Atti Parlamentari - Commemorazione
Domenico Farini, Presidente
Signori senatori. Ieri, nelle prime ore del pomeriggio, cessava di vivere all'improvviso in Roma il senatore Emanuele Taparelli d'Azeglio.
Il marchese Emanuele d'Azeglio era nato in Torino il 17 settembre 1816. Educato virilmente da genitori la cui memoria vive tuttora benedetta per opere insigni di amore e di carità, ebbe, fino da fanciullo, temprato l'animo ai più puri e nobili sentimenti, che sono il viatico salutare della esistenza.
In quella casa austera, in quella famiglia dove bontà e sapere avevano culto; in quel ritrovo fidato di uomini di gran cuore e di elettissimo ingegno, in quella viva e costante scuola di virtù crebbe e divenne uomo.
Addottorato nella legge, sulle orme dei suoi pari, volle, nel servire il Re, mantenere vivo il prestigio degli antenati e fu, l'anno 1838, ascritto alla diplomazia.
Nominato incaricato d'affari a Londra nell'ottobre 1849, indi inviato straordinario e ministro plenipotenziario, durò in quel posto elevato ed in quella sede importantissima per quasi venti anni.
Grande e meraviglioso spazio di tempo nel quale la diplomazia nostra, mirando senza ambagi diritta alla meta, fatta bandiera della schiettezza, della verità, del nazionale diritto, ravvivò la riputazione dei vecchi politici negoziatori italiani e fu, alle fortune della patria, mezzo e presidio efficace. Efficacissimo, tra essa, l'Azeglio nel propiziare Inghilterra ai grandi fatti per cui, a cominciare dall'alleanza di Crimea, alle annessioni del 1860, alle guerre di indipendenza, risorgeva la patria; avvalorando l'autorità dell'ufficio col credito che per la lunga consuetudine, il nome e le belle qualità sue erasi fra gli uomini di Stato più eminenti accaparrato. (Benissimo).
Tornato alla nativa Torino, l'Azeglio vi condusse vita privata circondato dal rispetto, proseguito dalla benevolenza dei concittadini che lo chiamarono spesso nelle amministrazioni locali.
Appassionato per le arti belle; di quadri, di statue, di ceramiche, di ogni antichità molto intendente, aveva fatto della casa un museo: munificente, alla cara Torino donava rare e pregiate collezioni; largo del proprio, beneficava a larga mano; tutti lo stimavano, lo amavano tutti.
Era senatore dal novembre 1871; e la sua dipartita ha tolto a noi un nobile cuore, un alto animo; al Re, alla patria un servitore devoto. (Vive approvazioni).
Con lui si è spento un nome a cui egregi fatti aggiunsero, col volgere dei secoli, nobiltà e lustro e che quasi fiamma, prima di estinguersi, balenò alto e fulgente tra i famosi e più splendenti dell'italiano risorgimento (Molto bene).
Questo glorioso nome, uno dei più illustri di cui il Senato si vanti; questo nome che durerà venerato quanto la patria, io saluto con animo commosso per profondo cordoglio, nell'ultimo suo rappresentante, in Emanuele, l'ultimo degli Azeglio che, non tralignato, ebbe per legge della vita l'impresa della casata sua: pour droit tenir. (Approvazioni unanimi vivissime).
CRISPI, presidente del Consiglio, ministro dell’interno. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CRISPI, presidente del Consiglio, ministro dell’interno. Il Governo del Re si associa alle lodi meritamente tributate alla memoria del marchese Emanuele Taparelli d'Azeglio.
Io diminuirei il valore delle parole pronunciate dell’onorevole Presidente del Senato se altro volessi aggiungere.
È purtroppo vero che una gran perdita ha fatto il paese nell’ultimo discendente di un’illustre famiglia che tanto onorò l’Italia, che tanto fece per la patria e per il Re.
Il Senato quindi non fa altro che un atto di doveroso omaggio, applaudendo alle parole dell’onorevolissimo suo Presidente.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il senatore Di Sambuy.
DI SAMBUY. Non certo, onorevoli colleghi, ho domandato di parlare per aggiungere alcunché alle parole con tanta efficacia e cuore dette dall’onorevole nostro Presidente, né a quanto ha soggiunto il presidente del Consiglio, ma piuttosto per ringraziare il Senato di avere colla sua approvazione fatta sua la commovente commemorazione del nostro Presidente.
Il Piemonte piange l’ultimo figlio di un’antica e nobile famiglia di cui rimarrà perenne traccia nella storia d’Italia perché l’opera del marchese d'Azeglio in Inghilterra fu efficace assai nei primordi del nuovo Regno, ed il conte di Cavour lo ebbe collaboratore fidato e sicuro.
Io non posso fare altri che associarmi interamente alle nobili parole dell’onorevole nostro Presidente e del presidente del Consiglio e ringraziare il Senato del plauso col quale le ha accolte per tributare l’ultimo onore alla memoria di Emanuele d'Azeglio.
PRESIDENTE. Avverto i signori senatori che il trasporto della salma del defunto marchese d’Azeglio, avrà luogo domattina alle nove e mezzo, partendo dalla chiesa di S. Andrea delle Fratte. Quivi per conseguenza avrà luogo la riunione dei signori senatori che vorranno rendere l’ultimo tributo d’affetto al compianto collega.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 25 aprile 1890.
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