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.:: Dati anagrafici ::. |
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Data di nascita: | 08/14/1836 |
Luogo di nascita: | S. LAZZARO DI SAVENA (Bologna) |
Data del decesso: | 28/09/1917 |
Luogo di decesso: | BOLOGNA |
Coniuge: | Celibe |
Figli: | Fabio |
Titoli di studio: | Laurea in ingegneria (1)
Laurea in matematica ad honorem (2) |
Presso: | Università di Bologna (2) |
Professione: | Ingegnere |
Carriera giovanile / cariche minori: | Assistente di fisica all'Università di Bologna |
Cariche politico - amministrative: | Presidente del Consiglio provinciale di Bologna (24 marzo 1887-15 dicembre 1904)
Presidente della Deputazione provinciale di Bologna (24 marzo 1887-15 dicembre 1904) |
Cariche amministrative: | Consigliere comunale di Bologna (1867-1889)(1890-1913)
Assessore comunale per l'edilizia di Bologna (1874)
Consigliere provinciale di Bologna (11 agosto 1873-15 dicembre 1904) |
Cariche e titoli: | Presidente della Giunta di vigilanza dell'Istituto tecnico di Bologna
Amministratore del Monte di Pietà di Bologna
Membro corrispondente della Società agraria di Bologna (1876)
Membro ordinario della Società agraria di Bologna (1889)
Socio dell'Accademia delle scienze di Bologna |
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.:: Nomina a senatore ::. |
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Nomina: | 06/14/1900 |
Categoria: | 03 | I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio |
Relatore: | Antonino Di Prampero |
Convalida: | 27/06/1900 |
Giuramento: | 30/06/1900 |
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.:: Onorificenze ::. |
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Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia |
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.:: Camera dei deputati ::. |
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Legislatura | Collegio | | Data elezione | Gruppo | Annotazioni |
XI | Budrio | | 17-5-1874* | Destra | Ballottaggio il 24 maggio 1874 |
XII | Budrio | | 8-11-1874** | Destra | Ballottaggio il 15 novembre 1874. Eletto anche nel collegio di San Giovanni in Persiceto, optò per il collegio di Budrio il 2 dicembre 1874 |
XIII | Bologna I | | 5-11-1876*** | Destra | Ballottaggio il 12 novembre 1876 |
XIV | Bologna I | | 16-5-1880**** | Destra | Ballottaggio il 23 maggio 1880 |
XVI | Bologna I | | 23-5-1886 | Destra | |
XVII | Bologna I | | 23-11-1890 | Destra | |
XVIII | Bologna I | | 6-11-1892 | Destra | |
XIX | Bologna I | | 26-5-1895 | Destra | |
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.:: Senato del Regno ::. |
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Commissioni: | Membro della Commissione per l'esame dei decreti registrati con riserva dalla Corte dei conti (28 novembre 1901-29 settembre 1917)
Presidente della Commissione per l'esame dei decreti registrati con riserva dalla Corte dei conti (5 dicembre 1904-8 febbraio 1909) (30 marzo 1909-29 settembre 1913), (4 dicembre 1913-29 settembre 1917)
Membro della Commissione d'inchiesta sulla spesa per la costruzione del Palazzo di Giustizia in Roma (10 maggio 1912)
Membro della Commissione di finanze (2 dicembre 1913-29 settembre 1917) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::. |
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente
Onorevoli colleghi! Ora il nostro pensiero pur troppo si deve volgere ai senatori che abbiamo perduto durante le vacanze. [...]
Altro danno ci ha recato la morte, troncando i giorni del senatore Sacchetti la sera del 28 settembre, nella sua Bologna. Nato in Colunga vicino alla città il 14 agosto 1836, in Bologna studiò, e dalle scuole medie, inclinato alle scienze esatte, passò a matematica e prese laurea d'ingegnere. Esordì all'ingegneria nelle Ferrovie meridionali; fu assistente alla cattedra di fisica nell'Università. Fattosi forte negli studi, portò in ispecial modo la sua attenzione alla origine della meccanica del calore, ed ancor giovine pubblicò su quest'argomento una memoria negli atti dell'accademia delle scienze dell'Istituto. Altro studio portò sulla vita e sulle opere del suo maestro Lorenzo Della Casa. Non chiuso nella dottrina scientifica, acquistò anche cultura letteraria e le cognizioni delle cose pubbliche. Nel giugno 1859 fu tra i primi ad arruolarsi nella Guardia formatasi de' cittadini liberali per il mantenimento dell'ordine. Entrò alla vita politica nelle file del partito liberale bolognese, che inspiravasi a Marco Minghetti. In quel partito sempre militò; al Minghetti fedelissimo ed alle sue idee. Tenne anzi la direzione del partito, quando fu presidente della Federazione fra le associazioni liberali. Candidato al Parlamento, fu eletto nel corso dell'XI legislatura dal collegio di Budrio, che rappresentò anche nella XII. Lungo la XIII lo fu dal I collegio di Bologna, che gli mantenne i voti sino alla XIX, con una sola interruzione nella XV. Fu nominato senatore il 14 giugno 1900. Valentemente ed in reputazione sedette fra i deputati e fra noi; assiduo, esatto, prudente e temperato, in rispetto anche degli opposti, ascoltato volentieri nel suo dire misurato e nitido. Era della nostra commissione di finanze, relatore per il bilancio delle poste e dei telegrafi, presidente della commissione pe' decreti registrati con riserva.
Fuor del Parlamento e del pensiero alla patria, non visse per altro, che per la città sua. Nel municipio, entrato consigliere di partito d'opposizione, portò forza ad abbattere l'amministrazione; e nella nuova fiancheggiò il sindacato singolarmente benemerito, che segnò per Bologna (lo dico con le parole del Sacchetti stesso in lode di Gaetano Tacconi) un periodo di intensa e feconda operosità in ogni ramo della pubblica azienda. La prima sua sollecitudine mirò all'istruzione del ceto operaio; poi quale assessore per l'edilità fu un eccellente cooperatore. Coadiuvò la successiva amministrazione con pari alacrità. Fu degno di succedere al Minghetti nella presidenza del Consiglio provinciale, tenuta parecchi anni, e fu a varie altre amministrazioni ed agli istituti provvidentissimo. L'amore a Bologna ed al suo maggior pregio, l'antico Studio, ha dimostrato, nel suo testamento con il legato d'un premio al professore dell'Università salito in tale fama da accrescerne il lustro. Quello, che disse della vita del concittadino, commemorandolo in quest'aula, possiam dire della sua: vita spesa a pro della patria, dedicata al bene della città, larga di aiuto verso le imperfezioni e le sofferenze umane. Onore a tali trapassati: ed alla gente nuovo esempio. (Approvazioni).
DALLOLIO ALBERTO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DALLOLIO ALBERTO. Consenta il Senato, che, anche a nome di tutti i senatori bolognesi, io mi associ alle nobilissime parole con le quali il Presidente ha commemorato il nostro compianto amico Gualtiero Sacchetti.
Nessuno più di noi sente quanto grave sia la perdita che, con la sua morte, nonostante l'età, inaspettata, hanno fatto il Senato e la città di Bologna; della quale egli era uno dei maggiori e più insigni cittadini. Quelli che verranno dopo di noi stupiranno vedendo quanta parte, in ogni cosa di pubblico interesse, o di pubblico decoro, compiuta in Bologna nell'ultimo mezzo secolo, abbia avuto quest'uomo così lontano da ogni ostentazione di sapere, eppure così sapiente, così rispettato e onorato da tutti, eppure così modesto; esempio veramente degno di memoria in un tempo nel quale è tanto diffusa purtroppo la tendenza ad esagerare l'importanza dell'opera propria.
Il nostro Presidente ha già riassunto con felice sintesi la vita pubblica di Gualtiero Sacchetti, e non vi è ragione che io mi intrattenga alla mia volta intorno ad essa. Vorrei soltanto che i colleghi mi permettessero di portare qualche personale testimonianza delle sue benemerenze.
Egli si era dato da giovane agli studi scientifici, nei quali aveva avuto modo di dar prova del suo pronto ingegno e del suo spirito acuto. In quello stesso anno nel quale io entrai studente nell'Università di Bologna, Gualtiero Sacchetti, in mancanza del titolare, tenne l'insegnamento della fisica, ed io rammento sempre con quanto calore i suoi discepoli lo lodavano per la sicurezza e la precisione del linguaggio e per la lucidezza veramente mirabile della esposizione.
Ma la vita pubblica lo astrasse, e lo tolse ai pacifici studi, non tanto per altro che egli non seguisse, fino agli ultimi tempi, i progressi della scienza con perseverante e quasi nostalgico amore.
La fiducia dei concittadini lo chiamò presto nel Consiglio del Comune, nel quale acquistò subito autorità grandissima. Ancora suona alto in Bologna il ricordo della memoranda battaglia che egli combatté, quasi solo, contro proposte di deliberazioni importantissime che stimava contrarie al bene della città.
Caddero quelle proposte; cadde, nel 1872, l'Amministrazione che le aveva presentate, e Gualtiero Sacchetti, nelle elezioni che rinnovarono il Consiglio, riuscì secondo tra gli eletti. Non poté allora dispensarsi dall'entrare nella Giunta, nella quale rimase ininterrottamente fino al 1889.
Egli commemorò l'anno scorso in quest'Aula con commosse parole Gaetano Tacconi, che per quindici anni fu di quella amministrazione il degnissimo capo; ma non disse e non lasciò intendere quanta parte di essa fosse stato egli medesimo. Ben lo so io, che tengo ad onore di avervi pure appartenuto e mi piace di attestarlo oggi in omaggio alla verità e a lode dell'amico perduto.
È, senza indugiarmi in particolari per i quali non è questo né il tempo, né il luogo, voglio solamente ricordare il piano regolatore della città da Gualtiero Sacchetti amorosamente studiato e proposto; è non tanto per la parte tecnica, anch'essa senza dubbio pregevolissima, quanto, e specialmente, per la relazione che lo accompagnava, accolta allora da molti con maraviglia e con diffidenza, e tacciata anche di soverchio ottimismo, perché in essa si dimostrava come nel periodo di tempo assegnato all'esecuzione delle opere Bologna avrebbe potuto, mercé lo sviluppo immancabile delle sue forze economiche e finanziarie, affrontare con sicurezza una spesa, che certamente era ingente, ma che ai più appariva smisurata.
Le previsioni rosee d'allora furono superate dalla realtà. Gli è che quell'uomo così calmo e così freddo nelle apparenze, era un uomo di fede e volgeva lo sguardo penetrante verso l'avvenire; ciò che la moltitudine spesso non sa o non vuoi fare, e così non di rado sacrifica agli egoismi o alle paure dell'oggi le fortune del domani.
Gualtiero Sacchetti capitanò in Bologna, dopo la scomparsa di Marco Minghetti, il partito liberale moderato, fedele agli insegnamenti del conte di Cavour. Fermo nei suoi principi, non lasciò mai che le passioni di parte turbassero la serenità e la equanimità dei suoi giudizi. Combatté gli avversari politici, ma non li disprezzo e non li denigrò. Il parato socialista aveva appena conquistato in Bologna le amministrazioni locali, quando egli, dettando il suo testamento, affidava alle rappresentanze del Comune e della Provincia l'adempimento delle sue ultime volontà.
A nessuno aveva confidato le sue intenzioni; pure tutti sentivano che egli avrebbe consacrato le sue sostanze, accresciute col risparmio durante una lunga vita raccolta ed austera, a qualche opera di pubblico bene.
Fu grande l'ammirazione, non la meraviglia, quando si conobbe il nobilissimo lascito, del quale il nostro Presidente ha fatto cenno, a favore dell'Università. All'Università, alla quale lo legavano le memorie della gioventù, ritornava pieno d'affetto il suo pensiero nella verde vecchiezza. Né mai, per verità l'aveva dimenticata: egli ne aveva difeso a viso aperto i diritti nel 1876, assicurandole la Scuola di applicazione degli ingegneri; delle convenzioni universitario del 1897 e del 1911 era stato propugnatore validissimo. Con le disposizioni consacrate nell'estremo atto solenne, Gualtiero Sacchetti, seguendo sempre la tendenza del suo spirito, mirava all'avvenire, mirava ad aiutare il perpetuo progresso dello Studio, il quale dal valore dei maestri deve trarre non pure la fama, ma la virtù informatrice delle anime giovanili.
Era un ritorno alle tradizioni dell'età più gloriosa di esso, quando i suoi reggitori attiravano a Bologna con larghezza inusitata di compensi i lettori più insigni, e la rinomanza dei lettori richiamava gli scolari da ogni parte del mondo civile. In condizioni di tempi assai diverse, Gualtiero Sacchetti volle che, con un premio biennale cospicuo, che può ascendere a circa 35,000 lire, e può essere dato anche due volte, lo Studio avesse modo di rimeritare l'opera e i sacrifici, di quei professori che con qualche scoperta, o con lo splendore dell'insegnamento ne avessero onorato il nome e accresciuto il decoro. E con sentimento vivo di modernità, chiamando a pronunziare il giudizio non commissioni accademiche, composte di colleghi o di rivali, ma gli stessi rappresentanti delle amministrazioni cittadine intese che questo giudizio acquistasse quasi il valore e il significato di un plebiscito, e attestasse una benemerenza propriamente civica e non strettamente universitaria. Egli ammoniva così che la scoperta del vero, che la diffusione della scienza non sono un interesse soltanto individuale o professionale, ma un pubblico altissimo interesse, un beneficio che è dovere e sapienza civile promuovere ed assicurare. (Bravo). Onore alla sua memoria!
Voglia il Senato consentire che, per la morte di Gualtiero, Sacchetti; siano espresse le sue condoglianze alla città di Bologna.
(Approvazioni).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole senatore Zappi.
ZAPPI. Estimatore sincero del senatore Sacchetti il cui autorevole Consiglio fu sempre ascoltato con grande deferenza dai suoi amici politici di Romagna, mi associo di cuore a quanto, così degnamente di lui hanno detto l'onorevole Presidente e il collega Dallolio. Dopo le parole loro alte e nobili nulla potrei aggiungere che valesse ad onorarne meglio la memoria: mi sia soltanto lecito di esprimere il profondo mio rimpianto per la scomparsa di un uomo di cui davvero non si sapeva se più ammirare le virtù o la modestia con la quale egli queste virtù esercitava. La instancabile diligenza, la serena competenza che dimostrò in tutti i molteplici uffici che i suoi concittadini vollero affidargli gli acquistò la fiducia illimitata degli amici e il rispetto incondizionato degli avversari. La lunga operosissima sua vita può essere a tutti noi un esempio di come fattivamente e disinteressatamente si debba servire il Re e la patria. Alla sua memoria mando un commosso e riverente saluto. (Bravo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole senatore Petrella.
PETRELLA. Mi consenta il Senato che io dica due sole parole. Non è una necrologia che io voglia pronunciare, non potrei farlo. Nato in regione diversa da quella del senatore, Sacchetti, io non comunanza di studi vi è stata fra noi; io non conosco gli uomini fra i quali egli svolse la sua attività, non conosco l'ambiente, nel quale egli ha compiuto le sue opere, quindi non potrei fare un vero discorso necrologico. Però io so benissimo che i fatti compiuti dal Sacchetti furono tanto bene valutali dai suoi concittadini, tanto bene ammirati, che portarono il Sacchetti all'apice dell'amministrazione comunale e provinciale, e poi, lo mandarono al Parlamento, ove egli raccolse il plauso generale. Quindi io non posso far altro che di tutto cuore associarmi a ciò che, con tanta eloquenza e conoscenza dei fatti e delle cose hanno detto l'illustre nostro Presidente, il senatore Dallolio e il senatore Zappi. Io non ho conosciuto il Sacchetti che qui, in Senato, proprio a questo posto; ho avuto l'alto onore di essere suo compagno in talune commissioni ed allora ho potuto ammirare il suo ingegno acuto, la rettitudine dei suoi giudizi, la sua calma, lo studio che egli portava in tutte le cose che erano affidate al suo esame. Ad alta ammirazione è succeduta subito la stima e l'amicizia. Quindi tutti possono comprendere quale sia stato il mio dolore quando ho sentito della sua morte. Non voglio dire al Senato che una sola cosa: ho voluto pubblicamente manifestare questo mio sentimento, perché, quando scompare un uomo e per lui il compianto è generale fra uomini di diverse regioni, fra uomini che hanno conosciuto l'estinto in diverse circostanze, in varie fasi della sua vita, allora si deve dire che questo universale (mi si passi la parola) universale consenso al dolore forma il plauso, l'elogio maggiore della persona che è scomparsa. E questo mi fa ricordare un verso esagerato, fantasioso, ma in fondo vero, del poeta, che dice: "è cittadin dell'universo il merto". Vada il mio saluto affettuoso, commosso alla memoria del compianto senatore Gualtiero Sacchetti. (Approvazioni). [...]
RUFFINI, ministro della pubblica istruzione. Domando di parlare.
PEESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUFFINI, ministro della pubblica istruzione. Un dovere imprescindibile m'impone, ad onta dell'ora tarda, di dire due parole almeno di compianto per i senatori Monteverde e Sacchetti.
Del senatore Sacchetti io porrò in rilievo un solo tratto, quello col quale egli ha chiuso così nobilmente la sua vita nobilissima; vale a dire il munifico dono che egli fece all'Università di Bologna di una cospicua somma, i cui frutti dovranno servire ad eccitare, a sorreggere e a premiare il lavoro scientifico da parte dei professori di quella università. Con che egli è venuto ad innestare un nuovo virgulto nel tronco annoso e glorioso della nostra prima alma mater studiorum; virgulto da cui molti frutti ancora certamente germoglieranno nell'avvenire a maggior lustro di quella prima fra tutte le università del mondo.
Ma oltre che la munificenza del dono è da porre in rilievo la sua profonda significazione. Perché il Sacchetti, che aveva cominciato la sua vita con studi intorno al calore, compiuti precisamente in quella università, e che dagli eventi della vita, eventi non di speculazione, ma nobilissimi, e dovuti alla partecipazione sua vivace alla nostra grande redenzione nazionale, era stato tratto lontano dalla via intrapresa, volle, in riconoscimento di quanto quegli studi avevano giovato a lui nella vita, e quasi a dimostrazione della sua filiale gratitudine verso l'alma mater, che i frutti del suo lavoro pertinace, i risparmi della sua vita laboriosissima e virtuosa, andassero a lei; cosicché gli studi interrotti potessero sempre più fiorirvi, a soddisfazione del suo spirito, e a gloria della sua università. (Bene).
Senato del Regno, Atti Parlamentari. Discussioni, 25 ottobre 1917.
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