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.:: Dati anagrafici ::. |
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Data di nascita: | 06/08/1838 |
Luogo di nascita: | SAVONA (Genova) - oggi SAVONA |
Data del decesso: | 10/03/1932 |
Luogo di decesso: | ROMA |
Padre: | Paolo |
Madre: | PIZZORNO Marina |
Nobile al momento della nomina: | No |
Nobile ereditario | No |
Coniuge: | GAMBIERI Corinna |
Figli: | Silvio, avvocato penalista
Maria
Luisa |
Luogo di residenza: | ROMA |
Indirizzo: | Via Po, 46 |
Titoli di studio: | Laurea in giurisprudenza |
Presso: | Università di Torino |
Professione: | Docente universitario |
Altre professioni: | Avvocato |
Carriera: | Professore incaricato di Scienza delle finanze all'Università di Roma (18 novembre 1871-15 ottobre 1885) |
Cariche politico - amministrative: | Presidente del Consiglio provinciale di Torino (1882-1926) |
Cariche amministrative: | Consigliere provinciale di Torino (1871-1926)
Consigliere comunale di Savona (1870-10 marzo 1932) |
Cariche e titoli: | Presidente della Commissione per gli atti delle Assemblee costituzionali italiane
Presidente del Museo industriale di Torino (1885-1887) (1904-[1907])
Membro del Consiglio per gli archivi (8 luglio 1897-29 marzo 1930)
Presidente del Consiglio per gli archivi (18 dicembre 1914-29 marzo 1930)
Presidente della Società Dante Alighieri (1906-1932)
Primo segretario di SM il Re per il Gran Magistero dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro (ottobre 1908)
Membro dell'Istituto storico italiano (1911)
Presidente dell'Istituto storico italiano (maggio 1911-2 giugno 1930)
Socio corrispondente dell'Accademia dei Georgofili di Firenze (24 febbraio 1867)
Membro e primo presidente della Società savonese di storia patria (1888)
Presidente onorario, socio benemerito della Deputazione abruzzese di storia patria (1888)
Socio effettivo dell'Accademia delle scienze di Torino (15 gennaio 1888)
Vicepresidente dell'Accademia delle scienze di Torino (24 maggio 1903-24 aprile 1910)
Presidente dell'Accademia delle scienze di Torino (24 aprile 1910-28 maggio 1916)
Socio nazionale dell'Accademia dei Lincei di Roma (4 aprile 1918)
Socio corrispondente dell'Ateneo di Brescia (già Accademia del Dipartimento del Mella) (7 maggio 1916)
Socio dell'Accademia di scienze, lettere ed arti di Modena (1916)
Socio della Deputazione di storia patria per l'Umbria (s.d.)
Socio della Deputazione di storia patria di Torino (12 aprile 1890)
Vicepresidente della Deputazione di storia patria di Torino (19 giugno 1892)
Presidente della Deputazione di storia patria di Torino (1° maggio 1910)
Socio dell'Accademia della Crusca di Firenze (21 novembre 1914)
Vicepresidente del Comitato nazionale per la storia del Risorgimento (4 aprile 1909-1914)
Presidente del Comitato nazionale per la storia del Risorgimento (5 marzo 1915-10 marzo 1932)
Socio onorario della Società dalmata di storia patria (1926)
Socio della Società geografica italiana |
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.:: Nomina a senatore ::. |
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Nomina: | 04/10/1921 |
Categoria: | 03
05 | I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio
I Ministri segretari di Stato |
Relatore: | Fabrizio Colonna |
Convalida: | 18/06/1921 |
Giuramento: | 18/06/1921 |
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.:: Onorificenze ::. |
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Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 7 aprile 1867
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 4 giugno 1870
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 23 giugno 1873
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 11 giugno 1893
Gran Cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 31 dicembre 1899
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia
Cancelliere dell'Ordine della Corona d'Italia
Cavaliere dell'Ordine supremo della SS. Annunziata 31 dicembre 1915
Cavaliere dell'Ordine della Legion d'onore (Francia)
Ufficiale dell'Ordine della Legion d'onore (Francia)
Cavaliere dell'Ordine della Corona di Prussia
Ufficiale dell'Ordine della Corona di Prussia
Commendatore dell'Ordine della Corona di Prussia
Cavaliere dell'Ordine d'Isabella la Cattolica (Spagna)
Cavaliere dell'Ordine di Nostra Signora della Concezione (Spagna)
Decorato dell'Ordine dell'Aquila rossa (Germania)
Gran cordone dell'Ordine dell'Aquila rossa (Germania)
Gran cordone dell'Ordine di Alberto di Sassonia (1890)
Grande ufficiale dell'Ordine di Leopoldo del Belgio
Commendatore dell'Ordine di Carlo III (Spagna)
Grande ufficiale dell'Ordine di Carlo III (Spagna) |
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.:: Camera dei deputati ::. |
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Legislatura | Collegio | | Data elezione | Gruppo | Annotazioni |
XI | Savona | | 20-11-1870* | Centro-destra | Ballottaggio il 27 novembre 1870 |
XII | Savona | | 8-11-1874 | Centro-destra | |
XIII | Savona | | 5-11-1876 | Centro-destra | |
XIV | Savona | | 16-5-1880 | Centro-destra | |
XV | Savona (Genova II) | | 29-10-1882 | Centro-destra | |
XVI | Savona (Genova II) | | 23-5-1886** | Centro-destra | Elezione convalidata il 18 giugno 1886 |
XVII | Savona (Genova II) | | 23-11-1890 | Centro-destra | |
XVIII | Savona | | 6-11-1892 | Centro-destra | |
XIX | Savona | | 26-5-1895*** | Centro-destra | Eletto anche per il collegio di Mortara, optò per il collegio di Savona il 1° luglio 1895 |
XX | Savona | | 21-3-1897 | Centro-destra | |
XXI | Avigliana | | 29-3-1903**** | Centro-destra | Eletto per il collegio di Savona il 3 giugno 1900, si dimise il 16 marzo 1903 e fu rieletto il 29 marzo 1903 per il collegio di Avigliana. Il 21 settembre 1902 era stato eletto anche per il collegio di Avigliana, elezione annullata il 4 marzo 1903 |
XXII | Avigliana | | 6-11-1904 | Centro-destra | |
XXIII | Avigliana | | 7-3-1909 | Centro-destra | |
XXIV | Avigliana | | 26-10-1913 | Centro-destra | |
XXV | Torino | | 16-11-1919 | Gruppo liberale | |
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.:: Senato del Regno ::. |
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Commissioni: | Membro della Commissione per l'esame dei Patti Lateranensi (16 maggio 1929)
Membro della Commissione per il giudizio dell'Alta Corte di giustizia (27 dicembre 1929-10 marzo 1932) |
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.:: Governo ::. |
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Governo: | Ministro della pubblica istruzione (17 febbraio 1888-9 marzo 1889), (9 marzo 1889-6 febbraio 1891), (8 febbraio-27 maggio 1906)
Ministro dell'agricoltura, industria e commercio (15 dicembre 1893-13 giugno 1894)
Ministro delle finanze (13 giugno 1894-9 marzo 1896)
Ministro del tesoro (14 maggio 1899-24 giugno 1900)
Presidente del Consiglio dei ministri (18 giugno 1916-29 ottobre 1917) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::. |
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Luigi Federzoni, Presidente
Anche Paolo Boselli ci ha lasciati. La sua alacre e generosa vecchiezza non sarà più il vanto vivente e presente di questa Assemblea. La sua parola classicamente nitida, ma concitata e fluente, non suonerà più in questa Aula come l'eco prodigiosa delle idealità immortali del risorgimento. La sua sapienza, che aveva radici lontane in un vastissimo campo di dottrina e di esperienza, non darà più luce di verità sicura alle nostre discussioni. La sua benigna autorità di maestro non compartirà più, fra noi, i consigli e gli avvertimenti, preziosi e cari, poiché venivano da lui, quanto e più delle sue lodi cortesi. Con lui è scomparso il degno custode della migliore tradizione patriottica, l'italiano esemplare che pur nelle ore torbide e tristi del passato aveva alimentato costante la fiamma della speranza, e che dalla freschezza perenne del proprio spirito attinse fino all'ultimo giorno della lunga vita la fede nell'avvenire.
Savonese di nascita, figlio di un cospiratore intrepido del 1821, egli era di quella buona razza ligure che sa congiungere solidamente alla devozione ardente per ogni più nobile causa il probo esercizio delle virtù pratiche. Aveva cominciato giovinetto, coltivando come una vocazione iniziale la poesia nel collegio degli Scolopii della sua città, e successivamente seguendo in Genova il magistero letterario di Terenzio Mamiani e di Giuseppe Revere e in Torino quello del trentino Giovanni Prati e del dalmata Pier Alessandro Paravia, tutti seminatori di pensieri e di ardimenti che fruttificarono poi inesauribilmente nello spirito di lui; ma egli era stato attratto presto dallo studio dei problemi concreti connessi alla formazione e allo sviluppo dell'Italia che si andava costituendo come Stato unitario. Erano problemi, sopra tutto, di legislazione amministrativa e di economia, particolarmente ardui in un tempo nel quale bisognava edificare un organismo moderno e armonico su le rovine di una realtà storica arretrata e discontinua. Ed ecco gli esordii di Paolo Boselli nella carriera dei pubblici ufficii e dell'insegnamento accompagnarsi ai primi passi del nuovo Regno su la via di un progresso economico e scientifico.
Il giovane referendario [sic] del Consiglio di Stato è inviato dal ministro Cordova a ordinare la sezione italiana all'Esposizione internazionale di Parigi del 1867; dal De Vincenzi è nominato conservatore del Museo industriale di Torino e incaricato dell'insegnamento dell'economia, che gli è poi conferito stabilmente presso la Scuola Superiore di Venezia per iniziativa di Francesco Ferrara, finché, riscattata Roma all'Italia, Cesare Correnti lo chiama a coprire alla Sapienza la Cattedra di scienza delle finanze, mentre Quintino Sella lo vuole accanto a sé collaboratore preferito per ogni sorta di studi e attività tendenti al rinnovamento morale e materiale del paese. Tali uomini intuirono il valore di Paolo Boselli: nel contatto di essi, nel cimento delle massime questioni che interessavano la vita della nazione risorta, le attitudini politiche di lui si rivelarono, si rinvigorirono, diventarono preponderanti. Poco più che trentenne, egli riceveva il mandato parlamentare dalla sua Savona, e subito affermava nella Camera dei deputati la sua versatile e forte personalità; ma, sopravvenuto il dominio della Sinistra, dovettero passare parecchi anni prima ch'egli potesse sperimentarsi in un'azione di governo.
Chi pensò ad avvalersi di lui per questa fu Francesco Crispi, che gli affidò il Ministero della pubblica istruzione, al quale il Boselli portava una mirabile preparazione di cultura, pari alla costruttiva consapevolezza dei fini nazionali della scuola. Con l'opera esplicata reggendo più volte e lungamente quel dicastero, egli mirò sopra tutto a promuovere l'indirizzo italiano dell'istruzione. Riformò l'insegnamento primario ammodernandone, in misura per allora notevolissima, metodi e programmi didattici; difese strenuamente il contenuto umanistico e formativo della scuola media, salvando l'insegnamento del greco dalla minacciata soppressione; restituì importanza fondamentale alla Cattedra di filosofia del diritto nelle Facoltà di giurisprudenza, per rafforzare nelle menti delle giovani generazioni il concetto dello Stato; ravvivò ed estese le funzioni dei Convitti nazionali; resuscitò per nuovi intenti di espansione l'Istituto orientale di Napoli; diede incremento larghissimo agli scavi, al ripristino degli antichi monumenti, alle raccolte archeologiche, storiche e artistiche, istituendo, fra l'altro, in Roma i Musei di Villa Giulia, delle Terme Diocleziane, del risorgimento: risultati, per quel tempo, incomparabili e davvero indimenticabili. Chiamato al Ministero delle finanze nel 1894, cooperò fermamente alla provvida restaurazione finanziaria che fu una delle maggiori benemerenze del Gabinetto Crispi-Sonnino.
La politica militante, peraltro, non distrasse mai Paolo Boselli dall'amore degli studi, che via via egli sempre più rivolse alla storia, e particolarmente a quella del periodo glorioso, del quale egli aveva veduto e vissuto l'ultima fase: a quella, cioè, del nostro Riscatto nazionale. Questa sua predilezione di studioso e la serena equità della sua indole gli conferirono, negli anni più tempestosi delle lotte dei partiti parlamentari prima della guerra, una posizione speciale: egli non era un estraneo indifferente; era un uomo di superiore spiritualità che non poteva gettarsi nello sterile contrasto delle fazioni: altro da lui attendeva la nazione. E ciò che questa attendeva, egli le diede: ossia, nel momento della prova più dura, lo sforzo della concordia degli italiani per la guerra. Solamente attorno al nome da tutti amato e rispettato di Paolo Boselli era possibile che tacessero dissensi, si spegnessero rancori, si sacrificassero scopi partigiani e personali per raggiungere l'unico supremo obiettivo che egli solo, allora, era degno e capace di indicare e quasi impersonare: la vittoria della patria. Nulla egli cercava per sé. Più che l'età già tarda, la natura morale faceva di lui il mallevadore disinteressato e legittimo del dovere di tutti e di ciascuno. Non v'è dubbio che l'avvento di Paolo Boselli al potere, col prestigio e col fervore che erano la sua forza, impedì la rivincita sperata dai sediziosi i quali avevano subito la guerra senza accettarne gli obblighi di disciplina e di sacrifizio. Non giova ricordare come e perché alla gravissima impresa, assunta dal vecchio Statista con così magnanima e chiaroveggente volontà, gli venisse meno, più che l'energia sua, il concorso efficace degli altri. Ma certo è che, il giorno in cui depose la direzione del Governo della nazione in guerra, egli lasciò un esempio a cui ognuno poteva e doveva inspirarsi: quello di una illimitata, cosciente fiducia nelle virtù patriottiche e militari del popolo italiano.
Venuto a far parte di questa Assemblea dopo la vittoria, Paolo Boselli fu giustamente considerato qui l'interprete più e poderoso delle idealità e degli interessi della patria nelle giornate solenni della vita nazionale. Com'era stato, nell'altro ramo del Parlamento, alla vigilia della dichiarazione di guerra, relatore della legge per il conferimento dei pieni poteri al Governo del Re, eguagliando con la parola appassionatamente presaga la grandezza storica dell'evento, egli toccò in quest’Aula i vertici dell'eloquenza quando rievocò il cinquantenario della prima seduta del Senato in Roma, quando illustrò le ragioni dei monumenti da erigersi a Battisti e a Sauro, quando ricordò le indelebili glorie e gli imperscrittibili diritti dell'italianità in Adriatico; ma sovra tutto, in una congiuntura di cui resterà perenne il ricordo nelle generazioni avvenire, allorché, celebrandosi l'avvenimento più significativo della storia contemporanea d'Italia e forse non d'Italia soltanto, egli partecipò con la sua memoranda relazione e con un meraviglioso discorso alla discussione dei Patti Lateranensi. Egli, ultimo superstite della Camera che aveva approvato in Firenze la legge delle guarentigie, esaltò l'inestimabile bene della pace religiosa, conquistata agli italiani dalla saggezza del duce, nel nuovo clima etico e politico del fascismo. Fu, quello, il luminoso coronamento della sua lunga carriera parlamentare; fu, sopra tutto, il compimento felice delle sue antiche aspirazioni di patriota e di credente. E il nome onorando di lui restò, ancora una volta, legato ai fasti della nazione.
Tutta l'opera di Paolo Boselli è segnata dal suggello di una fedele continuità di sentimenti e di propositi; e gli aspetti svariatissimi dell'opera stessa si accordano, anzi si compenetrano fra loro. Basta ricordare con quale animatore entusiasmo egli proseguisse, come Capo del Ministero nazionale, i fini della ”Dante Alighieri” e, come, all'indomani della sua uscita dal Governo, riprendesse senza soste la sua multiforme, coraggiosa e, insieme, prodente azione di presidente del grande Sodalizio. Paolo Boselli meriterebbe che fosse profondamente lumeggiata nella sua ampiezza e nei suoi frutti copiosissimi l'attività data per centocinque anni, dal 1907 a ieri, alla ”Dante”. Basti dire che quando gli irredenti e gli emigrati erano oggetto di sordo oblio, ovvero argomento di sterili speculazioni settarie, egli fu davvero il padre amoroso, sollecito, preveggente, fidente di tutti gli italiani d'oltre confine, colui che li incuorò a resistere, a difendere col tesoro della favella lo spirito della comune famiglia, ad aspettare che l'Italia diventasse quale egli ed essi l'avevano sognata, atta a combattere, a vincere, ad essere un elemento vivo e operante nel mondo, a rigenerare la propria anima e la propria vita.
Per ciò egli intese i fermenti nuovi della giovinezza tornata dalle trincee col compito di un'altra più ardua e dolorosa lotta liberatrice; perciò egli ne raccolse l'appello e le diede il suo consenso e il suo incoraggiamento, che erano il crisma stesso delle generazioni del risorgimento, delle quali egli rappresentava il retaggio. In questa certezza dell'avvenire assegnato alla patria egli ha chiuso serenamente la sua longeva intemerata esistenza, sintesi perfetta di tutto un ciclo immensamente ricco di avvenimento e di trasformazioni, avendo veduto gli inizii asperrimi, le alterne fortune, i sanguinosi cimenti, e infine l'ascensione faticosa ma inarrestabile dell'Italia nuova e questa certezza dell'avvenire era, in lui, religiosa. Pare ancora di udire la voce di lui alzarsi nella commovente perorazione del suo discorso al Senato, sui Patti Lateranensi: “Noi in Dio fidiamo, e fidiamo che Iddio ci porterà per quelle vie che il duce rinnovatore ha nel pensiero profeticamente potente ed operante; per quelle vie per le quali il Fascio Littorio tempra la nuova Italia, forte nella pace del lavoro, tutta unita nelle idealità che innalzano al Cielo e compiono le prodigiose gesta che salvano e glorificano le Nazioni”.
Il vaticinio del grande Vegliardo, si adempirà, se sapremo comprendere tutti che esso contiene anche un ammonimento a servire, come egli bene servì, con cuore puro e sincero, la patria.
MUSSOLINI, capo del Governo. Onorevoli senatori, il Presidente della vostra Assemblea vi ha testé, con alta, commossa parola, rievocato la vita ed esaltato lo spirito e le opere di Paolo Boselli.
Voi avete rivissuto non soltanto le vicende di una esistenza mortale ma la storia interessante, movimentata, in sommo grado drammatica, di un secolo intero: il secolo del risorgimento.
Paolo Boselli era nella sua prima adolescenza quando nel 1848, uno degli anni fatidici del secolo scorso, tutte le ardenti speranze del popolo italiano si dischiusero da un capo all'altro della penisola e per quanto le idee non fossero chiare, tra il federalismo e il neoguelfismo del Gioberti, il costituzionalismo del Montanelli, il federalismo regionale del Ferrari e il ferreo inesorabile unitarismo di Giuseppe Mazzini, pur tuttavia tra il cozzare delle dottrine, delle tradizioni e dei temperamenti individuali, un sogno, un proposito comune affratellava gli animi: l'indipendenza e l'unità della patria.
Non importa se l'anno successivo vide scendere le ceneri amare della delusione nelle schiere dei pionieri superstiti, ma 6 anni dopo in Crimea, 4 anni dopo S. Martino, l'idea della unità e della indipendenza dell'Italia venne riconsacrata dal sangue di una guerra e sollevata dall'orgoglio della vittoria.
Questi gli eventi memorabili ai quali assistè nella sua prima giovinezza studiosa e pensosa Paolo Boselli. Il tempo delle cospirazioni era passato.
Il Regno d'Italia era nato, mutilato nel 1861 di Roma e di Venezia, di Trieste e di Trento, ma le generazioni future avrebbero completata l'opera e portata l'Italia alle sue giuste frontiere inviolabili.
Un uomo cui il destino concede di essere contemporaneo di tali avvenimenti non può avere nel cuore che una religione, quella della patria; che un culto, quello degli eroi e dei martiri del risorgimento; che un desiderio, quello di vedere la patria finalmente indipendente ed unita avviarsi a conquistare nuova potenza e nuova gloria.
Il Presidente della vostra Assemblea vi ha parlato di Paolo Boselli, scrittore, giornalista, uomo di governo; vi ha parlato della sua complessa multiforme attività politica e pubblicistica e dei grandi servigi da lui resi alla nazione nei molti e grandi uffici ricoperti. Politicamente egli non appartenne a un definito settore. La vecchia Destra lo aveva iniziato alla politica con Quintino Sella, ma successivamente non rifiutò la sua collaborazione a Francesco Crispi, uomo di sinistra nella terminologia parlamentare più che nei fatti e nella sua intima convinzione.
Nel 1915 Paolo Boselli fu in linea, anzi in prima linea, nel rispondere all'imperioso richiamo della patria; fu decisamente per l'intervento contro ogni compromesso ed ogni transazione; anche egli sentì che bisognava osare. Gli si chiese nel 1916 di assumere il Governo; quantunque al crepuscolo della vita, non rifiutò di compiere il suo dovere. Durante due anni particolarmente difficili fu un animatore. Lasciato il potere non disperò mai della vittoria. Dopo il 1918 - aveva ormai 80 anni - aveva diritto di sostare. Non volle; fu con noi apertamente, completamente, senza restrizioni mentali o pentimenti nel 1922 e dopo. Militò spiritualmente tra le Camice Nere e, come i suoi concittadini savonesi ricordano, ne fu fierissimo.
In questo primo decennio del Regime io ebbi sovente occasione di incontrarlo e di intrattenermi con lui su piccole e grandi questioni.
Era già sfinito nel corpo, ma fervido sempre nello spirito. Il Museo del risorgimento all'Altare della patria e lo sviluppo della ”Dante” furono le sue ultime preoccupazioni costanti.
Il Governo si associa al rimpianto dell'Assemblea e al cordoglio del popolo italiano.
PRESIDENTE. Propongo che la seduta sia tolta in segno di lutto. Chi approva è pregato di alzarsi.
La proposta è approvata.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 11 marzo 1932.
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Note: | Secondo altra fonte il nome della moglie risulta essere: "Cambieri".
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Attività |
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