Convegno "Ricordando Luciano Lama a vent'anni dalla scomparsa"
Intervento del Presidente Grasso, nella sala Koch, alla presenza del Presidente della Repubblica
Signor Presidente della Repubblica, Colleghi, Gentili ospiti,
sono grato alla Vice Presidente Fedeli per aver voluto ricordare la figura del grande sindacalista e uomo politico Luciano Lama in quel Senato di cui fu lui stesso Vice Presidente, dal 1987 al 1994.
Tutti i presenti conoscono quale sia stato il suo cursus honorum, che qui mi limiterò a tratteggiare, certo che i successivi oratori svilupperanno in modo più esauriente ciascuna delle varie sfaccettature, di cui si compone questa poliedrica personalità che ha contribuito alla crescita della nostra Repubblica.
Nato nel 1921 a Gambettola e laureatosi in Scienze sociali a Firenze con Pietro Calamandrei, dopo l'armistizio dell'8 settembre si impegnò in prima persona nella Lotta di Liberazione, dapprima nell'ottava Brigata partigiana Garibaldi e successivamente come Capo di Stato maggiore del ventinovesimo Gap, combattendo in Romagna e trovandosi nel settembre 1944 alla testa dei partigiani che liberarono Forlì dall'occupazione nazifascista.
Superato questo periodo, si dedicò all'attività sindacale, inizialmente nelle file del Partito socialista italiano poi, a partire dal 1946, nel Partito comunista italiano.
Proprio in seno alla Confederazione generale del Lavoro mosse i primi passi e lì crebbe sindacalmente e politicamente, fino a quando l'allora Segretario della CGIL unitaria, Giuseppe Di Vittorio, che aveva conosciuto a Napoli all'inizio del 1945, con felice intuizione, decise di chiamarlo a Roma per occupare la posizione di Vice Segretario confederale.
Luciano Lama ebbe in Di Vittorio un grandissimo maestro: accompagnandolo nei suoi numerosi viaggi conobbe la realtà del Mezzogiorno e comprese l'importanza del contatto diretto con le masse.
Segnò profondamente la sua formazione politica l'essere stato vicino a Di Vittorio in due momenti importanti: la stesura degli articoli riguardanti il lavoro e la libertà sindacale nell'Assemblea Costituente e la proposta politica e sociale che la CGIL avanzò al Congresso di Genova del 1949 con il "Piano del lavoro".
Del Sindacato divenne egli stesso Segretario generale nel 1962 succedendo ad Agostino Novella, ma, già deputato dal 1958, proseguì, a latere, anche l'attività politica all'interno del PCI fino al 1969 quando, per l'incompatibilità tra le due carriere stabilita in sede congressuale, optò per l'azione sindacale rinunciando alla carica parlamentare.
Uomo di grande carisma, Luciano Lama, seppe diventare "LA" CGIL, sindacato di cui fu alla guida fino al 1986, attraversando momenti drammatici della storia del Paese, durante i quali operò sempre con il massimo impegno per impedire che il legame fra cittadini ed istituzioni si disgregasse.
Va ricordato, in particolare, il ruolo cruciale che egli svolse negli anni tragici del terrorismo, che sarebbe culminato nel rapimento e omicidio di Aldo Moro. Episodio significativo nel suo sforzo di risanare la frattura tra masse studentesche e mondo del lavoro fu il comizio che decise di tenere all'Università "La Sapienza" il 17 febbraio 1977, comizio saltato a causa di un gruppo di contestatori estremisti che assalirono il palco impedendone fisicamente la prosecuzione. Le reazioni a sua difesa conseguenti a quell'evento, tutto sommato tiepide rispetto alla gravità dei fatti, gli fecero avvertire nettamente quanto fosse sottovalutata la pericolosità dell'estremismo violento, che portava in sé i germi del terrorismo armato. Per questo richiamò ciascuno alla propria responsabilità, lanciando a più riprese accorati appelli alla vigilanza sui luoghi di lavoro e invitando a recedere dall'omertà, se non addirittura complicità, con il terrorismo.
Nel suo impegno teso a conquistare per i lavoratori e per le loro famiglie condizioni di lavoro e di vita migliori, più eque e più rispettose della dignità della persona umana, ebbe due linee di comportamento fondamentali: responsabilità e fermezza. Responsabilità, anche a costo di divenire bersaglio di critiche all'interno del sindacato; fermezza, pur con grandi capacità di mediazione.
Anche quando lasciò la guida del sindacato per dedicarsi completamente alla politica mantenne queste sue caratteristiche, che traspose nelle nuove funzioni. In Senato ricoprì infatti, come ho già accennato, la carica di Vice Presidente e gli è sempre stato riconosciuto da tutti come, in questa sua veste, seppe conciliare l'applicazione rigorosa del Regolamento con la necessità di garantire all'interno del dibattito parlamentare la manifestazione più ampia e completa del pluralismo delle opinioni.
La speciale attenzione per le questioni connesse al mondo del lavoro e alla tutela dei lavoratori lo ha portato a divenire componente attivo e partecipe della Commissione permanente Lavoro e Previdenza sociale - allora presieduta dal "padre dello Statuto dei lavoratori" Gino Giugni - e fu tra coloro che proposero l'istituzione di una Commissione speciale di inchiesta sulle Condizioni di lavoro nelle aziende.
Dopo il tragico incidente nei Cantieri navali di Ravenna in cui persero la vita 13 lavoratori la Commissione fu istituita ed egli ne fu eletto Presidente, carica che onorò con impegno e dedizione svolgendo numerosi sopralluoghi negli ambienti di lavoro e organizzando audizioni di esperti e responsabili del settore. Il documento prodotto alla conclusione dei lavori della Commissione fu una Relazione finale cui erano allegate proposte legislative che recepivano le più avanzate disposizioni europee in materia.
Al suo secondo mandato fu nuovamente eletto Vice Presidente del Senato e in quell'occasione scelse di far parte della Commissione Esteri.
Conclusasi l'esperienza parlamentare, decise di chiudere il cerchio tornando da dove era partito, in mezzo alla gente, e più specificamente tra gli abitanti del piccolo paese di Amelia, assorbito completamente dal suo ruolo di sindaco alle prese, tutti i giorni, con la concretezza della realtà, dei problemi e dei rapporti umani.
Partigiano, sindacalista, parlamentare, sindaco: Luciano Lama è stato molte cose, e in ognuna ha prestato il suo servizio con quelle caratteristiche prima ricordate - responsabilità e fermezza - che lo rendono un padre e uno strenuo difensore della nostra democrazia. Chiudo con un suo pensiero, ripreso ieri sulle pagine del Quotidiano Nazionale dal suo amico Giuliano Cazzola: "L'uguaglianza, la libertà, la democrazia, lo sviluppo, la conoscenza, la giustizia, la salute, la pace sono i valori che contano nel progresso umano e che non dobbiamo solo lasciare all'ideologia, ma viverli quotidianamente". Il suo ricordo acquista oggi il sapore di una lezione che non possiamo dimenticare.