto avrebbe gioito la sua anima di soldato se avesse potuto assistere al presente risveglio di sentimento militare e patriottico determinato dalla spedizione di Tripoli! Quanta soddisfazione avrebbe provato se avesse potuto udire le entusiastiche parole di elogio che ieri stesso echeggiarono in quest'Aula in onore dell'esercito e della marina, che combattono valorosamente in Libia per gli interessi e la gloria della patria!
Ma il destino crudele non volle concedergli questa gioia.
Egli non aveva soltanto il cuore del soldato ma anche quello del filantropo. Pur essendo minato dalla nevralgia di stomaco che lo travagliava da anni egli accetto la vicepresidenza dell'Opera di assistenza agli emigranti promossa e presieduta da Monsignor Bonomelli e lavorò a tutt'uomo per darle il massimo sviluppo.
Fu anche per qualche tempo presidente della società Pro-esercito istituita in Milano e le dedicò con frutto la sua patriottica attività, finché stremato di forze diede le sue dimissioni.
Il 18 scorso settembre si spense la sua vita operosa. Sia onore a lui che dappertutto dove si trovò predicò ognora con l'esempio, malgrado che all'energia dell'animo non sempre corrispondesse la vigoria del corpo, la più scrupolosa osservanza dei doveri del proprio ufficio; nell'adempimento dei quali egli fu rigido con gli altri, ma sempre e di gran lunga più severo con se stesso. Egli fu uomo coltissimo, patriota ardente, soldato intelligente e valoroso. Ma fu ancora qualche cosa di più: egli fu soprattutto un carattere.
Vada alla sua vedova desolata, che lo piange immersa nel più profondo dolore reso più acuto dal ricordo crudele dell'ultima fase della sua malattia, il nostro mesto saluto. Per dare maggior valore a questa nostra manifestazione, io pregherei la Presidenza di voler far pervenire alla contessa Del Mayno a nome del Senato i sentimenti di condoglianza di questo alto consesso. (Vive approvazioni). [...]
VIGONI GIUSEPPE. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VIGONI GIUSEPPE. Preceduto dai colleghi generale Mazza e senatore Levi mi associo pienamente alle parole di compianto che essi hanno avuto pei nostri amici e colleghi generale Del Mayno ed Emanuele D'Adda. [...]
LAMBERTI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LAMBERTI. Ebbi sempre come religione il bisogno di esprimere in ogni opportuna occasione al generale Del Mayno la mia riconoscenza per la benevolenza di cui mi onorò, per l'amicizia che mi professò sempre. Non saprei in una circostanza solenne come questa tacere; ed il Senato mi consentirà di profittare del momento per potermi unire nel modo più assoluto, e più caldo a quanto l'amico Mazza disse di lui (Approvazioni). [...]
SPINGARDI, ministro della guerra. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SPINGARDI, ministro della guerra. Il generale conte Luchino Del Mayno, del quale il Senato rimpiange la perdita, era ben degno delle alte e nobili parole colle quali fu oggi qui commemorato dal nostro illustre Presidente e dai colleghi senatori Mazza, Vigoni e Lamberti. Ad esse con pieno e dolente animo il Governo e l'esercito si associano. (Bene!).
Di quale intelligente valore egli avesse dato ripetute e brillanti prove nei 50 anni di sua vita militare lo attestano le insegne ambite ond'egli fu insignito, le medaglie al valore e la croce di Savoia, degne ricompense all'opera sua di soldato e di generale sui campi delle patrie battaglie, nella repressione dell'infesto brigantaggio e nelle fortunose vicende della colonia Eritrea all'indomani di una giornata dolorosa.
Con grande acume, con fine tatto, con forte carattere lo videro pure l'esercito ed il paese compiere alte e delicate missioni all'interno ed all'estero, ed attendere infine con acuta mente e forza d'animo, che vinceva il male ond'era da tempo travagliato, alle alte funzioni di comandante di Armata in guerra, alle quali lo avevano chiamato la fiducia del sovrano e del Governo.
Il suo distacco dall'esercito attivo, per fatale esigenza di legge, non fu che apparente; poiché, fino all'ultimo di sua vita, egli dedicò l'opera sua intelligente ed attiva allo studio ed alla soluzione dei più vitali problemi d'interesse militare.
Bene è nota a voi, onorevoli colleghi, l'opera sua di senatore, che, specialmente nel multiforme lavoro della Commissione d'inchiesta parlamentare per l'esercito, portò largo e prezioso contributo di scienza e di esperienza, e che finalmente, come relatore del poderoso disegno di legge sullo stato degli ufficiali, chiuse degnamente la sua vita operosa in pro dell'esercito.
Alla sua memoria, che a lungo sopravviverà nelle sue file, rende perciò l'esercito solenne e riverente omaggio. (Bravo! Bene! - Applausi).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 23 febbraio 1912.
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Note: | Il nome completo risulta essere: "Francesco Luca".
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