Cerimonia di consegna dei premi giornalistici "Franco Giustolisi - Giustizia e verità"
Intervento del Presidente del Senato, Pietro Grasso, nella Sala dei Presidenti di Palazzo Giustiniani
Autorità, relatori, gentili ospiti,
è con molto piacere che prendo parte alla cerimonia di consegna dei premi di giornalismo "Franco Giustolisi - Giustizia e verità".
Siamo qui per ricordare un grande uomo e un appassionato giornalista che, per tutta la sua vita, ha interpretato la propria professione nel modo più nobile, impegnandosi incessantemente per la ricerca della verità. Quando proprio in Senato ho conosciuto Franco Giustolisi, mi colpì il suo incontenibile entusiasmo, la freschezza di uno sguardo che aveva visto molte cose ma che conservava intatta la capacità di proiettarsi nel futuro.
Per lui, come per noi, non si può ottenere giustizia là dove manca la verità. Le inchieste di Giustolisi furono tutte concentrate sulla necessità di ricomporre i pezzi di eventi dolorosi raccontati in modo parziale, taciuti o addirittura nascosti dentro quello che Franco chiamò l'armadio della vergogna, un'espressione indissolubilmente legata a lui. Indagò senza risparmiarsi con l'obiettivo di trasmettere alle nuove generazioni l'idea che un Paese che non affronta con coraggio i propri segreti non può costruire un domani solido.
Attraverso il suo impegno ha offerto ai colleghi, soprattutto ai più giovani, l'ispirazione necessaria per affrontare le difficoltà connesse ad una professione - quella del giornalista - tutt'altro che semplice e sulla quale ricade una grande responsabilità nei confronti della collettività.
È proprio per onorare questa sua straordinaria capacità di continuare a guardare al futuro ed impegnarsi per esso che è nato il premio che porta il suo nome. Di anno in anno questa manifestazione cresce e diventa luogo di incontro per tutti quei giornalisti che con coraggio e determinazione descrivono all'opinione pubblica storie scomode, ma che hanno bisogno di essere raccontate. Del resto una stampa libera e indipendente rispetto al potere è essenziale per mantenere forte e democratica la nostra comunità.
Franco Giustolisi ci ha insegnato a non arrenderci mai e a continuare a nutrire la nostra speranza, anche quando si è soli e le possibilità di farcela sembrano essere pochissime.
Le vincitrici ex aequo del Premio 2017 incarnano perfettamente questo spirito. Valeria Ferrante ha realizzato una inchiesta sul traffico dei migranti nel Canale di Sicilia: un argomento di assoluto interesse che interroga le nostre coscienze prima ancora che le istituzioni. Marilù Mastrogiovanni ha portato avanti un lavoro meticoloso e puntuale sulla Sacra Corona Unita, ricevendo per questo anche pesanti minacce. La sua storia è tristemente simile a quella di tanti cronisti che ogni giorno, anche a costo di grandi pericoli e dolorose rinunce, si impegnano perché non si spengano i riflettori sul malaffare, sulla corruzione, sulla criminalità. Il prezzo da pagare è altissimo, la prima minaccia è la solitudine alla quale troppo spesso sono condannati questi coraggiosi giornalisti. Siamo noi - istituzioni e cittadini - a dover costruire quella rete di sostegno che dà l'energia per sopportare il peso delle intimidazioni.
La Giuria, che ringrazio per il suo contributo, ha poi assegnato a Ilaria Bonuccelli il premio speciale "Franco Giustolisi - Fuori dall'Armadio" per avere, con la sua inchiesta originale sui call-center, messo in moto non solo l'interesse del pubblico ma anche quello della politica fino ad arrivare a proposte normative che rafforzano la tutela della privacy e dei cittadini.
A Maurizio Molinari, Ferruccio de Bortoli, Fabio Isman, Donatella Alfonso e Raffaella Calandra, vincitori degli altri premi, vanno i miei più sentiti complimenti.
La novità di quest'anno, che saluto con grande emozione, è l'istituzione di una sezione dedicata alle scuole promossa dal Comune di Boves. Boves è stata teatro di un efferato eccidio commesso dai nazifascisti: una ferita, une delle tante, mai rimarginata, che ancora oggi segna nel profondo la memoria di questa comunità e dell'Italia intera.
Non possiamo e non dobbiamo dimenticare: abbiamo bisogno di coltivare la memoria, di non cancellare le tracce delle sofferenze subite dal nostro popolo, di costruire giorno dopo giorno le condizioni perché simili orrori non si ripetano.
Quello della memoria è un dovere nei confronti dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime, oltre che verso le migliaia di caduti. Ancora possiamo contare su alcuni dei protagonisti di quell'epoca ma verrà il giorno in cui il testimone della memoria sarà consegnato definitivamente alle nuove generazioni, che avranno il compito di custodirlo e trarne preziosi insegnamenti.
Natale Macario, che è oggi qui insieme a noi, scelse, poco più che ventenne di diventare partigiano e di lottare per la liberazione del nostro Paese dalla dittatura. Il suo racconto di quei mesi è una testimonianza di altissimo valore e di grande impatto: la durezza delle torture subite, l'angoscia di essere da un momento all'altro fucilati, il duro lavoro cui fu sottoposto in Germania e poi in Croazia. Attraverso i suoi racconti è possibile ricomporre frammenti di una storia personale che inevitabilmente si sovrappone con quella del nostro popolo, dei tanti italiani che subirono feroci ingiustizie e violenze da parte dei nazisti.
Coinvolgere i ragazzi e le ragazze delle scuole primarie e secondarie di primo grado di Boves significa innanzitutto offrire loro l'opportunità di misurarsi con la storia della loro città, di divenire essi stessi testimoni. Approfondire quei fatti conduce ad una migliore comprensione del grande valore dei principi iscritti nella nostra Costituzione; significa, soprattutto, metterli in guardia dal rischio di non saper riconoscere e contrastare adeguatamente i rigurgiti fascisti che si affacciano prepotentemente nell'Italia contemporanea.
Basta pensare alle recenti intimidazioni a danno di cittadini e volontari a Como, o a quella sotto la sede del gruppo Repubblica-Espresso, per capire che mai si deve abbassare la guardia, mai si deve commettere l'errore di sottovalutare questi episodi che troppo spesso e troppo in fretta vengono minimizzati.
Ancora una volta occorre che il giornalismo, così come lo ha vissuto, interpretato e insegnato Franco Giustolisi, si faccia argine, strumento di conoscenza, di educazione, di attenzione pubblica.
Grazie dunque a quanti di voi si assumono ogni giorno questo straordinario e vitale impegno. Grazie all'Archivio Giustolisi e complimenti a tutti i vincitori.