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.:: Dati anagrafici ::. |
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Data di nascita: | 05/25/1834 |
Luogo di nascita: | TORINO |
Data del decesso: | 12/03/1918 |
Luogo di decesso: | TORINO |
Padre: | Giuseppe, senatore (vedi scheda) |
Madre: | CALANDRA Tarsilla, baronessa |
Nobile al momento della nomina: | Si |
Nobile ereditario | Si |
Titoli nobiliari | Barone, titolo concesso il 29 gennaio 1833 |
Coniuge: | CORDERO DI PONZO Eleonora |
Figli: | Giuseppe, che era padre di Antonio, Paolo, Eugenio, Claudia
Giulio
Maria Consolata |
Parenti: | Antonio, avo paterno |
Luogo di residenza: | TORINO |
Titoli di studio: | Scuola militare |
Presso: | Accademia militare di Torino |
Professione: | Possidente |
Altre professioni: | Bibliotecario |
Carriera giovanile / cariche minori: | Ufficiale d'artiglieria (fino al novembre 1898) |
Cariche e titoli: | Membro della Consulta araldica
Incaricato della direzione della Biblioteca reale di Torino (1909-1918)
Incaricato della direzione del medagliere
Membro del Consiglio degli archivi (20 dicembre 1886-16 dicembre 1913)
Membro dell'Istituto storico italiano (1897-1918)
Socio della Deputazione di storia patria di Torino (21 aprile 1874)
Socio residente dell'Accademia delle scienze di Torino (11 luglio 1877)
Socio onorario nazionale della Deputazione di storia patria per le Venezie (4 ottobre 1885)
Socio corrispondente dell'Ateneo di Brescia (19 agosto 1883)
Membro corrispondente della Società savonese di storia patria (1898) |
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.:: Nomina a senatore ::. |
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Nomina: | 01/26/1910 |
Categoria: | 18 | I membri della Regia accademia delle scienze
dopo sette anni di nomina |
Relatore: | Fiorenzo Bava Beccaris |
Convalida: | 28/04/1910 |
Giuramento: | 07/06/1910 |
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.:: Onorificenze ::. |
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Cavaliere dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 5 giugno 1879
Ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 17 gennaio 1884
Commendatore dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 4 febbraio 1886
Grande ufficiale dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro 13 novembre 1898
Ufficiale dell'Ordine della Corona d'Italia
Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia |
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.:: Atti parlamentari - Commemorazione ::. |
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Atti Parlamentari - Commemorazione
Giuseppe Manfredi, Presidente
Il collega Manno che da lungo la malattia impediva, è partito di questa vita. In Torino, ove era nato il 25 maggio 1834, è morto il 12 marzo scorso. Nato era da quel barone Giuseppe, illustre storico della Sardegna, che fu Presidente del Senato subalpino dal 1849 al 1854 e del Senato italiano dal 1864 al 1865. Secondo costume della nobiltà dell'antico Stato sardo al giovane Antonio fu data l'educazione militare; onde vestì la divisa di ufficiale di artiglieria: ma non proseguì, e gli studi storici furono l'occupazione della sua vita. Quasi tutte le innumerevoli opere da lui pubblicate si riferiscono alla storia della casa di Savoia e del Piemonte. Era commissario reale della Consulta araldica; incaricato della direzione della Regia biblioteca e del Reale medagliere; membro dell'Istituto storico italiano, della Regia accademia delle scienze di Torino, della Regia deputazione di storia patria e di altre accademie ed associazioni. Fu presidente della esposizione d'arte sacra nel 1898. Presiedette il Congresso salesiano del 1900.
Correndo il 1911 una gioia domestica di Antonio Manno diede occasione agli amici di lui in Torino di pubblicare un volume di miscellanee di studi storici in suo onore, con prefazione di Paolo Boselli. Pagine di tal penna insigne premesse al volume delle onoranze torinesi, le resero onoranze italiche, e l'elogio contenutovi del festeggiato, benché le sue pubblicazioni continuassero, posa oggi, quale il migliore, sulla sua tomba. (Benissimo). [...]
RUFFINI. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
RUFFINI. Onorevoli colleghi, la memoria di Antonio Manno e la sua stessa nobile figura non si potranno mai dissociare nel mio spirito dal ricordo di alcuni studi prediletti nei quali lo ebbi consigliere prezioso ed aiutatore veramente liberale, come egli soleva dei resto essere verso tutti quanti gli studiosi, che facessero ricorso a lui. Perché, o signori, vi era un campo degli studi storici, in cui non era soltanto utile giovarsi - quando se ne aveva la opportunità - della guida di Antonio Manno; ma in cui io sto per dire che era quasi imprudente avventurarsi senza di essa.
Tale campo era quello della storia del nostro Piemonte, rispetto alla quale si può con sicurezza asserire, che oramai non vi era chi lo superasse; anzi, per alcuni periodi, sopra tutto per i periodi più prossimi a noi, si può con pari sicurezza asserire che non vi era chi lo uguagliasse. A costituire questa sua competenza eccezionale, sopra tutto nei periodi storici più prossimi a noi, conferiva non soltanto lo studio indefesso, appassionato, che per mezzo secolo egli aveva posto nel ricercare cose e uomini di quel periodo, attraverso alle storie, ai documenti di archivio, ai carteggi, ma ancora il fatto, ch’egli aveva trascorso buona parte della sua lunga vita nella più stretta consuetudine con gli uomini maggiori del nostro Piemonte, aggruppantisi intorno a quello statista e scrittore insigne, che fu il padre di lui. Cosicché per quella parte, che trascendeva il suo periodo mortale, egli aveva avuto opportunità di raccogliere nell’ambito della sua famiglia e nella sua cerchia parentale e sociale notizie preziosissime, così da diventare il depositario vero e vivente d’una tradizione orale sicura e vasta; la quale era di un pregio inestimabile sopra tutto per la storia dei tempi più prossimi; poiché, contrariamente a quanto il volgo s’immagina, è molto più difficile fare la storia dei tempi a noi vicini che non di quelli più remoti.
Allo studio della storia del Piemonte questo rampollo di una nobile famiglia sarda era stato spinto da un sentimento particolarmente elevato. Non era stato soltanto il caso o la predilezione del ricercatore, che finisce per amare un’epoca speciale nella storia a preferenza di tutte le altre: egli era stato spinto a ricercare la storia del Piemonte da un sentimento che direi di lealismo dinastico, e cioè dalla sua fervente devozione alla monarchia sabauda. Si trattava invero della storia di un popolo e di un paese, le cui fortune non si sono mai potute separare nei secoli da quelle della dinastia gloriosa che lo ha governato. Ed era bello di vedere in lui quasi personificata quella unione davvero feconda e provvidenziale fra il Piemonte e la Sardegna, che fu una delle più fortunate unioni di paesi diversi e lontani sotto un medesimo reggimento, che la storia registri. Egli, che discendeva da una famiglia, che pure, aveva dato alla Sardegna uno dei suoi storici maggiori, ricambiava col culto per la storia del Piemonte quel tributo di omaggio, che alla storia della eroica isola altri illustri patrizi piemontesi avevano recato. È infatti risaputo che l’Itinerario del Lamarmora è uno dei libri classici della storia della Sardegna.
Ora questa particolare sua caratteristica di storico, innamorato della sua storia per ragioni sentimentali più profonde, che non siano quelle della semplice predilezione scientifica, spiega tutte le altre forme particolari della sua opera di storiografo. Si comprende agevolmente che al Manno importasse assai più che la storia del Piemonte, della casa di Savoia e di quel patriziato, che fu il valido suo strumento di governo in ogni tempo, fosse coltivata e progredisse, che non di produrre egli stesso opere che ne potessero diffondere la fama in una larga cerchia di studiosi e di ammiratori. Quindi egli, che era così profondo conoscitore come nessuno altro di tutte le fonti, che era psicologo molto acuto, che aveva l’ingegno aperto alla comprensione di tutti i rivolgimenti storici e che per di più era un bellissimo scrittore e avrebbe potuto compiere opere, alle quali sarebbe andato certamente il plauso del gran pubblico, preferì tuia forma di attività scientifica, che è la più impersonale, la più ingrata, la più altruistica.
È vero, infatti, che a lui si debbono numerosissime e dottissime monografie; ma le due opere maggiori di lui sono quella voluminosa Bibliografia storica degli Stati della Monarchia di Savoia e quel Patriziato Subalpino, che riassumono ricerche faticosissime di interi decenni, e sono oramai la suppellettile indispensabile per ogni ricercatore della storia piemontese.
Ma errerebbe chi si immaginasse che si tratti qui semplicemente di aride e quasi meccaniche elencazioni di opere o di genealogie; si tratta, invece di opere fortemente pensate, sistematicamente congegnate, le quali rappresentano Io schema, e direi quasi lo scheletro di tutta la storia del Piemonte. Si può infatti asserire con tutta sicurezza che di quante opere egli fa cenno non si era accontentato di trar notizia da cataloghi o dal semplice frontispizio, ma dallo studio delle opere stesse, per poterle collocare nel giusto posto; e dei personaggi che ricorda egli si sforzò di aver personale cognizione, per quanto le fonti glie lo permettevano. Del che è testimonio quella succinta, ma preziosa, didascalia, che segue in ogni sua opera alla esposizione e alla elencazione.
Ancora un’altra caratteristica: poiché molto più materiale teneva nei suoi cassetti, che non avesse trasfuso nelle sue opere, di materiale, era largo con chiunque fosse ricorso a lui; mostrandosi immune da quella tendenza o gelosia, così comprensibile, di molti studiosi, e in particolare degli eruditi, che vogliono tenere per sé tutti i fruiti delle lunghe e spesso aspre fatiche.
Ma io non avrei compiuto la delineazione di questa interessante figura di uomo e di studioso, se a queste considerazioni non aggiungessi una nota, che forse più di tutte le altre si addice a questo, che non è un consesso puramente accademico, ma essenzialmente politico.
Il Manno era un credente ferventissimo, non solo, ma un cattolico militante; e a tutte le iniziative, filantropiche, sociali e politiche della sua parte si associò con ardore e coraggio.
Orbene, l’uomo di parte difficilmente può essere uno storico sereno. Certi lussi di obiettività, dirò così, se li possono permettere tutt’al più gli appartenenti alle parti che rappresentano la maggioranza di un paese e costituiscono i partiti dominanti; gli appartenenti alle minoranze debbono superare difficoltà molto maggiori per essere obiettivi, e ne hanno quindi un molto maggiore merito. Ebbene, egli fu obiettivo e sereno, il che costituisce il più alto elogio che si possa fare della sua personalità. [...]
TORRIGIANI FILIPPO. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha la facoltà.
TORRIGIANI FILIPPO. Come membro della Consulta araldica e come ammiratore dell’ingegno e del carattere del barone Manno mi associo di tutto cuore alle nobili parole di commemorazione pronunziate Presidente del Senato e dal senatore Ruffini.
Il barone Manno fu per molti anni commissario del Re presso la Consulta araldica e chi ebbe l’onore di far parie di quel consesso poté in modo speciale apprezzare il suo gran valore, e la sua speciale competenza e perfetta imparzialità nell’esercizio delle sue delicatissime funzioni.
Vada un saluto riverente alla sua memoria. (Bene).
PASOLINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
PASOLINI. Aderisco alle autorevoli parole pronunziate dai senatori Ruffini e Torrigiani in memoria del senatore Manno.
Avendo da molti anni l’onore di far parte della Consulta araldica, più volte ebbi occasione di ammirare, non soltanto la profonda erudizione del barone Manno, ma anche la sua costante equanimità e scrupolosa coscienziosità in ogni suo giudizio.
Questo esempio ha avuto grande efficacia, non tanto sulla mia erudizione, la quale certamente è ben poca, ma che pure se ne è avvantaggiata, quanto ha cagionato veramente una specie di orientamento morale nella mia coscienza, tanto i suoi giudizi erano giusti, equanimi ed imparziali.
Per questo in me, come in tutti i membri della Consulta araldica, del barone Antonio Manno, rimane e rimarrà sempre una grata, reverente e riconoscente memoria (Bene). [...]
SACCHI, ministro di grazia, giustizia e dei culti. Domando di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SACCHI, ministro di grazia, giustizia e dei culti. [...]
Segue nella fila degli spiriti magni che aleggiano ancora in quest’Aula il barone Antonio Manno. Figlio del grande letterato Giuseppe, il cui nome risuona tanto glorioso nel sinedrio degli scrittori dei secoli passati, egli seppe ben presto elevarsi all’altezza delle tradizioni paterne. Storico insigne, cittadino esemplare, gentiluomo di antico stampo, lascia luminosa traccia della sua vasta cultura e della sua instancabile operosità nelle innumerevoli e poderose pubblicazioni onde arricchì il patrimonio letterario e scientifico della nazione.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 18 aprile 1918.
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Note: | Il nome completo risulta essere: " Claudio Antonio Maria Giovanni Battista Efisio Filippo ".
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Attività |
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