Convegno "70 anni dagli accordi italo-belgi per il reclutamento della manodopera italiana"
Intervento del Presidente del Senato, Pietro Grasso, all'inaugurazione della Rassegna "Migrazioni: da Marcinelle a Lampedusa. Capire la nostra storia per guardare al futuro", nella Sala Atti Parlamentari della Biblioteca del Senato
Autorità, gentili ospiti, cari amici, per prima cosa auguro a tutti il mio più cordiale benvenuto nella Biblioteca del Senato per questo convegno che intende ricordare i settant'anni dagli accordi italo-belgi per il reclutamento della manodopera italiana e segna l'apertura della manifestazione "Migrazioni: da Marcinelle a Lampedusa. Capire la nostra storia per guardare al futuro", che si articolerà fino al 2 dicembre attraverso una serie di incontri, proiezioni e presentazioni. Desidero ringraziare il Presidente del Comitato per le questioni degli italiani all'estero Claudio Micheloni e l'amministrazione del Senato per avere lavorato a questi eventi che si propongono una riflessione approfondita sulle migrazioni di ieri e di oggi.
L'idea di unire idealmente Marcinelle e Lampedusa nasce da due recenti viaggi che mi hanno segnato profondamente. A luglio ho visitato Lampedusa per conoscere il sistema di salvataggio e accoglienza dei migranti e incontrare istituzioni e cittadini. Fui avvisato che stavano per sbarcare centoventicinque migranti così corsi al molo. Per fortuna era uno sbarco tranquillo: le persone stavano bene in salute, venivano visitate con grande perizia sulla banchina e accompagnate presso le strutture di identificazione e accoglienza. Non dimenticherò mai gli sguardi delle donne e degli uomini che sbarcavano: vi leggevo il dolore per i compagni perduti, per le persone e le città abbandonate, l'orrore per la guerra e la fame, la paura e la fatica della traversata, ma anche la luce della speranza e della fiducia. Non dimenticherò mai nemmeno la generosità, la dedizione, l'umanità degli operatori e dei lampedusani, che hanno fatto dell'isola un avamposto della solidarietà famoso in tutto il mondo.
L'8 agosto ho partecipato con grande emozione, in rappresentanza del Capo dello Stato, alla cerimonia commemorativa del sessantesimo anniversario della tragedia di Marcinelle, che causò la morte di 136 persone. Buzzati ne scrisse sul Corriere: "fu come se fosse sprofondato un intero paese con i suoi abitanti; provate con l'immaginazione a figurarvi quei minatori tutti in fila e dietro a loro le famiglie, padri, madri, fratelli: centinaia, forse migliaia di creature". Marcinelle è uno dei simboli della storia della nostra emigrazione, densa di donne e uomini che con il lavoro e il sacrificio volevano contribuire a risollevare il Paese piegato dalla Seconda Guerra mondiale, affrontando condizioni di lavoro e di vita durissime e disumane. Marcinelle è anche uno dei simboli della costruzione europea, perché la dignità del lavoro che lì era stata ignorata e offesa è diventato il fondamento irrinunciabile della nostra Europa, un'area di giustizia, diritti e valori nella quale la libera circolazione delle persone non è un mero fattore economico, ma espressione della comune cittadinanza europea.
Ecco perché abbiamo voluto collegare il Mediterraneo al Belgio e a tutti i luoghi di emigrazione italiana perché ripensare a come eravamo e vivevamo deve rafforzare la nostra determinazione ad accogliere con spirito di solidarietà chi oggi è costretto a migrare e ha diritto alla protezione internazionale, senza trascurare il dovere di ridurre le diseguaglianze e le marginalità che rendono le nostre società vulnerabili al fondamentalismo e all'illegalità. Una delle mostre fotografiche che inauguriamo oggi è dedicata proprio a stabilire questa relazione profonda tra la storia di ieri e la cronaca di oggi, un percorso che in sessant'anni ci ha trasformato da Paese di emigrazione a Paese di immigrazione.
Concludo. Benedetto Croce, uno dei più grandi intellettuali dello scorso secolo che fu senatore e assiduo frequentatore di questa Biblioteca, ha scritto che "la storia è sempre storia contemporanea". Io credo che non sia possibile, come certa politica pretende, tracciare una netta linea di demarcazione fra le storie degli italiani che lasciarono il Paese e le vicende delle donne e degli uomini che adesso bussano alla porta dell'Europa. Sono storie diverse, ma accomunate da sentimenti simili: paura, dolore, fatica e speranza. Grazie.