Sebastiano Tecchio, Presidente
Signori Senatori.
Anche oggidì mi tocca la mesta cura di annunziarvi che uno dei nostri Colleghi non vive più.
Il conte Carlo Baudi di Vesme, nato a Cuneo il 21 luglio 1809, ha speso gli anni suoi giovanili nello studio delle lingue viventi ed in quello del giure.
Tra poco, si aggiunse alla eletta schiera dei cercatori delle memorie patrie, de’ quali era lieto e ricco il Piemonte nella prima metà del secolo.
Passato appena il quinto lustro di età, e associatosi all'amico suo, Spirito Fossati, pubblicò un libro dottissimo Sulle vicende della proprietà in Italia, dalla caduta dell'Impero fino allo stabilimento dei feudi; onde, insieme al Fossati, vinse il quesito della R. Accademia delle Scienze circa Le condizioni della proprietà in Italia fino al mille.
Nell'anno 1836 vide premiata dall'Istituto di Francia una sua Opera, che ha per titolo: I tributi delle Gallie durante le prime due dinastie.
Nell'anno medesimo fu aggregato alla Deputazione sovra gli studî di storia patria, e l'anno appresso, all' Accademia Reale delle Scienze in Torino.
Diede mano alla traduzione della monografia del Savigny sulle Imposizioni dirette degli imperatori di Roma.
Ha scoperto, decifrato, posto in istampa, alcuni palinsesti del Codice Teodosiano.
Nei Monumenta historia patriae consegnò una corretta edizione degli Edicta regum langobardum.
Di codesti Editti ha formato un volume nel 1855; e li accompagnò di critiche erudite ed argute.
Il suo volume ebbe tosto l'onore della ristampa in Germania; e quivi fu posto a base di ogni altra indagine su quell'argomento.
Frattanto, nel 1850, avea messo in luce le sue Considerazioni sopra la Sardegna; libro di ingegnosi trovati e di profondi consigli.
Rese noti i manoscritti di Arborea, che parvero contenere nuove rivelazioni intorno alle fonti della lingua e della poesia italiana. La autenticità de' manoscritti fu recata in dubbio da una Commissione instituita dall'Accademia delle scienze di Berlino. Ed egli, per chiarire e assodare le sue ragioni, dettava una Storia delle origini della lingua italiana; la quale Storia, divisa in due volumi, tuttavia resta inedita.
Parimenti inedita è la sua Storia d'Italia dall'anno 1796.
Aveva raccolti, e stava per pubblicare nei Monumenta, gli Statuti della Sardegna.
Oltre agli studî e ai lavori sin qui accennati, il conte di Vesme attendeva all'arte e alle pratiche minerarie. Diede fuori uno scritto che ha per titolo: L’industria delle miniere in Sardegna. Negli ultimi anni ebbe l'ufficio di Direttore delle miniere di Monteponi.
Della sua vita politica dico brevemente: che desiderò le libertà costituzionali; fu devoto e grato a Re Carlo Alberto, che le ha largite al Piemonte; devoto a Re Vittorio Emanuele, che le ha distese e guarentite all'Italia.
Nel 1848 fu Deputato al Parlamento Subalpino, e Segretario del Ministro dell'Interno. Dal 2 novembre Senatore del Regno.
Morì in Torino la mattina del 4 di questo mese.
Il suo nome, caro a questa Assemblea, è illustre fra gli uomini delle lettere e della scienza. (Bene, Benissimo!).
Senatore Serra F.M.Domando la parola.
Presidente. Ha la parola.
Senatore Serra F.M.Come antico Collega ed amico, come cittadino della Sardegna, mi associo ben di cuore alle parole pronunciate dall'egregio Signor Presidente
all'indirizzo della onorata memoria del conte Carlo Baudi di Vesme, membro di questa Assemblea. Mi vi associo come antico amico e Collega, perché nessuno più di me
è sincero ammiratore dei di lui meriti come archeologo, come letterato, come storico. Mi vi associo come cittadino Sardo, perché la Sardegna deve moltissimo
al conte Carlo Baudi di Vesme, sia per lo sviluppo che ha preso la industria delle miniere, di cui è tanto ricca quella mia isola natale, sia per il lustro che a quella classica
terra derivò dalle dotte lucubrazioni del Vesme, e più che da altra, da quella colla quale propugnò virilmente e vittoriosamente la invano contrastata autenticità della famosa pergamena di Arborea.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 8 marzo 1877.
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