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.:: Dati anagrafici ::. |
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Data di nascita: | 11/25/1829 |
Luogo di nascita: | GENOVA |
Data del decesso: | 13/11/1892 |
Luogo di decesso: | TORINO |
Padre: | VIALE Felice |
Madre: | BERTOLÉ Maria Antonietta |
Nobile al momento della nomina: | No |
Nobile ereditario | No |
Titoli nobiliari | Nobile |
Coniuge: | Celibe |
Fratelli: | Carlo Francesco, padre di Ettore |
Titoli di studio: | Scuola militare |
Scuole militari: | Accademia militare di Torino (29 novembre 1844) |
Professione: | Militare di carriera (Esercito) |
Carriera giovanile / cariche minori: | Sottotenente (Regno di Sardegna) (27 o 29 marzo 1848), Tenente (Regno di Sardegna) (23 dicembre 1848) , Capitano (Regno di Sardegna) (15 marzo 1855), Maggiore (Regno di Sardegna) (1859-1860), Tenente colonnello (1861) |
Carriera: | Colonnello [1862]
Maggiore generale (9 marzo 1866)
Tenente generale (3 maggio 1874) |
Cariche e titoli: | Capo di Gabinetto al Ministero della guerra (1861)
Segretario generale del Ministero della guerra (facente funzioni, 13 giugno 1861-10 aprile 1862)
Aiutante di campo di SM il Re [3 agosto 1867]
Primo aiutante di campo di SM il Re [1872]
Aiutante di campo onorario di SM il Re
Aiutante di campo generale onorario di SM il Re
Comandante del corpo di Stato maggiore ([1874]-1881)
Comandante di corpo d'armata (26 ottobre 1881) |
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.:: Nomina a senatore ::. |
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Nomina: | 06/12/1881 |
Categoria: | 14 | Gli ufficiali generali di terra e di mare. Tuttavia i maggiori generali e i Contrammiragli dovranno avere da cinque anni quel grado in attività |
Relatore: | Gennaro De Filippo |
Convalida: | 30/06/1881 |
Giuramento: | 30/06/1881 |
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.:: Onorificenze ::. |
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Cavaliere dell'Ordine militare di Savoia 16 gennaio 1860
Ufficiale dell'Ordine militare di Savoia 1° giugno 1861
Gran cordone dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 14 dicembre 1869
Gran cordone dell'Ordine della Corona d'Italia
Gran cordone dell'Ordine di Francesco Giuseppe (Austria)
Cavaliere dell'Ordine della Legion d'onore (Francia)
Gran cordone dell'Ordine del Sole e del Leone (Persia)
Gran cordone dell'Ordine di S. Benedetto d'Avis (Portogallo)
Gran cordone dell'Ordine del Mediydié (Impero Ottomano)
Gran cordone dell'Aquila rossa (Prussia)
Gran cordone dell'Aquila bianca (Russia)
Gran cordone dell'Ordine di Carlo III (Spagna)
Gran cordone dell'Ordine del Nicham Iftikar (Tunisia) |
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.:: Servizi bellici ::. |
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Periodo: | 1848-1849 prima guerra d'indipendenza
1855-1856 spedizione in Crimea
1859 seconda guerra d'indipendenza
1866 terza guerra d'indipendenza | |
Arma: | Esercito: fanteria Stato maggiore |
Decorazioni: | Medaglia commemorativa della spedizione in Crimea (Gran Bretagna),; medaglia d'argento al valor militare | |
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.:: Camera dei deputati ::. |
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Legislatura | Collegio | | Data elezione | Gruppo | Annotazioni |
X | Crescentino | | 10-3- 1867* | Centro-destra | Cessazione per nomina a ministro della guerra. Rieletto con ballottaggio il 24 novembre 1867 |
XI | Crescentino | | 20-11- 1870** | Centro-destra | Cessazione per nomina a tenente generale |
XII | Crescentino | | 8-11- 1874 | Centro-destra | |
XIII | Crescentino | | 5-11- 1876*** | Centro-destra | Ballottaggio il 12 novembre 1876 |
XIV | Crescentino | | 16-5- 1880**** | Centro-destra | Annullamento l'8 dicembre 1880 |
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.:: Governo ::. |
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Governo: | Ministro della guerra (27 ottobre 1867-5 gennaio 1868), (5 gennaio 1868-7 maggio 1869), (13 maggio-11 dicembre 1869), (4 aprile 1887-9 marzo 1889), (9 marzo 1889-6 febbraio 1891) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::. |
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente
Signori senatori! Un mesto esordio precedere deve ogni nostro lavoro: la commemorazione dei colleghi che da noi si dipartirono, dacché il Senato si aggiornò.
Funerea, lunga, dolorosa lista!
[...]
Della generazione d'uomini che, entrata la virilità sul sorgere del milleottocentoquarantotto, acquistarono nome nelle guerre e nei pubblici negozi primeggiò il senatore Ettore Bertolè Viale.
Figlio e fratello di soldati cercò anch'esso nelle armi la sua onorata via e vi trovò i gradi supremi, stima e rinomanza maggiori. L'Accademia militare di Torino, vivaio di eletti che vanta fra i suoi qualcuno dei più illustri contemporanei, lo ebbe allievo per acutezza di mente, indole ferma, e volontà tenace, indirizzato alle armi dotte. Ma quando la vampa dell'indipendenza accese ogni ordine ed ogni età, anche quella forte gioventù militare cupida di gloria, ardente di patria, ai benefizi di un più lungo tirocinio i subìti pericoli anteponendo, rotti gli studi, corse precoce alle bandiere. Sottotenente di poco più che diciotto anni, luogotenente a diciannove, combatté nel sedicesimo reggimento di fanteria le due sfortunate campagne dell'indipendenza.
Alla pace, cansando gli oziosi diletti delle guarnigioni e le dissipazioni delle caserme, gli piacque prima e giovò poi rifarsi scolaro, riprendere gli studî, acquistare cultura e qualità di ufficiale di Stato maggiore.
La vigilia della spedizione d'Oriente nominato capitano di quel corpo, fu addetto al comando della seconda brigata provvisoria; allo Stato maggiore della seconda divisione nella guerra del 1859. Fortuna amorevole gli concedette a capo là e qua il Fanti, l'illustre troppo presto rapito all'esercito ed alla patria, che, discoperte nel giovine le doti del provetto ufficiale, lo tenne, più che amico, quasi come figlio; e, ben sapendo come la gioventù ne chiuda in sé le speranze, gli agevolò l'avvenire (Bene). L'esempio e gli insegnamenti del valente, che alla molta dottrina e alla grande esperienza di guerra e di eserciti aggiungeva altrettanta cognizione degli uomini e dei casi d'Italia, svolsero le naturali qualità sue che si manifestarono in tutta la loro luce e bellezza.
Il coraggio, l'occhio avveduto, la sagacia, di che già alla Cernaia aveva fatto prova, alla Sesia, a Confienza, a Magenta, al Redone ebbero a premî la medaglia al valore e la Croce di Savoia.
Segretario generale del comandante la lega dell'Italia centrale, dopo Villafranca, il capitano Bertolè-Viale seguì ed aiutò con opera indefessa il bene amato generale, innalzato all'arduo comando. In poco più di otto mesi, in provincie sprovvedute di organismo, di armi, di suppellettili, senza costume o tradizioni militari, trentamila uomini nell'Emilia, quindicimila in Toscana si scrivono, si ordinano, son pronti ai cimenti. Una scuola militare a Modena, le fortificazioni della Cattolica e di Bologna addottrinano, rinfrancano i difensori, afforzano la difesa; una rigida mano costringe i volontari in salda compagine, ne frena l'impaziente patriottismo: un popolo levato in armi smaga i biechi disegni dei principi fuor banditi. Evento meraviglioso che labile memoria non può sfatare e la storia rinfrescherà a merito di tutti quelli che operarono a quel trionfo del diritto, che fu il primo germe dell'unità nazionale! (Benissimo).
Nell'Emilia il Bertolè, tratto fuori dalla pura cerchia militare, spazia in orizzonte più vasto; là, nelle trepidazioni e nelle speranze, si stringe con uomini d'ogni regione diversi di natura, di tempra e di giudizio: li conosce, si fa conoscere: è iniziato alla vita politica, si fa valere: tutti traggono lieto pronostico del successo che lo attende.
Né l'indugio è lungo!
Del Fanti nel 1860, ministro della guerra, comandante la spedizione delle Marche ed Umbria, capo di Stato maggiore del Re nell'impresa del Mezzogiorno, intimo, fidatissimo collaboratore; non vi ha provvedimento, non concetto di guerra od avvedimento politico del suo capo, non risoluzione, che con sé può trarre o la vittoria o la rovina della grande causa, alla quale non partecipi. Il grado modesto non lo mette per anco in appariscente risalto: all'immane lavoro il patriottismo lo allena: gli ottimi servizi lo fanno in pochi mesi, per merito di guerra, luogotenente colonnello ed ufficiale dell'ordine di Savoia; gli preparano grado più alto, maggiore ufficio con propria iniziativa e responsabilità. Il 13 giugno 1861 è segretario generale del ministro della guerra e colonnello.
Il lungo studio ed il grande amore lo mettono dentro, come altri mai, alla costituzione dell'esercito; nessun particolare, nessun bisogno della milizia gli è ignoto poiché in tutto ebbe mano: fatto singolare che, congiunto alle particolari doti della mente pacata e lucidissima, al dichiararsi la guerra, lo designa nel 1866 per intendente generale dell'esercito, e lo eleva al grado di maggior generale. E quantunque la guerra, sopravvenuta ad una sosta nell'apparecchio militare, traesse seco ampliamento dei quadri ed affrettate provvisioni, egli a tempo prevedendo e provvedendo a tempo, non si patì, per fatto suo, nei viveri o nelle salmerie la diffalta onde gli eserciti più agguerriti balenano e si sgominano.
Ministro della guerra, in due volte, per oltre sei anni a venti d'intervallo, si chiarirono tutte le peculiari attitudini e brillarono le luminose qualità dell'amministratore, del soldato, del parlamentare, del politico. Dell'esercito curò il benessere con altezza d'intelletto, ben conoscendo le molle che ne suscitano, gli abbandoni che ne offendono, ne deprimono lo spirito. Ne aveva assunto ambedue le volte il governo dopo sanguinosi episodii che rammentavano agli immemori doversi i mezzi proporzionare agli intenti, questi mutarsi in disastrose velleità se quelli siano ad essi scarsi: Mentana e Dogali avevano rinnovato il lugubre insegnamento che la storia dà agli sprovveduti, agli illusi. (Approvazioni).
Giunto alla testa della vasta azienda militare con grado ed in età che mai prima furono uguali presso di noi, dissipò le diffidenze, presto smorzò le emulazioni; la squisitezza dei modi, la purezza degli atti, la grandezza dell'animo, gli diedero autorevolezza eccedente il grado e la età. L'esercito sentì scorrere nelle proprie file un alito di giovinezza sana e vivificatrice: non indarno fidò. Da lui, la prima volta, ebbero subito riparo le necessità più urgenti, provvedendo ai quadri ed alle armi; furono da lui tentati i primi passi della riforma che un recente insuccesso imponeva, ma a cui facevano siepe ed ostacolo le abitudini, gl'interessi, i pregiudizî, la finanza. Della seconda sua amministrazione si ricordano l'apparecchio affrettato, ringagliardito, i quadri di alcune armi ampliati, l'occupazione africana guarentita, raffermata, militarmente riordinata.
Il Parlamento ne ammirò sempre la notevole cultura, il porgere pacato, la parola fluente, il discorso piano, ordinato, chiarissimo, il dignitoso sentire. La mente bene equilibrata, lo distolse da smodate esigenze né abusò mai delle trepidazioni o dei sussulti della pubblica opinione; ma quello che gli parve imperiosa necessità della difesa, a nulla postergò: nella sua mente non capiva che l'interesse militare si differenziasse o contraddicesse agli altri della nazione, che l'esercito, da essa descritto, ha per supremo obbietto di difendere e mantenere incolume da ogni iattura. Tanta era in lui la coscienza dell'altissima responsabilità che non rimase o non tornò ministro quando, in sua sentenza, codeste necessità della difesa avrebbero dovuto trasandarsi a cagione dell'inopia dei sussidî.
Tenente generale e comandante il corpo di Stato maggiore nel 1874, un corpo d'Armata nel 1881, esercitò il comando con maniere signorili, ma con fermezza: ebbe la fiducia e la grazia del Re Vittorio Emanuele, di cui fu aiutante di campo.
Mandato alla Camera dei deputati per cinque legislature (X-XIV) dal collegio di Crescentino, di dove era la sua famiglia, uscitone per incompatibilità, veniva ascritto al Senato appena sei mesi dopo, il giugno 1881.
Cavaliere gentile ed aggraziato, impassibile, come in ogni campo, nelle procelle parlamentari, lo sguardo insinuante, la voce carezzevole, l'animo rettissimo erano esca alla quale malgrado le asprissime lotte, neppure gli avversari poterono sottrarsi. (Bene). Uno squisito senso d'equità lo possedeva tutto, si diffondeva dalla composta persona, dal volto atteggiato a benevolenza. Calmo, quasi freddo; più che prudente, circospetto; non mosse passo né proferì mai parola senza misura. Indarno gli si sarebbero chieste frettolose novità, arrischiate risoluzioni; mai l'impeto vinse la riflessione, mai la passione sottomise la ragione: eccelleva in quella che fu detta la maggiore dote politica: la pazienza.
Ridottosi non ha guari a Torino, in cerca della floridezza da oltre un anno perduta, vi moriva di male acuto addì 13 novembre in età di sessantatré anni non ancora compiuti: era nato a Genova.
Questi furono i servizi, i titoli, i meriti; questo fu il fine di Ettore Bertolè-Viale che, per i lunghi anni onde empì del nome e delle opere la milizia e la politica, fu degno di memoria e di encomio appresso di coloro che verranno, che lasciò presso tutti gratissima rimembranza ed in quest'Assemblea profondo rammarico. (Benissimo. Bravo).
Ed a me che egli onorò per oltre trent'anni di un'amicizia sorta in un solenne momento nazionale, cementata in campo, salda ed immacolata in Parlamento, che potei intendere e valutare quanta soavità di affetti, quale generosità di spirito albergassero in lui; a me, cui era serbato lo schianto di tesserne la lode che ognuno di voi tien chiusa nel mesto petto, si consenta di deporre sulla lacrimata tomba il fiore di un'amicizia che non attempò per tempo, che il tempo non avvizzirà! (Vivissimi generali applausi).
F. SPROVIERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
F. SPROVIERI. Permettano, illustri senatori ed illustre Presidente, a me, uno degli ultimi venuti in questo nobile consesso, di porgere un tributo di stima e affetto all’amico estinto, senatore Bertolè-Viale.
Egli da giovinetto incominciò la sua carriera militare, e sarebbe superiore alle mie forze tessere le lodi di tutta la vita dell’amico estinto, specialmente dopo ciò che ci fu detto intorno a lui dall’illustre nostro Presidente.
Io ebbi la fortuna di conoscerlo ai tempi della mia lunga emigrazione a Torino, in casa del grande patriota generale Manfredo Fanti. Il quale rese tanti segnalati servizi alla patria ed all’esercito, per cui gli italiani non dovrebbero mai dimenticarlo, soprattutto quelli che ora vis si riposano felici. Invece di pensare a musei patriottici, ringrazino essi Iddio che hanno una patria, che costò ad altri tanto di fatica, di dolore e di sangue!
Il Bertolè non fu solo un valoroso soldato; ma fu ancora un grande amministratore. La sua opera prestata all’esercito come ministro rimarrà imperitura.
Combatté tutte le patrie battaglie per la grandezza della patria e del Re. Era buono, affettuoso con tutti. Io l’ebbi pure compagno nella Camera dei deputati, ove i suoi dotti discorsi erano ascoltati religiosamente.
Fu sempre coerente a se stesso; in una parola, il generale Bertolè appartiene a quella gloriosa falange di benemeriti che tanto operarono per la patria.
Fu specchio ed esempio di onestà; fu specchio ed esempio di valoroso soldato ed esempio di patriottismo.
Perciò io l’addito ai giovani, lo tolgano ad esempio se desiderano avere una patria rispettata e forte (Bene, bravo). [...]
PELLOUX, ministro della guerra. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
PELLOUX, ministro della guerra. [...]
Un'altra dolorosa perdita, già rammemorata così nobilmente dal nostro Presidente, è quella del generale Bertolè-Viale di cui la carriera brillantissima si manifesta sotto vari aspetti in cui un uomo può rendere servigi al suo paese.
Dopo aver preso parte a tutte le campagne del nostro risorgimento, e giunto, in una età ancora freschissima, ai più alti gradi della milizia, ebbe altresì la ventura di poter affermarsi come valente amministratore nel tempo in cui, a varie riprese, ebbe a dirigere il Ministero della guerra.
Oratore chiaro, elegante, temperatissimo, egli prese parte ognora grandissima ai lavori parlamentari, come deputato e come senatore, concorrendo con la grandissima sua competenza, e con molta equanimità sempre alla miglior soluzione dei più importanti problemi militari.
Nella sua lunga carriera ebbe, in cima di ogni altro pensiero, il concetto di un esercito forte, quale si addiceva alla potenza di un paese come l’Italia.
Durante l’ultima sua amministrazione, preoccupato forse dal pericolo che potessero sorgere complicazioni che avrebbero condotto ad una guerra, egli diede alla difesa dello Stato ed all’armamento dell’esercito una spinta veramente straordinaria.
E degli effetti di questa spinta nessuno più di me è stato in grado di misurare tutta l’importanza, poiché io ebbi a succedergli nel Ministero della guerra. Ma quello che specialmente oggi voglio ricordare si è con quale iniziativa, con quale risoluzione egli, in un momento simile, assunse una grandissima responsabilità per dare al nostro esercito un vantaggio di cui risentiamo adesso e risentiremo ancora le conseguenze per qualche anno, quella cioè di avere di sua propria volontà presa l’iniziativa, prima di qualunque provvedimento che l’autorizzasse, dell’adozione e della provvista della polvere senza fumo.
Quello fu un passo che diede all’esercito un armamento tale da permettergli di poter guardare all’avvenire con fiducia.
Le ultime parole che egli pronunziò come uomo parlamentare furono appunto in quest’Aula, quando egli, mi compiaccio di dirlo, difese il progetto di legge di avanzamento, che fu approvato dal Senato precisamente in principio di quest’anno.
Il generale Bertolé-Viale è altamente benemerito delle nostre istituzioni militari; il paese e l’esercito ne serberanno sempre profonda riconoscenza, come ne rimpiangono vivamente la perdita (Bene, bravo).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 24 novembre 1892.
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Note: | Secondo altra fonte risulta nato il 12 dicembre 1827.
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