Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente
Signori senatori! Neppure oggi è risparmiato a noi tutti un lutto, a me il doloroso ufficio di darvene notizia.
Ieri, nell'ora terza, moriva a Pisa in età di non ancora settant'anni, il senatore Pompeo Bariola.
Nativo di Milano, educato nell'Accademia militare di Vienna, al sopravvenire dei rivolgimenti del 1848 aveva grado di luogotenente addetto allo Stato maggiore dell'esercito austriaco. Ma né il grado, né l'ufficio, né la buona riputazione superiori all'età ed arra di brillante carriera lo trattennero in quelle file; tant'è vero che l'educazione militare, inculcando l'adempimento del dovere a costo della vita, nonché spegnere od attutire affina i più squisiti affetti, i più nobili sentimenti.
Dopo avere ottenuto licenza dalle straniere, entrato nelle truppe lombarde col grado di maggiore, ed, in seguito al rovescio di Novara, con quello di capitano nello Stato maggiore dell'esercito sardo, fu uno dei giovani che al riordinarsi del medesimo vi ebbero nome, incarichi onorevolissimi.
La mente culta e vivace, la persona spigliata; una indefessa cura delle pratiche alla milizia attinenti, uno studio continuo di apparecchiare e temperare l'animo all'adempimento dei più elevati ed ardui comandi, lo resero degno.
I coetanei lo avevano pronosticato, i camerati non si meravigliarono o si dolsero di vederlo dal grado di maggiore, ottenuto il giugno 1859, raggiungere in poco più di sedici anni, il dicembre 1875, quello di tenente generale; comandare un corpo d'Armata nel 1881.
Codesto rapido salire rimunerava il soldato di tutte le guerre dell'indipendenza e di quell'altra che, ravvivato lo splendore della croce, dischiuse i vanni dell'aquila di Savoia a volo sublime dalla Tauride al Campidoglio; premiava il prode dal petto fregiato colle insegne di ufficiale dell'Ordine militare di Savoia. (Bene).
Tale avanzamento era stato suggello al molto conto in che sempre lo avevano avuto i suoi capi e soprattutto Alfonso Lamarmora che lo volle presso di sé nel 1855, nel 1859 e nel 1866; col quale fu capo di Stato maggiore a Napoli, sottocapo di Stato maggiore nell'ultima guerra d'indipendenza; che con illimitata fiducia lo adoperò sempre quando di molta avvedutezza e fermezza fosse mestieri e lo ebbe, finché visse, carissimo.
Né gli emuli poterono porre in forse le attitudini e virtù militari di lui, che con altrettanta valentia aveva professato nella scuola di Stato maggiore, presieduto alla creazione del collegio militare di Milano; né non riconoscerne la austerità nel comando, la prudenza e sagacia di che lo stesso conte di Cavour aveva recato giudizio tale da confidargli mandasse dalla Sicilia contezza delle forze degli insorti e dei regi.
Senatore del Regno dal giugno 1886, noi lo vedemmo dare ai doveri della nuova dignità tutto il maggior tempo che i militari gli consentivano. E quando, è poco più di due anni, fu passato alla posizione ausiliaria, melanconicamente staccandosi dall'esercito, al quale, come a principio, sicurezza e difesa della nazione, avea dato la miglior parte di sé, egli, con abnegazione degna di soldato e di cittadino chiuso nel cuore ogni rammarico, divenne più frequente fra noi.
Bell'esempio d'animo nobile per il quale la patria libera e forte fu l'ideale giovanile, che a redimerla sacrò braccio ed ingegno. Ed alla patria Pompeo Bariola, avrebbe dato l'ultimo avanzo della vita se nel giorno dei rischi disinteressati e delle forti prove, la voce del Re lo avesse ancora una volta chiamato sul campo dell'onore a glorioso cimento (Bravo, benissimo, approvazioni generali).
MOCENNI, ministro della guerra. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'onorevole ministro della guerra.
MOCENNI, ministro della guerra. A nome del Governo e a nome dell'esercito io mi associo alle meste e nobili parole di compianto testé pronunziate dall'illustre Presidente del Senato.
Sotto il sasso sepolcrale del senatore Bariola, così improvvisamente composto, non si spegneranno i nostri affetti e le nostre care memorie; il suo nome sarà ricordato nell'esercito come esempio, finché sarà onorato colui che ha speso mente, cuore e braccio per il servizio del Re e della patria (Bravo, benissimo).
Senato del Regno. Atti parlamentari. Discussioni, 15 marzo 1894.
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