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Senato della Repubblica
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PALLAVICINO MOSSI Lodovico

  







   Indice dell'Attività Parlamentare   


.:: Dati anagrafici ::.

Data di nascita:03/10/1803
Luogo di nascita:Parma
Data del decesso:09/07/1879
Luogo di decesso:Torino
Padre:Filippo, marchese
Madre:MAGNANI Dorotea
Nobile al momento della nomina:Si
Nobile ereditarioSi
Titoli nobiliariNobile dei marchesi di Zibello
patrizio veneto
Coniuge:Margherita Di Faucigny
Figli: Giuseppe (sposa Irene Avogadro di Collobiano, figlia del senatore Ferdinando)
Fratelli:Gian Francesco, presidente del Consiglio di Stato di Parma
Giuseppe, primo Ministro della Reggente Luisa Maria di Borbone
Luogo di residenza:Torino
Titoli di studio:Laurea in giurisprudenza
Presso:Università di Parma
Professione:Possidente
Cariche amministrative:Uditore del Consiglio di Stato (Ducato di Parma e Piacenza)
Sindaco di Frassineto Po
Decurione di Casale Monferrato
Cariche e titoli: Gentiluomo di camera onorario di SM il Re
Socio onorario nazionale dell'Accademia albertina di Torino

.:: Nomina a senatore ::.

Nomina:10/14/1848
Categoria:21 Le persone che da tre anni pagano tremila lire d'imposizione diretta in ragione dei loro beni o della loro industria
Relatore:Giuseppe Musio
Convalida:17/10/1848
Giuramento:17/10/1848


.:: Senato del Regno ::.

Cariche:Segretario (22 dicembre 1853-29 maggio 1855) (15 novembre 1855-16 giugno 1856) (8 gennaio-16 luglio 1857)

.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::.

Sebastiano Tecchio, Presidente
    [...] Prima che si sospendano le sedute dichiaro al Senato che sarei in debito di dar lettura di parecchie commemorazioni funebri di Senatori che sono mancati ai vivi negli ultimi mesi. Io per la verità le ho distese, ma mi astenni dal darne lettura, sia per non interrompere i lavori del Senato, sia perché, pur troppo, a mano a mano il numero dei defunti è andato crescendo e soprattutto perché l’animo mio non mi assicurava che sarei in grado di leggere qualcuna specialmente delle medesime non ostante la mia commozione.
    Pregherei quindi il Senato a voler consentire che io le dia alle stampe negli Atti senatorî, così come se fossero state lette in seduta pubblica.
    (Molte voci d’adesione). [...]
    Lodovico Pallavicini de’ marchesi di Zibello nacque a Parma il 10 marzo 1803, della famiglia che avea dato alla Chiesa il cardinale Sforza Pallavicino, l’apologista del Concilio di Trento.
    Insieme coi maggiori fratelli Gian Francesco, che fu poi presidente del Consiglio di Stato di Parma, e Giuseppe, che fu primo Ministro della Reggente Luisa Maria di Borbone, il marchese Lodovico ebbe a maestri Don Giuseppe Taverna, lo scrittore delle letture pei fanciulli, e Don Domenico Santi, l’espositore dell’etica stelliniana.
    Nell’Ateneo parmense mostrò vivo amore per le buone lettere e per le dottrine filosofiche e le giuridiche. A un tempo stesso udiva lezioni di matematica e di letteratura greca. Ricevette con molto splendore la laurea di dottore in diritto. Della letteratura greca gli hanno offerto la cattedra, ma non l’accettò.
    Appena finiti gli studî nella Università, Maria Luigia il fece uditore al Consiglio di Stato. Ciò sopra proposta del barone Luigi Bolla, presidente di quel Consiglio e professore di Instituta, il quale non aveva tardato a scorgere ed apprezzare le singolari attitudini del nuovo dottore, e il sottile ingegno, e lo zelo del bene pubblico.
    Indi a poco, estintasi con monsignore Vincenzo Maria Mossi, arcivescovo di Siba, la doviziosa famiglia Mossi di Casal Monferrato, il marchese Lodovico Pallavicini, ch’era il più giovane de’ nipoti di monsignore, ne raccolse per testamento la eredità: aggiunse al cognome suo gentilizio quello di «Mossi»: e prese ad abitare in Piemonte sui poderi del testatore.
    Quivi si fece sollecito di emancipare a facili condizioni non pochi Comuni da gravezze e da pesi antiquati, che, per la loro origine e l’indole, non erano compossibili co’ suoi principî di politica economia [sic], e co’ suoi concetti sulla libertà della industria e lo svincolo dei possessi.
    Frattanto era nata questione se la ragguardevole Pinacoteca dei Mossi dovesse spettare in proprio all’erede, o non piuttosto allo Instituto di belle arti in Torino. Valentissimi giureconsulti aveano posto in saldo il diritto dell’erede; il quale, pur nondimeno, rinunciò la Pinacoteca all’Instituto, e per colmo di generosità gli dette buon numero di altre tele pregevolissime, indubbiamente a sé pertinenti (1). Di codeste risoluzioni, documenti di animo nobile e liberale, andò lieta l’augusta Torino, e similmente il Re Carlo Felice. Per testimonio della regale satisfazione, fu conferito al marchese Lodovico titolo e grado di gentiluomo di camera.
    A reggere le sue tenute si applicò con molta attenzione; e ne ammegliorò d’assai la coltura. Fu decurione del Municipio di Casale; ove tuttavia si ricorda come e’ favorisse e proteggesse le scuole e gli instituti caritativi; e come abbia dato impulso efficace alla erezione del monumento equestre che i Casalesi consecrarono a Re Carlo Alberto, fondatore del Senato di Giustizia (oggidì Corte d’appello) nella loro città.
    Innalzato per Decreto 14 ottobre del 1848 alla dignità senatoria, fermò domicilio in Torino.
    Fu lieto dell’amicizia di uomini osservandissimi; massime di Antonio Rosmini, di Cesare Balbo, di Cesare Alfieri, di Federigo Sclopis. Nell’alta Assemblea surse frequenti volte a discorrere circa i disegni di legge che importavano all’ordine delle famiglie, alla finanza dello Stato, alle bisogne agrarie e ai commerci, alla istruzione elementare e alla superiore, all’igiene pubblica, eccetera. L’ultimo de’ suoi discorsi ebbe a soggetto la fondazione della Banca d’Italia; e fu del 3 marzo 1864. (1) Dappoi, come spossato, venne meno alla solita puntualità; ma tuttavia si fece coscienza di recarsi tra’ suoi Colleghi, anche a Roma, ogni volta che più erano sospesi gli spiriti e più pareano malagevoli le decisioni.
    Del rimanente, non ha mai lasciato in disparte quei cari studî ch’erano stati adiutori e compagni alla sua giovinezza. Soprattutto aveva a cuore i classici greci e latini, le meraviglie de’ quali avea sentite a celebrare nell’Università di Parma da quell’arguto professore che fu il conte Jacopo Sanvitale
    Rimangono del nostro marchese Lodovico in istampa alquanti lavori letterari. Accenno principalmente la traduzione delle tre lettere, da lui rinvenute, del Petrarca, e un volume di Poesie bibliche ed ecclesiastiche, che contiene in versi italiani il Libro di Giobbe e il Cantico dei Cantici; aggiuntevi le Omofonie italiane dei Canti ecclesiastici. Né voglio dimenticare il volgarizzamento dell’ultimo canto della Peregrinazione di Aroldo, inspirata dal genio di Lamartine. Questi lavori gli meritarono grandi elogi da Silvio Pellico, dal Rosmini, dall’Orioli, dal Pezzana, da Davide Bertolotti.
    Avea, non è guari, compiuto l’anno settantesimo sesto dell’età sua, ed era infermo da lunga pezza, allora che sul mattino del nove di luglio chiusogli questo corso terreno, gli fu aperta la vita immortale.

    (1) Tutte le tele, così pervenute all’Instituto, sono raccolte nell’Accademia Albertina, sotto il nome di "Galleria Mossi".
    (1) Era stato segretario dell’Ufficio di Presidenza nelle tre Sessioni dal 1853 al 1857.

    Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 29 luglio 1879.


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