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.:: Dati anagrafici ::. |
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Data di nascita: | 03/15/1808 |
Luogo di nascita: | LIVORNO |
Data del decesso: | 21/02/1899 |
Luogo di decesso: | FIRENZE |
Padre: | Michelangelo |
Madre: | REGINI Riccarda |
Nobile al momento della nomina: | No |
Nobile ereditario | No |
Titoli nobiliari | Conte, titolo conferito nel 1861
Nobile di Livorno |
Coniuge: | CAPUTI Adele |
Figli: | Giovanni Angelo, che sposò RONDINELLI VITELLI Clementina ed era padre di Riccardo, Maria Adelaide, Pietro
Gioacchino, senatore (vedi scheda)
Enrichetta, che sposò Michelangelo BASTOGI |
Professione: | Banchiere |
Cariche politico - amministrative: | Membro del Consiglio generale (Toscana) (1848)
Membro della Consulta (Toscana) (1859)
Assessore anziano facente funzioni di sindaco di Firenze (17 ottobre 1879-27 gennaio 1880) |
Cariche amministrative: | Consigliere comunale di Firenze
Consigliere provinciale di Firenze |
Cariche e titoli: | Fondatore e presidente della Banca toscana di credito
Membro del Consiglio d'amministrazione del Credito mobiliare
Membro e presidente del Consiglio d'amministrazione della Società italiana per le strade ferrate meridionali (1862)
Presidente della Camera di commercio di Livorno [1857]
Socio ordinario dell'Accademia dei Georgofili di Firenze (28 maggio 1871) |
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.:: Nomina a senatore ::. |
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Proponente: | Prefetto di Firenze | | |
Nomina: | 12/04/1890 |
Categoria: | 03
05 | I deputati dopo tre legislature o sei anni di esercizio
I Ministri segretari di Stato |
Relatore: | Salvatore Majorana Calatabiano |
Convalida: | 13/12/1890 |
Giuramento: | 10/12/1890 |
Annotazioni: | Giuramento prestato prima della convalida, in seduta reale d'inaugurazione di sessione parlamentare |
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.:: Onorificenze ::. |
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Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 8 agosto 1861
Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia |
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.:: Camera dei deputati ::. |
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Legislatura | Collegio | | Data elezione | Gruppo | Annotazioni |
VII | Cascina | | 25-3- 1860* | Destra | Ballottaggio il 29 marzo 1860. Eletto anche nel collegio di Montalcino, optò per il collegio di Cascina il 12 aprile 1860 |
VIII | Vicopisano | | 27-1-1861** | Destra | Ballottaggio il 3 febbraio 1861. Cessazione per nomina a ministro delle finanze. Rieletto il 28 aprile 1861. Dimissioni il 17 luglio 1864
<proposta di eliminare il passaggio centrale in stampa> |
X | Campobasso | | 24-5-1868*** | Destra | Dimissioni il 3 giugno 1868 |
XI | Livorno I | | 20-11-1870**** | Destra | Ballottaggio il 27 novembre 1870. Eletto anche nel collegio di Manfredonia, optò per il collegio di Livorno I il 12 dicembre 1870 |
XII | Livorno I | | 8-11-1874***** | Destra | Ballottaggio il 15 novembre 1874. Dimissionario il 9 marzo 1875. Rieletto il 28 maggio 1876 |
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.:: Governo ::. |
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Governo: | Ministro delle finanze (3 aprile-12 giugno 1861), (12 giugno 1861-3 marzo 1862) |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::. |
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Saracco, Presidente
Signori senatori! Nel volgere di soli 20 giorni, tre colleghi ci furono rapiti da morte: il conte Pietro Bastogi, il marchese Giuseppe Garzoni e l'avv. Luigi Griffini.
Il conte Pietro Bastogi era in punto di raggiungere il novantesimoprimo anno del viver suo, quando morte lo colse, quasi d'improvviso, in mezzo alle cotidiane sue occupazioni, non mai interrotte. Egli era nato in Livorno nel dì 15 marzo 1808, e morì in Firenze nel giorno 21 del passato febbraio.
A dir vero, nella sua qualità di senatore, il conte Bastogi non lasciò larga traccia di sé e dell'opera sua, ma il nome di lui vuole essere ricordato per molti titoli, che lo hanno giustamente collocato fra gli uomini più distinti del suo tempo, ai quali toccò in sorte di rendere distinti servigi alla patria.
Quando il Granducato di Toscana entrò a far parte del Regno d'Italia, Pietro Bastogi non era soltanto conosciuto nel mondo degli affari, ma si sapeva che il banchiere livornese congiurava anch'esso coi patrioti del suo tempo, per la redenzione del suo paese, dalla sudditanza straniera. Difatti giovinetto ancora fu ascritto alla Giovane Italia,e ne fu per alcuni anni il cassiere, per volontà e designazione di Giuseppe Mazzini.
Sopravvenne la rivoluzione del 1859, ed il Bastogi fu chiamato, insieme al Capponi presidente, e ad altri insigni personaggi di quel nobile paese, a prender parte ai lavori della Consulta del Governo della Toscana. Compiuta poscia l'annessione, gli elettori dei collegi di Cascina e di Montalcino lo mandarono contemporaneamente a sedere nei Consigli della nazione redenta, dove rientrò nel 1861 per volontà degli elettori di Vicopisano.
Fu in quel tempo, che il conte di Cavour lo chiamò a far parte del Governo nella qualità di ministro delle finanze; nel quale ufficio fu confermato, e rimase, fino a che il barone Ricasoli tenne la presidenza del Consiglio dei ministri.
Ministro del Re, il Bastogi lasciò buon nome di sé e delle opere lodevolmente compiute. La storia ricorderà particolarmente di lui, che presentò e vinse la legge per l'unificazione del debito pubblico, onde Re Vittorio Emanuele gli conferì il titolo di conte, a segno di ricompensa per alti servizi resi allo Stato. Sgraziatamente, toccò al Bastogi stesso di aprire le pagine di questo libro, riaperto spesse volte di poi, in conseguenza di una legge che autorizzò il ministro delle finanze di alienare tanta rendita, quanta fosse necessaria a far entrare nelle casse dello Stato la somma di 500 milioni! Ma è giustizia soggiungere che il buon nome del ministro conferì anch'esso al felice successo di una operazione, che a quei giorni presentava le sue grandi difficoltà; siccome è anche vero, che condotta a termine l'operazione, il ministro stesso, consapevole dei doveri che si imponevano allo Stato, rivolse immediatamente le cure a creare nuove risorse, per migliorare le condizioni della finanza, talché nella sua esposizione finanziaria di quell'anno esprimeva la fiducia di poter ridurre il disavanzo del bilancio a soli 20 milioni.
Corsero due anni dal giorno in cui il conte Bastogi aveva fatto ritorno al suo banco di deputato - nel qual tempo egli aveva chiesta ed ottenuta dal Parlamento la concessione per la costruzione e l'esercizio di alcune linee ferroviarie passate di poi in proprietà di una Società, che s'impegnava di costruire col nome di Società Italiana per le strade ferrate Meridionali di cui esso Bastogi doveva poi essere il presidente, quando la Camera dei deputati preoccupata da voci che correvano di fatti relativi a questa Società che si volevano imputabili a qualche individuo rivestito della qualità di deputato, ordinò una inchiesta che mettesse in luce, se, e fino a qual punto (cito testualmente, fosse rispettata in quelli la dignità della rappresentanza nazionale. L'inchiesta ebbe luogo difatti, e ne risultò che il Bastogi non fu sempre felice nella scelta di tutti coloro che aveva accettato o scelto come cooperatori all'attuazione del suo progetto: onde la Commissione d'inchiesta propose e la Camera venne nella conclusione "che si avesse a stabilire per legge la incompatibilità della qualità di deputato colle funzioni di amministratore d'imprese sovvenute dallo Stato o con qualunque altra ingerenza che implichi conflitto coll'interesse pubblico". Bei tempi erano davvero quelli, o signori, nei quali la rappresentanza nazionale, si costituiva gelosa custode della pubblica moralità.
Il conte Bastogi rinunziò immantinente alla qualità di deputato, e rientrò nella vita privata, sollecito sovra ogni cosa di tutelare gl'interessi della Società che aveva creato, e che andava prosperando sotto la sua intelligente direzione. Però venuto il 1868, fu ancora eletto dal collegio di Campobasso, ma ricusò di far parte un'altra volta della Camera dei deputati. Ciò non tolse che nel 1870 gli elettori di Manfredonia e di Livorno lo chiamassero nello stesso giorno a rappresentarli in Parlamento, siccome più tardi, cioè nel 1874 e nel 1876, gli stessi elettori di Livorno gli confermarono ripetutamente il mandato. Ma il conte Bastogi non si sentiva più attratto alla vita pubblica, e preferì nel 1875 di rinunciare alla deputazione, affinché Livorno potesse far valere le sue ragioni, di fronte alle Convenzioni ferroviarie nelle quali era particolarmente interessato, che in quei giorni stavano per essere discusse in Parlamento.
Finalmente, il giorno 4 dicembre 1890 fu elevato alla dignità di senatore del Regno.
Tali i punti salienti della vita di Pietro Bastogi, che anche in mezzo agli affari coltivò fin che visse gli studi classici e letterari, che formarono il conforto della sua lunga ed agitata esistenza. Agile di mente, e pronto nello spirito, sapeva essere arguto nel conversare e per eleganza di parola fu a pochi secondo. Possedeva una immensa fortuna, ma fu aborrente dal fasto per istinto proprio, e forse ancora, perché di ingegno acuto qual era, sapeva perfettamente, che nei paesi di democrazia è saviezza saper rinunciare a far pompa delle ricchezze di fresca data, che destano maggiormente l'invidia ed i rancori delle moltitudini.
Checché sia, rimarrà al conte Bastogi il merito singolare, che nessuno gli può onestamente contendere, di avere raccolte in un solo fascio le forze vive della nazione, quando il credito del nuovo Regno era vivamente discusso, nella formazione di un potente organismo, del quale egli stesso tenne la direzione fino all'ultimo giorno del viver suo, con rara operosità e con una abilità veramente superiore. Solamente a quei pochi, o molti, che temono l'invasione e la prepotenza delle grandi associazioni bancarie potrà spiacere questo linguaggio; al Senato no certamente, giacché nel mondo moderno bisogna contare con le grandi associazioni per compiere le opere che onorano maggiormente un paese, e tornano di vantaggio all'universalità dei cittadini.
Sia lecito terminare con un ricordo che torna ad onore del nostro collega. Enrico Mayer lasciò scritto di Pietro Bastogi, che questi concorse col Capponi e con lui per venti sterline ciascuno, perché i manoscritti di Ugo Foscolo non rimanessero in terra straniera, e fossero trasportati a Livorno. Qui il banchiere faceva semplicemente opera di buon cittadino. (Bene). [...]
BORGNINI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
BORGNINI. Alle egregie parole pronunziate dal nostro Presidente all’indirizzo del fu nostro collega Pietro Bastogi, io non potrei aggiungerne alcuna, la quale potesse pretendere un valore uguale. Mi permetterà però il Senato che io ne dica anche una unicamente in omaggio ad una grande dimestichezza e ad una speciale ed affettuosa amicizia della quale il nostro ex collega, mi era stato largo per molto tempo.
Il nostro Presidente ha commemorato il senatore Bastogi con parole splendide nella sua vita pubblica ed il nostro Presidente disse cose vere e disse cose giuste.
Io non credo che siano molti quelli i quali, come il Bastogi abbiano speso una vita più feconda e più utile nell’interesse del nostro paese.
Il senatore Bastogi colla sua intelligenza, colla sua attività ed anche con il suo credito personale era riuscito a dotare di una larga rete di strade ferrate una gran zona vasta, importantissima e ricca dell’Italia meridionale.
Questa rete forse quella zona di territorio l’avrebbe avuta egualmente, ma non l’avrebbe potuta avere che con grandi sacrifici dell’erario pubblico.
Il senatore Bastogi costruendo quelle ferrovie costituiva altresì, e coraggiosamente, una potente associazione industriale, la quale mostrò di saper vivere e di saper prosperare; una associazione la quale da tempo è ai servizi del paese nostro, ma che all’occorrenza, anche abbandonata a se stessa, saprebbe certamente vivere e nuovamente prosperare da se sola.
Ora di questi uomini dotati di capacità superiore, tenaci nei loro propositi, pieni di slancio e di risorse, io credo che il nostro paese avrebbe bisogno di averne molti; imperocché se molti fossero gli uomini come il defunto senatore Bastogi, probabilmente e con maggiore facilità sarebbe risoluta la questione che ci travaglia e ci preoccupa, del risorgimento e della prosperità economica della nostra penisola.
Patriota, letterato, finanziere, industriale, ministro il senatore Bastogi morendo, ha portato con sè la soddisfazione di aver giovato alla sua patria e di avere dell’opera sua lasciato traccie che durano. Soddisfazione grande e soddisfazione invidiabile resa maggiore per lui e i suoi superstiti, dacché oggi il Senato commemorandolo gliene ha fatta testimonianza solenne.
PELLOUX, presidente del Consiglio. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PELLOUX, presidente del Consiglio. A nome del Governo mi associo alle nobili parole di rimpianto che sono state pronunziate dall’egregio nostro Presidente e dagli onorevoli [...] e Borgnini in memoria dei nostri colleghi, che purtroppo in numero di tre abbiamo avuto la sventura di perdere in così breve periodo di tempo.
SPROVIERI. Domando la parola.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare.
SPROVIERI. Prego l’eccellentissima presidenza di voler mandare le nostre condoglianze alle famiglie dei defunti nostri colleghi.
PRESIDENTE. Il senatore Sprovieri propone che il Senato voglia inviare le sue condoglianze alle famiglie degli estinti, che furono testé commemorati.
Chi approva questa proposta è pregato di alzarsi.
(Approvato).
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 17 marzo 1899.
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Note: | Il senatore è ricordato anche per lo sfruttamento delle miniere dell'isola d'Elba.
Il funerale fu celebrato nella chiesa di Santa Croce (Firenze), dove il senatore fu sepolto.
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