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Senato della Repubblica
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BARRACCO Giovanni

  







   Indice dell'Attività Parlamentare   


.:: Dati anagrafici ::.

Data di nascita:04/28/1829
Luogo di nascita:ISOLA DI CAPO RIZZUTO (Catanzaro) - oggi (Crotone)
Data del decesso:14/01/1914
Luogo di decesso:ROMA
Padre:Luigi
Madre:LUCIFERO Maria Chiara
Nobile al momento della nomina:Si
Nobile ereditarioSi
Titoli nobiliariBarone
Coniuge:Celibe
Fratelli:Francesco
Maurizio
Alfonso, senatore (vedi scheda)
Stanislao
Roberto, senatore (vedi scheda)
Guglielmo
Maria, che sposò il marchese Giuseppe LUCIFERO
Teresina, che sposò il conte Michele RUFFO
Emanuela, che sposò il duca Enrico D'AQUINO
Carolina, che sposò il conte Vincenzo PIGNATELLI
Eleonora, che sposò il marchese Cesare PALLAVICINI
Titoli di studio:Laurea "ad honorem"
Presso:Università di Halle
Professione:Possidente
Cariche amministrative:Consigliere comunale di Napoli (ottobre 1860)
Cariche e titoli: Membro della Commissione per il conferimento di titolo di Re d'Italia a Vittorio Emanuele II (1861)
Cofondatore del Club alpino italiano CAI (12 agosto 1863)
Fondatore del Museo di scultura antica "Giovanni Barracco" di Roma (1902)
Socio onorario della Società operaia di mutuo soccorso di Catanzaro (1883)
Socio dell'Accademia di S. Luca di Roma (1897)

.:: Nomina a senatore ::.

Proponente:Depretis Agostino
Nomina:06/07/1886
Categoria:03 I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio
Relatore:Francesco Ghiglieri
Convalida:14/06/1886
Giuramento:10/06/1886
Annotazioni:Giuramento prestato prima della convalida, in seduta reale d'inaugurazione di sessione parlamentare
.:: Onorificenze ::.

Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 31 dicembre 1863
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 6 giugno 1875
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 6 giugno 1892
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 29 dicembre 1904
Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 6 aprile 1911
Grande ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia 8 gennaio 1900

.:: Camera dei deputati ::.

Legislatura
Collegio
Data elezione
Gruppo
Annotazioni
VIII
Crotone
27-1-1861*
Destra
Eletto anche nel collegio di Spezzano Grande, optò per il collegio di Crotone il 14 marzo 1861. Ballottaggio il 3 febbraio 1861
IX
Crotone
22-10-1865
Destra
X
Santa Maria Capua Vetere
5-5-1867
Destra
Elezione in corso di legislatura
XI
Santa Maria Capua Vetere
20-11-1870
Destra
XII
Crotone
8-11-1874
Destra
XIV
Crotone
28-7-1880
Destra
Elezione in corso di legislatura
XV
Catanzaro I
29-10-1882
Destra
Cariche:Questore (28 maggio 1863-7 settembre 1865) (11 dicembre 1865-13 febbraio 1867) (20 novembre 1873- 20 settembre 1874) Vicepresidente (26 novembre 1874-21 febbraio 1876)


.:: Senato del Regno ::.

Cariche:Questore (17 novembre 1887-3 agosto 1890, 11 dicembre 1890-27 settembre 1892, 24 novembre 1892-13 gennaio 1895, 11 giugno 1895-2 marzo 1897, 6 aprile 1897-17 maggio 1900, 18 giugno 1900-18 ottobre 1904, 3-6 dicembre 1904. Dimissionario)
Commissioni:Membro della Commissione per l'esame dei disegni di legge "Provvedimenti a favore della Calabria e conversione in legge dei regi decreti 11, 15 e 22 febbraio 1906, nn. 69, 70 e 71, concernenti la sospensione della riscossione della prima rata delle due imposte fondiarie nei comuni della Calabria danneggiati dal terremoto, e la inclusione di nuovi comuni nell'elenco dei danneggiati" (24 aprile 1906),
Membro della Commissione per l'esame dei provvedimenti per le province meridionale (30 giugno 1906)
Membro della Commissione per l'esame del disegno di legge "Provvedimenti a sollievo dei danneggiati dal terremoto del 28 dicembre 1908" (11 gennaio 1909),
Membro della Commissione per l'esame del disegno di legge di conversione del Regio decreto 5 novembre 1911, n. 1247, per la sovranità d'Italia sulla Tripolitania e sulla Cirenaica (24 febbraio 1912)
Membro della Commissione per l'esame del disegno di legge "Approvazione del Trattato di Losanna" (10 dicembre 1912)

.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.

Atti Parlamentari - Commemorazione
    Giuseppe Manfredi, Presidente

    Onorevoli colleghi! [...]
    Anche Giovanni Barracco è passato fra i più il 15 di gennaio: e con lui è mancato uno dei superstiti della gloriosa giornata parlamentare del 1861; con lui è scomparsa una delle figure solenni del celebratone cinquantenario. (Bene).
    Nato in Isola Capo Rizzuto presso Cotrone il 20 aprile 1829, dal barone Luigi, che fu dei pari del Regno delle Due Sicilie nel 1848; fratello di Stanislao deputato di Catanzaro alla Camera napoletana in quell'ingannevole baleno costituzionale, poi carcerato nella reazione borbonica; il barone Giovanni, ricevuta l'istruzione domestica, lettere e filosofia compì in Napoli, ove lo trovò il 1860 fra la gioventù più colta e fiorente. Nel sollevamento, cui la famiglia Barracco contribuì in Calabria, egli in Napoli, appena trentenne, fu del municipio dal Garibaldi rinnovato; nutrito come egli era dell'amor patrio e del calore di libertà, proprio di sua casa. Candidato ben tosto alle elezioni politiche, se lo disputarono i collegi di Cotrone e di Spezzano Grande per l'VIII legislatura; ed eletto in ambi, optò per Cotrone. Il mandato gli fu confermato da Cotrone per le legislature IX, XII e XIV. Per la X e XI fu deputato del collegio di Santa Maria Capua Vetere, e per la XV a scrutinio di lista eletto fra i rappresentanti del primo collegio di Catanzaro. Qual nome alla Camera acquistasse, dicono la questura e la vicepresidenza, cui fu eletto, le commissioni, nelle quali fu compreso; la memoranda per la legge del 1861, che diede a Vittorio Emanuele II il titolo di Re d'Italia. Uno dei due questori fu nel tempo delle legislature VIII, IX ed XI; uno dei quattro Vice Presidenti durante la XII. Appartenne per molti anni, dal 1863, alla Giunta del bilancio. Stimato da ogni parte della Camera, godè l'amicizia dei principali uomini politici di parte sua.
    L'assiduità e l'attività alla Camera non lo distolse dalla cultura letteraria. In possesso dei nostri classici, fu anche famigliare ai latini ed ai greci. Amatore delle belle arti, archeologo e numismatico, con passione alle collezioni delle antichità, si rese insigne componendo e piantando il suo Museo di scoltura antica, donato con munificenza regale al municipio di Roma, che gli votò pergamena di benemerenza e la cittadinanza onoraria. Il catalogo, onde lo arricchì, fu preceduto da quello dedicato a Sua Maestà la Regina Margherita nelle sue nozze d'argento, pubblicato in Monaco di Baviera nel 1893 da Federico Bruckmann. Vi collaborò il nostro Barracco con l'Helbig, meritando il diploma di dottore honoris causa dalla Facoltà di filosofia ed arti liberali di Halle. L'abituato alle sale aristocratiche, percorse pure campi e boschi, raccogliendo cognizioni agricole e forestali; e salì ancora il Parnaso; fra le sue cose pubblicate trovandosi Regalia, rime alla Regina Margherita dedicate.
    Giovanni Barracco, nominato senatore il 7 giugno 1886, recò tanto decoro a questo consesso, quanto ne aveva dato all'altro; anche qui assiduo ed operoso. Il suo nome si pose dove più si richiedeva autorità; e ricordiamo come si piacque di essere compreso nella Commissione per l'indirizzo al Re nel cinquantenario. Fu questore zelantissimo dalla XVI legislatura alla XXII, diciassette anni di seguito; e di lui ci parlano parte dei ristauri e degli adornamenti di questo palazzo, che illustrò con una sua pubblicazione.
    Ne' suoi discorsi, in maggior numero all'altra Camera, si gustò la proprietà della forma e la vivacità delle immagini. Raramente parlò in Senato, ma opportuno ed efficace. Un suo discorso memorando fu quello, che commosse il Senato nella discussione del 21 giugno 1906 sul disegno di legge per i provvedimenti a favore delle Calabrie. Egli, che era della Commissione speciale, così chiuse il suo dire: “Alla mia età non ispero di vedere la nuova felicità dei tempi, che questa legge promette al mio paese, ma non importa: vi sono le giovani generazioni, che ne godranno, e forse anche sotterra le mie reliquie si commoveranno di gioia”. Questa gioia, reliquie sante, attendetevi. (Bene).
    Nel Dizionario illustrato ”Il risorgimento italiano” scrisse come viveva Giovanni Barracco il nostro De Cesare con tal penna qual meritava il nome. “Vive - son le parole del chiaro biografo - con la coscienza sicura di aver fatto tutto quel bene che poteva, e di aver dato al proprio nome ad opere, che forse non morranno, ed è legittimamente orgoglioso di aver serbato fede a principii ed amicizie, e inteso i doveri della ricchezza nei tempi moderni”. Questo ritratto di vita può formar oggi l'epitaffio sulla lagrimata tomba dell'uomo esimio. (Vive approvazioni). [...]
    DE CESARE. Domando di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    DE CESARE. Legato a Giovanni Barracco da circa quarant'anni di amicizia costante e concorde, io sento il dovere di ricordarlo qui, benché, dopo il nobile ed alto discorso del nostro illustre Presidente, quasi se ne possa far di meno, perché egli ha compendiato felicemente tutta la vita ricca di grandezze morali, quale fu quella del nostro collega.
    Giovanni Barracco fu di fatti una di quelle nature privilegiate, che lasciano segni durevoli del loro passaggio nel mondo. Pochi uomini sentirono con maggior larghezza i doveri del ricco censo, onde egli scrisse nella storia della cultura umana una pagina, che non lo farà dimenticare. Il museo da lui fondato, dove le grandi arti scultorie dell'antichità sono rappresentate da veri tesori, fu da lui donato alla città di Roma, con munificenza di grande mecenate del Rinascimento; e per un singolare senso di modestia non volle che, lui vivo, il museo portasse il suo nome.
    Deputato fin dal 1861, Giovanni Barracco era uno dei quattro superstiti della prima Camera italiana, dove prese parte ai lavori parlamentari con discorsi ancora ricordati sopra varii e geniali argomenti. Vivace e ornata parola, coerenza di principii, nobiltà e forza di carattere aborrente dalle volgari ed astiose lotte di partiti, fecero di lui uno dei deputati di maggiore considerazione (Approvazioni). Travolto dalla bufera elettorale del 1876, tornò alla Camera nel 1880 e vi stette fino al 1886, nel quale anno entrò in Senato.
    Qui tutto parla di lui. I varii e intelligenti restauri del palazzo e della medievale e caratteristica torre dei Crescenzi; la seconda sala della biblioteca e quella che precede l'Aula delle discussioni, dedicata alla memoria del Re Umberto; la Rotonda, che porta il nome dell'illustre collega Monteverde, sono tutte opere compiute negli anni che egli fu questore, ed hanno impressa l'orma indelebile della nuova Italia, su questo insieme di edifici varii di tempo e di stile, che oggi si comprendono sotto il nome di palazzo del Senato. (Bene).
    A lui va dovuto un ricordo perenne in queste sale: onore tributato ad altri valentuomini, che lasciarono gloriose orme nella politica, nelle lettere e nelle armi: e se fosse consentito, io proporrei che un busto di Giovanni Barracco sia collocato fin da ora nella nostra biblioteca; ma confido che al compimento di un anno dalla di lui morte, il Senato renderà questo omaggio alla memoria dell'insigne e caro collega, (Vive approvazioni).
    E un altro augurio voglio esprimere, ed è che il grande monumento a Dante in Roma sorga, come Giovanni Barracco vagheggiava con geniale visione, sulla vetta di Monte Mario: Dante che mostra a Virgilio la mole storica, innalzata dalla nuova Italia al principe, che attuò il vaticinio del Veltro dei ghibellini, e fu dopo sei secoli salute di quest'umile Italia. (Benissimo).
    Giovanni Barracco, forte alpinista con Quintino Sella, archeologo e numismatico dei più stimati, artista di gran gusto e valore, fu anche scrittore di versi, in forma altamente signorile e con reminiscenze classiche e dantesche, le quali rivelano la sua familiarità coi poeti greci e latini, singolarmente con Omero ed Eschilo, con Orazio e Virgilio, e quell'amore di Dante, onde, dotato egli di una memoria portentosa, sapeva a mente quasi tutta la Divina Commedia.
    Era un vero signore anche nel poetare: alto il pensiero, calda l'ispirazione e sempre squisita la fattura del verso.
    Una parola di conforto vada al nostro ottimo collega Roberto Barracco, superstite dei sette fratelli, e nelle cui braccia Giovanni morì; ed al Comune di Isola Capo Rizzuto, culla della loro famiglia; e desidero che sia dal Senato espresso al municipio di Roma l'augurio, che al Museo Barracco sia apposto sul frontone il nome di lui, doveroso e commovente omaggio verso un uomo, che nella lunga vita compì tutto il proprio dovere, con una grandezza morale non mai smentita, né uguagliata, e che amò Roma di un affetto che non ebbe confine. (Bravo! Vivissime e generali approvazioni).
    SANTINI. Domando di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    SANTINI. Del non mai abbastanza rimpianto, senatore Giovanni Barracco disse il nostro illustre ed amato Presidente così altamente come egli solo con castigata forma ed efficacia di concetto, sa dire; cosicché io potrei anche tacermi, associandomi alle belle parole sue e dell'onorevole senatore De Cesare. Se nonchè nel riandare con mesto pensiero il filiale italico amore, onde Giovanni Barracco proseguì l'Alma Mater Roma, intenso amore, che munifico esplicò, come fu rammentato dal nostro illustre Presidente, nel dotarla di un insigne museo archeologico, museo improntato a quel fine e squisito senso d'arte onde s'adorna anche il Palazzo Madama, cosicché il municipio di Roma volle attestargli la sua riconoscenza, nominandolo cittadino onorario ed assegnandogli la grande medaglia d'oro di benemerenza, credo soddisfare ad un dovere di riconoscenza dei miei concittadini nell'inviare a nome di Roma e de' miei colleghi in Senato, se a me ne danno licenza e me ne consentono l'onore, un grato saluto alla memoria benedetta del lacrimato collega. (Benissimo}.
    CEFALY. Domando di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    CEFALY. Giovanni Barracco fu davvero una splendida figura di perfetto gentiluomo, di letterato e di patriota illuminato e della vigilia.
    Il nostro illustre Presidente e gli onorevoli De Cesare e Santini hanno parlato di lui e tracciato i principali atti della sua vita, per la qual cosa anch'io - come ha detto l'onorevole Santini - potrei associarmi alle loro commemorazioni e tacermi.
    Ma mi consenta il Senato di ricordare solamente e brevemente un episodio, per chiarire meglio uno dei meriti del defunto, rilevato dal nostro Presidente e dall'onorevole De Cesare. Un giorno, discorrendo col conte Emanuele Borromeo, che era senatore del Regno da sei o sette anni, gli espressi il mio desiderio che egli potesse essere utilizzato in Senato nelle buone qualità, che aveva dimostrato di possedere nell'altro ramo del Parlamento, esercitando le funzioni di questore. Egli mi rispose: “No, no, non potrei accettare la carica di questore del Senato, perché Giovanni Barracco ha rialzato talmente questo ufficio, da pretendere che un questore faccia miracoli; e questi miracoli solo Giovanni Barracco sa e può farli”. E difatti Giovanni Barracco era capace di sacrificare le villeggiature estive per venire qui ed accudire ai bisogni del Senato; lavorava di giorno e poi la notte studiava gli immegliamenti e le economie che si dovevano fare. Ed è così che poté dotare di tante opere d'arte questo edificio e fra esse quelle mentovate: la Rotonda di Monteverde, la Sala Umberto, il Portico cinquecentesco dell'antica buvette, il cortile centrale pavimentato di marmi finissimi, ecc. Ma badino bene i signori senatori: tutti questi immegliamenti e queste trasformazioni, che costituivano la parte miracolosa accennata dal conte Borromeo, egli poté eseguirli quando il nostro bilancio aveva la dotazione che si aggirava intorno alle quattrocentomila lire; e di queste quattrocentomila lire egli trovava margine ad accantonarne quarantamila per costituire il fondo di opere straordinarie.
    E morendo, l'ultimo suo pensiero fu pel Senato, ed incaricò il fratello Roberto di portarci il suo affettuoso saluto, incarico che Roberto Barracco adempì subito, scrivendo una nobilissima lettera al nostro Presidente, così bella e commovente, che l'onorevole Floriano Del Zio - anch'egli ora defunto e che oggi stesso dobbiamo commemorare - volle copiarsi e se la copiò, piangendo a calde lagrime.
    Giovanni Barracco visse, come hanno detto i preopinanti, una vita lunga ed intensa di ricco patrizio grandemente benefico, di studioso ed artista squisito e di uomo politico fra i maggiori per ben cinquantaquattro anni. Tutti coloro, che lo conobbero, lo ebbero in alto concetto ed ebbero per lui tenaci affetti. Ma particolarmente egli era adorato tra i suoi concittadini, in Calabria, ove le grandi tradizioni della famiglia Barracco e le virtù cospicue dell'illustre estinto intorno al nome di Giovanni Barracco avevano formato un vero culto.
    A nome di questi cittadini, che tanto lo amavano e per incarico degli onorevoli Chimirri e Mele, a nome di tutti i senatori calabresi, mando un mesto e reverente saluto alla memoria di Giovanni Barracco. (Vivissime approvazioni).
    FILOMUSI GUELFI. Domando di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    FILOMUSI GUELFI. Dopo i discorsi del nostro illustre Presidente e degli onorevoli senatori De Cesare, Santini e Cefaly, io non avrei altro a dire, se non avessi a ricordare qualche notizia non molto comune che si attiene agli studi giovanili di Giovanni Barracco in Napoli.
    Come è stato detto, e come mi fu confermato anche dalla viva voce di Giovanni Barracco, egli fu discepolo in Napoli di Ottavio Colecchi, filosofo abruzzese, nato in Pescocostanzo. Il Colecchi, domenicano, poscia secolarizzato, fu professore di liceo in Aquila e poi chiamato in Russia dallo Czar, fu istitutore dei figli dell'Imperatore e professore all'Università di Pietroburgo. Ma la vita di Pietroburgo non poteva essere conforme ai suoi principii liberali, e un bel giorno si vide licenziato con molte cortesie e ricchi donativi. Egli tornò allora in Napoli, ed aprì uno studio privato di filosofia. Allora in Napoli si introduceva la filosofia kantiana e fu egli uno dei kantisti, dei seguaci, combattendo anche l'heghelismo. Nelle sue opere il Colecchi esaltava il concetto del dovere, e tale idea del dovere altissimo ispirava ai suoi discepoli, tra cui il Barracco. Come hanno già ricordato gli illustri senatori che mi hanno preceduto, la vita di Giovanni Barracco fu l'adempimento del proprio dovere: come ricco proprietario, come amministratore, ed anche come deputato prima e poi come senatore: tutto per lui era dovere.
    Morto Ottavio Colecchi a Napoli, il Barracco ne accompagnò dolente la salma, e perché una domestica del Colecchi aveva un manoscritto del maestro, il Barracco lo comprò, e ne fece dono all'Archivio di Napoli.
    Non ricordo ora altre benemerenze di Giovanni Barracco alle quali già accennarono gli oratori che mi hanno preceduto. Egli era innamorato delle bellezze artistiche del nostro paese, di Roma, di tutta l'Italia. Ricordo che egli provocò la discussione sul palazzo Farnese e propose in tale occasione un ordine del giorno, che fu firmato anche da altri senatori. Egli richiese anche la mia firma, che volentieri apposi, e per suo invito io partecipai alla discussione, occupandomi della questione sotto il punto di vista giuridico, pronunciando un discorso nella seduta del 24 giugno 1911.
    L'onorevole De Cesare ha ricordata la illustrazione assai sapiente delle aule del Palazzo Madama; io ricorderò solo la bella iscrizione latina che fu dettata da lui, a ricordo dell'infame regicidio.
    Si è detto con ragione che il senatore Barracco fosse un letterato che amava l'eleganza del dire e che riteneva la lingua non dovesse essere barbara, ma italiana; ed egli di questo ha dato prova nelle sue belle relazioni che ha redatto così nell'altro ramo del Parlamento, come in Senato.
    Giovanni Barracco scrisse la relazione sul disegno di legge per la sovranità piena ed intera del Regno d'Italia sulla Tripolitania e sulla Cirenaica, ispirata ad alti sensi patriottici, e ricordando le antiche e più recenti tradizioni italiane per la civiltà africana (24 febbraio 1912).
    Finisco queste mie brevi parole augurando che la memoria del nostro collega viva nei nostri cuori e nel cuore di tutti gli italiani amanti della virtù e dell'arte. (Approvazioni).
    CRUCIANI ALIBRANDI. Domando di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    CRUCIANI ALIBRANDI. Sia consentito a me di aggiungere poche parole, che valgano a far meglio conoscere ed apprezzare le speciali benemerenze del compianto collega senatore Giovanni Barracco, verso la città di Roma. Ne ha detto già abbastanza il mio collega Santini, ma credo che quello che sto per dire non sarà discaro al Senato.
    Egli nel 1902 stabiliva di donare al municipio di Roma la collezione di sculture antiche, da lui messa insieme con lungo studio, con grande amore, e con ingenti spese, e ciò volle, notate bene, perché con quella raccolta si potesse più efficacemente raggiungere il fine che egli si era proposto, quello cioè di colmare una lacuna nella cultura nazionale: volle dunque che rimanesse sempre, come egli l'aveva formata, e non cadesse in mani di privati o andasse dispersa nelle grandi collezioni dello Stato.
    Con questo intendimento volle darle eziandio una degna sede e vi provvide a sue spese affidando al progetto all'ing. Gaetano Kock, per altre opere insigni notissimo, che mirabilmente corrispose all'aspettativa. Dal Comune di Roma, al quale il senatore Barracco chiese soltanto la gratuita concessione dell'area, questa fu subito accordata con riconoscenza e con plauso. II giorno 27 marzo 1905, quando già l'edifìcio era compiuto e vi erano state degnamente collocate le opere d'arte, il Consiglio comunale di Roma, unendosi alla proposta della Giunta, con voto solenne ed unanime, volle che fosse conferita al senatore Giovanni Barracco la cittadinanza romana, e che il nome onorato di lui fosse iscritto nell'Albo Capitolino in attestato dell'universale riconoscenza per il cospicuo dono fatto alla città di Roma della raccolta di antiche sculture, opera meravigliosa di sapiente intelligenza, di gusto squisito e di culto appassionato delle più fulgide glorie dell'arte.
    Ricordo con vivo compiacimento la ventura che a me toccò di consegnare al compianto senatore Giovanni Barracco la pergamena che ricorda la deliberazione del Consiglio comunale, e che egli fece collocare in una sala del museo, perché fosse conosciuta dai visitatori di questo.
    Poteva credersi, signori senatori, che dopo ciò l'azione generosa di Giovanni Barracco avesse raggiunta la sua ultima meta; ma non fu cosi, dappoiché con nobile ardore egli prosegui ad arricchire il museo di altre eccellenti sculture, e volle dotarlo eziandio di non pochi ed assai pregiati volumi che servissero ad illustrarlo.
    Sulla tomba pertanto del nostro venerato collega, del munifico donatore, aleggino ora e sempre il plauso del Senato e l'imperitura gratitudine della cittadinanza romana. (Approvazioni}.
    TOMMASINI. Domando di parlare.
    PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
    TOMMASINI. Non è più consentito profondersi in parole, dopo che tanto affetto è stato già espresso per la memoria del nostro egregio e perduto collega. Esprimo solo un convincimento, ed è che se il Consiglio comunale di Roma, avesse potuto in questi giorni essere convocato, non avrebbe mancato al suo dovere di commemorare degnamente il senatore Barracco, che acclamò concittadino onorario e che lascia alla capitale del Regno un monumento così cospicuo ed eletto della sua cultura, della sua splendidezza e del suo patriottismo. È ben giusto che quel che non poté farsi in Campidoglio, da' romani si faccia ora in quest'Aula.
    Molti potrebbero ricordare episodi che accrescerebbero stima, ammirazione e simpatia verso l'illustre estinto, che fu ad un tempo uomo moderno e tempra vera di carattere antico. Io ne rammenterò un degli ultimi della sua nobile vita.
    Quando si trepidava ancora per le vicende della guerra libica e venne a morte l'ammiraglio Aubry nel momento ch'era per riassumere il comando dell'Armata, fu un dolore e una sorpresa universale. E il cordoglio pubblico si dimostrò nell'accompagno popolare e solenne della sua salma, a cui non volle mancare il nostro giovane Re; a cui sentì di non poter mancare il nostro rimpianto e canuto collega, che dimentico della sua grave età e dell'inferma salute che già l'affliggeva, volle trarsi faticosamente a piedi alla stazione per compiere quel che stimava esser per lui un dovere, un dovere indeclinabile; e lo volle, sebbene le sue forze gli venissero già meno, e i colleghi che lo attorniavano, trepidassero per la sua preziosa esistenza. Presso le Terme diocleziane ebbe a vacillare spossato; ma egli credeva ancora che il sentimento del dovere e l'affetto per la patria potessero tener il luogo della gioventù e della vigoria, e le sue parole in quell'incontro furono improntate a tanta passione patriottica, che chi vi assistette non può dimenticarlo. Mi si permetta pertanto di associarmi alla proposta fatta dall'onorevole De Cesare, perché il busto dell'illustre collega estinto sia collocato tra quelli di cui si onora la nostra biblioteca. (Approvazioni).

    Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 26 febbraio 1914.

Note:Il nome completo risulta essere: "Giovanni Tommaso Carlo".
Partecipò ai moti del 1848. La famiglia finanziò la spedizione dei Mille.
Alpinista, compì ascensioni sul Monte Bianco, sul Monte Rosa, sul Monviso
ebbe un ruolo fondamentale nella costruzione del porto di Crotone.


Attività 0152_Barracco_Giovanni_IndiciAP.pdf