Sui tragici atti di terrorismo perpetrati contro gli Stati Uniti d'America
(Seduta n. 38 del 18 settembre 2001)
Colleghi senatori, prima di iniziare i nostri lavori, permettetemi di dire alcune parole. Quando ci siamo lasciati, prima della pausa estiva, le parole diffuse sulle nostre bocche erano di augurio, di buone ferie e di buon riposo, parole che contenevano messaggi di serenità, di tranquillità e perciò anche di pace.
Oggi riprendiamo i nostri lavori in un clima completamente diverso e, come già è stato detto, in un mondo decisamente cambiato, perché le parole più diffuse sulle nostre bocche, come anche di tutti i nostri concittadini e di tante parti del mondo, sono quelle di conflitto e di guerra.
L''11 settembre, martedì della settimana scorsa, con l''attacco terroristico all''America è accaduto un evento che ha sconvolto le nostre coscienze, che ci ha colpito, ci ha commosso, ci ha coinvolto e appunto, come è stato detto da più parti, ha effettivamente cambiato il mondo. Io credo che, per un tempo, ahimè, presumibilmente non breve, niente sarà più esattamente come prima.
In primo luogo, desidero - a nome mio personale, ovviamente, ma anche di tutti voi, ne sono certo, di tutto il Senato - esprimere il cordoglio per le vittime, il cui numero ancora indefinito sta a dimostrare l''impressionante misura tragica dell''evento che ha sconvolto il mondo. Cordoglio, in particolare per le vittime italiane, perché là, in un numero, ahimè, ancora non precisato, sono morti nostri concittadini, che lì erano per motivi di lavoro o di affari o magari per motivi di riposo o in visita a parenti e amici, tanti quanti ne abbiamo negli Stati Uniti.
Desidero anche comunicare al popolo americano, certamente a nome di tutti noi, quel popolo a cui ci accomunano tanti legami di carattere storico, politico, culturale ed anche sentimentale e affettivo, i sentimenti della nostra solidarietà e della nostra amicizia.
Noi siamo anche ammirati dall''abnegazione di quel popolo e di quei cittadini, dal loro coraggio, dal senso della patria e della comunità che stanno manifestando in questi giorni tragici, dal loro stringersi attorno ai simboli dell''unità nazionale e delle istituzioni, al di là delle divisioni politiche, e anche da quel patriottismo e quel senso di fiducia anche economica che ha fatto sì che in questi giorni e in queste ore la Borsa americana non tracollasse.
Dicevo che il mondo è cambiato e delle parole di guerra che sono state pronunciate in questi giorni. Io credo che sia stata colpita, con quell''attacco proditorio, una civiltà, quella occidentale, che ci ha dato le nostre istituzioni democratiche, rappresentative, anche sovranazionali, che si è dotata di Carte nazionali ed internazionali di diritti fondamentali degli uomini, a partire dal diritto e dal dovere di rispetto delle minoranze, siano esse religiose, razziali o di altro tipo. Una civiltà che, con il tempo, con le lotte, con le controversie, anche con le guerre, ma finalmente, ha fatto propri i concetti di tolleranza, di solidarietà e di integrazione. Diciamo tutti che gli Stati Uniti d''America sono un melting pot, ma tutto l''Occidente, cari amici e colleghi, è un grandioso crogiolo di tradizioni, di razze, di storie, di culture, di modi di pensare e di vivere. L''Occidente, da questo punto di vista, è esattamente la negazione del pensiero unico; l''Occidente è l''esaltazione della diversità e della tolleranza per la diversità.
Per questo, essendo stata colpita questa civiltà, siamo stati colpiti tutti noi. E'' stata colpita la nostra civiltà, quella che nei secoli ci ha fatti grandi, la civiltà di Socrate, di Cristo, di Galileo, di Averroè, di Kant, di tutti quei grandi che hanno reso per noi apprezzabile la cosa che più riteniamo fondamentale, cioè la libertà dei singoli e la libertà dei popoli.
Io credo che sia questa civiltà che noi oggi siamo chiamati a difendere. In che termini, in che modi, lo decideranno coloro che hanno responsabilità di governo, a cominciare dai Capi di Stato e di Governo, ma anche dai Parlamenti, che sono chiamati, come il nostro, a dibattere queste terribili e fondamentali questioni.
Questo Senato durante i giorni scorsi, quando i lavori dell''Aula non erano ancora cominciati, ha già visto svolgersi un dibattito in sede di Commissioni congiunte esteri e difesa, dove il Governo ha riferito sulle evoluzioni della situazione. Avremo altre occasioni per dibattere e si tratterà di dibattiti certamente importanti.
Dobbiamo reagire. Dobbiamo avere consapevolezza esatta di ciò che è accaduto e di qual è la posta in gioco. Credo che la battaglia, o la guerra - ritengo che neanche il linguaggio ci debba spaventare - non possa essere indiscriminata. Dovrà essere ferma contro questi centri del terrorismo che vogliono mettere in discussione i nostri princìpi ed i nostri valori, ma occhiuta, decisa ma mirata. Guai, credo, a perdere la misura. Guai a trasformare questa lotta al terrorismo in una guerra tra persone che si dividono tra bene e male, in una guerra manichea. Guai a trasformare questa battaglia in una guerra di religione.
L''Islam è una grande religione. L''Islam non è il nostro avversario: sono alcuni gruppi fanatici che, in nome di una manifesta manipolazione dei suoi princìpi, ci fanno guerra, non l''Islam stesso. L''Occidente ha integrato l''Islam e noi siamo orgogliosi di avere nel nostro territorio e in tutto l''Occidente cittadini che professano liberamente quella religione.
Dicevo, guai a noi a commettere errori in questo senso, a sbagliare bersaglio, ma guai anche ad un Occidente che, per calcolo o per astuzia, rifuggisse dalle proprie responsabilità. Ciò di cui abbiamo bisogno, io credo, è un Occidente fermo e coraggioso, ma non si può essere fermi e coraggiosi se, al tempo stesso, non siamo orgogliosi della civiltà che abbiamo dato al mondo.
Ancora una volta la condoglianza ai nostri concittadini morti e a tutte le vittime di martedì 11 settembre scorso.(Vivi applausi dai Gruppi FI, AN, CCD-CDU:BF, LNP, DS-U, Mar-DL-U, Verdi-U, Aut, Misto-Com e Misto-SDI).