Gabrio Casati, Presidente
Signori Senatori, [...]
La morte pur troppo preveduta del Senatore Marchese Cesare Alfieri di Sostegno fu oggetto di generale dolore. E diffatti un coro unanime di voci e di scritti sorse a deplorare sì grave sciagura. Un cordoglio è in tutti noi che avemmo seco lui consuetudine non solo di grandissima stima, ma eziandio di sincero affetto. Imperocché siffatte eminenti qualità in lui spiccavano, sicché attirasse a sé quasi irresistibilmente tali sentimenti. Tesservene l’elogio non sarebbe lieve compito: poche parole ripetano ciò che noi tutti proviamo in noi stessi, direi quasi di venerazione non solo ma di culto. Esso era tipo d’uomo per fermi ed inconcussi principii attaccato alla religione, alla patria, alla Dinastia, né smentì un istante nella sua vita questi sentimenti. Tipo dell’antica ed illustre aristocrazia nei modi, tipo della moderna nell’amore per la libertà e l’eguaglianza civile, né quella fu a lui incentivo ad orgoglio, né questa a bassezze. Nacque il 13 agosto del 1799 da illustre famiglia, i cui fatti generosi rimontano a parecchi secoli, giacché quel nome era già illustrato nella repubblica d’Asti al tredicesimo secolo. Informato a squisita educazione, crebbe adorno di cultura, che il padre suo marchese Carlo Emanuele seppe con saggio intendimento dirigere. E siccome il genitore alla diplomazia era consacrato, così il figlio a quella pure avviò. E quindi a Pietroburgo, a Berlino e più a Parigi fece dimora; dimora utilissima, ché non isciupò il tempo in vane occupazioni, ma l’usò a coltivare sempre più la sua mente con istudi politici. E così si formò quel complesso d’idee e di sentimenti che diressero l’azione sua a vantaggio della Patria, cercando di avviarla, per quanto era in lui, con modi saggi e prudenti ad un ragionevole e duraturo progresso. Abbandonata la carriera diplomatica, stette per qualche tempo lontano dalle pubbliche faccende, e di questo tempo pure approfittò pe’ suoi studii. Ma un uomo tale non poteva essere dimenticato, ché fu da Re Carlo Alberto chiamato a sedere nel Consiglio di Stato ed ivi die’ subito saggio di sua prudenza politica. Fu presidente dell’Associazione agraria del Piemonte che mirabilmente diresse. Ma ove rese più pleclari servigi fu quale presidente del magistrato della Riforma, o con altre parole, Ministro della Pubblica Istruzione. A lui si deve una vera riforma, a lui l’avere rialzato l’insegnamento dallo stato nel quale era stato gettato dopo gli eventi del 1821, coll’istituzione di nuove cattedre, alle quali un timido pregiudizio mostravasi avverso; persuaso qual era della gran massima che il sapere e la scienza non sono mai dannosi, ma fonte di bene alla società. S’avvicinavano i tempi nei quali l’Alfieri vedeva con esultanza potersi adempiere il desiderio della sua vita, l’alleanza indissolubile della Monarchia colla libertà, ed ebbe il conforto d’apporre il suo nome a’ piedi dello Statuto che ci regge. Fu Presidente del Consiglio dei Ministri nel 1848 sul finire dell’agosto al principio di ottobre, e poi si ritirò. Fin dalla prima istituzione del Senato ne fu membro e vice-Presidente; poi Presidente nel 1856 sino al 1860. Voi in gran parte sapeste apprezzare in qual modo esimio ei tenesse questa carica, dalla quale bramò esso stesso ritirarsi; ma continuò con zelo ad associarsi alle nostre adunanze come Senatore. Che se la sua parola non era frequente, era sempre saggia ed assennata, e lo avete veduto costantemente fra voi sino al momento che fu colto dalla malattia che fatalmente lo trasse al sepolcro. Vi accennai ai meriti politici e scientifici di lui, ma pure conviene che ricordi quelli di carità cittadina e cristiana. Imperocché molta opera diede all’amministrazione di cause pie, e fu eccellente esecutore di largizioni domestiche non solo, ma generosissimo per volontà propria e sempre con quella modestia che cerca nascondersi. Ad uomo di tanti meriti era ben naturale che i Principi esprimessero la loro stima, elevandolo ai più distinti gradi. Morì il 16 di questo mese nella quiete e tranquillità che è premio anticipato al giusto. Egli lascia noi nell’afflizione (con voce commossa), ma lascia eziandio un retaggio di memorie e di esempi. E me in particolare modo affligge la perdita d’un amico carissimo e d’un saggio consigliere.
Senato del Regno, Atti parlamentari. Discussioni, 22 aprile 1869.
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