In merito alla discussione degli emendamenti al ddl 1429-B, di revisione della Parte II della Costituzione
Intervento del Presidente Grasso in Aula, nella seduta n.512, dedicata all'illustrazione degli emendamenti al disegno di legge costituzionale n. 1429-B
Onorevoli Colleghi,
nella seduta del 24 settembre, il senatore Russo ha sollevato una questione circa i criteri di "ammissibilità" degli emendamenti presentati al disegno di legge di riforma costituzionale.
In particolare, il senatore Russo ha richiamato espressamente l'articolo 100, commi 3 e 4, del Regolamento.
Per stessa implicita ammissione del senatore Russo, in realtà il comma 3 non fa alcun riferimento specifico alla sottoscrizione degli emendamenti, ma esclusivamente alla loro presentazione per iscritto, ritenuta "di regola" necessaria.
Anche il comma 4 non disciplina il caso di emendamenti presentati da singoli senatori, ma la fattispecie più circoscritta di proposte emendative "firmate" da otto senatori, per derogare al termine di presentazione prescritto dal Regolamento, norma peraltro caduta in desuetudine.
Per affermare la necessità dell'apposizione della firma autografa sugli emendamenti, presentati da senatori appartenenti al Gruppo della Lega Nord, il senatore Russo fa quindi riferimento alla prassi consolidata e cita il precedente degli emendamenti - pur numerosi - presentati alla legge elettorale.
La Presidenza ha potuto verificare che per il provvedimento al nostro esame, in sede di Commissione Affari costituzionali - della quale è componente il senatore Russo, che ha inoltre partecipato effettivamente ai relativi lavori - non è stata sollevata né posta alcuna questione circa la ricevibilità degli emendamenti. Anche quelli presentati da singoli senatori in formato elettronico, senza sottoscrizione autografa, sono stati considerati ricevibili e pubblicati sul sito del Senato.
La Presidenza della Commissione affari costituzionali ha successivamente stabilito i criteri di ammissibilità nel merito degli stessi emendamenti, esplicitando le inammissibilità riferiti agli articoli 1 e 2, come risulta dai Resoconti pubblicati.
In via preliminare, informo che alla stessa stregua con la quale i cinquecentomila emendamenti presentati in formato elettronico in Commissione sono stati numerati e ordinati, gli Uffici hanno completato il lavoro istruttorio riferito anche ai settantaduemilioni di emendamenti presentati in Assemblea, al netto di quelli ritirati dai presentatori agli articoli 1 e 2. Tutti gli emendamenti presentati in formato elettronico all'Assemblea sono stati pertanto ugualmente numerati e ordinati per tempo.
Si deve pertanto prendere atto che in Commissione Affari costituzionali la questione della mancata sottoscrizione autografa degli emendamenti presentati in formato elettronico non è stata né posta né sollevata e che gli Uffici hanno completato il lavoro di ordinazione e numerazione per tutti gli emendamenti poi ripresentati in Assemblea.
Non è quindi l'argomento formale dell'assenza materiale di firme autografe, né l'impossibilità di rendere disponibili i testi ai senatori, superata dal lavoro degli Uffici, a orientare la Presidenza.
Le motivazioni delle decisioni che sto per enunciare sono rinvenibili, non tanto nell'articolo 100, commi 3 e 4 richiamati dal senatore Russo, quanto piuttosto negli articoli 8 e 97 del Regolamento, che attribuiscono al Presidente del Senato il giudizio di ricevibilità, proponibilità e ammissibilità degli emendamenti, giudizio che - come è ovvio - deve poter essere esercitato in tempi compatibili con il calendario dei lavori definito dalla Conferenza dei Capigruppo e confermato con diverse votazioni dell'Assemblea.
Per rispettare pertanto i tempi stabiliti dal calendario dei lavori, la Presidenza è oggettivamente impossibilitata a vagliare nel merito l'abnorme numero di emendamenti se non al prezzo di creare un precedente che consenta di bloccare i lavori parlamentari per un tempo incalcolabile.
Di conseguenza, in ragione di tale criterio sostanziale - desumibile dall'articolo 55 del Regolamento - considero non inammissibili (l'inammissibilità è infatti riferita al merito) ma irricevibili gli stessi emendamenti, fermi restando invece quelli già ricevuti dalla Presidenza della Commissione Affari costituzionali e ripresentati in Assemblea, al netto di quelli ritirati.