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Il Presidente: Intervento in Assemblea

Cerimonia per lo scambio degli auguri di fine anno al Quirinale

Signor Presidente della Repubblica,
è con vivo piacere che Le rivolgo gli auguri più sentiti, in occasione delle festività del Santo Natale e di fine anno, anche a nome del Presidente della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Presidente della Corte Costituzionale, delle Autorità civili e militari della Repubblica e di tutti i presenti.
Questo incontro augurale è una opportunità preziosa per manifestarLe, ancora una volta, la stima e l'apprezzamento delle forze politiche e delle maggiori Istituzioni del Paese per la grande saggezza e l'equilibrio con i quali Ella esercita l'alta responsabilità di rappresentare l'unità della Nazione italiana, in un momento in cui prospettive economiche, tensioni politiche ed emergenze sociali rendono ancora più arduo l'esercizio del Suo mandato.

È consuetudine, in questa occasione, sottolineare alcuni punti oggetto di attenzione particolare nell'anno che si conclude.
Questo mi consente, ma direi mi obbliga, in considerazione della percezione che ne hanno gli italiani, di fare innanzi tutto una riflessione sulla grave situazione economica internazionale che, pur iniziata oltre oceano e certamente più significativa in altri Paesi, è però oggi la maggior ragione di preoccupazione per i nostri connazionali.
Questa crisi, che è non solo finanziaria ma anche produttiva, impone ai governi di garantire una azione attenta per arginarne gli effetti, alle istituzioni di offrire un sostegno costante a tutti gli attori della nostra organizzazione sociale e a tutti noi, come uomini e cittadini, di fare una riflessione sul valore della solidarietà da contrapporre ai troppi egoismi che hanno caratterizzato e forse anche determinato la crisi.

Una solidarietà che in Italia ha sempre contraddistinto l'azione dello Stato ma anche il comune sentire.
Solidarietà come sostegno alle fasce più deboli della popolazione e alle aree più depresse e arretrate del Paese, ma anche come condivisione delle attività dei nostri tanti cooperanti per la pace, laici e religiosi, e anche dei nostri soldati che cercano, nelle zone di guerra più pericolose, di condurre una difficile azione di pacificazione.
In prossimità del Santo Natale il pensiero corre a quanti non gioiranno di queste festività: perché perseguitati, affamati, vittime della guerra e del terrorismo. Uomini, donne, bambini.

Se la crisi economica che il mondo sta attraversando ci obbliga a guardare fuori dai nostri confini, cerchiamo di guardare anche, non solo con sguardo compassionevole ma anche attraverso azioni concrete, ai deboli e ai perseguitati.
Ce ne fa obbligo l'etica e l'equità, valori che devono contraddistinguere le nostre azioni di uomini e di esponenti delle istituzioni.
Sono proprio l'etica e l'equità quelli che probabilmente sono mancati in questi anni al mercato - investito oggi dall'uragano di una crisi che rischia di sconvolgere il mondo - che invece deve poggiare su un criterio di giustizia che colloca al centro di ogni riflessione e di ogni azione la persona, comprendendone le esigenze ed i bisogni.
Il raggiungimento del profitto - assolutamente legittimo - va così inserito in un percorso che sappia accompagnarsi alla tutela delle persone: dei lavoratori, dei consumatori, delle nuove generazioni, ed anche di coloro che - per ragioni diverse - si trovano fuori dal circuito del mercato, perché più deboli e svantaggiati. E tutto ciò nell'interesse della stabilità e dello sviluppo dello stesso mercato.

Anche all'interno del Paese ci sono questioni, forse meno coinvolgenti dal punto di vista emotivo, ma certamente importanti per il nostro assetto sociale ed istituzionale, che meritano una grande attenzione.
Fra queste questioni c'è quella relativa al rapporto, nuovo e diverso ma ugualmente forte e produttivo per il Paese, fra Stato centrale e autonomie.
La questione del federalismo fiscale sarà nei prossimi mesi oggetto di dibattito e, mi auguro, finalmente, di soluzione legislativa.
Il Senato, in un ordinato quadro di ripartizione della propria attività con la Camera dei deputati, sta lavorando su questo tema in modo concreto e, mi auguro, risolutivo, favorendo un confronto costruttivo con tutte le forze politiche, ciascuna delle quali si è dimostrata pienamente consapevole della rilevanza fondamentale di questo tema sia sotto il profilo istituzionale, sia sotto il profilo economico-finanziario.

Dare giusta prospettiva al tema del federalismo servirà anche a fornire giuste risposte al malessere antico del Nord, ma dovrà anche essere utile per impostare in modo nuovo il rapporto fra Nord e Sud, fra aree forti ed aree meno sviluppate del Paese in una logica, appunto, di federalismo solidale che, senza lasciare indietro nessuno, favorisca invece una crescita omogenea e non diseguale.
Come ho avuto modo di ricordare, il Sud chiede di partire dai dati oggettivi, da un ritardo inconcepibile nella creazione di una adeguata rete di infrastrutture, che va ormai colmato; da problemi ambientali, diffusi peraltro ben oltre le sole regioni meridionali e spesso creati e sfruttati dalla criminalità organizzata; dalla necessità di una presenza forte dello Stato che dia fiducia ai cittadini e agli operatori economici.

Non spetta certamente al Presidente del Senato, né sarebbe questa la sede opportuna, fare un elenco dei tanti altri problemi all'ordine del giorno, né indicare le priorità o i mezzi per fare ad essi fronte.
Ma alcune questioni, e fra queste voglio ricordare quella della giustizia e della sua riforma, si sono imposte con forza all'attenzione dell'opinione pubblica.
Quello che vorrei oggi sottolineare è un problema di metodo, per affrontare una questione che non riguarda solo i politici, ma in primo luogo i cittadini, ai quali occorre assicurare una giustizia equa, rapida ed imparziale.

Parlare di riforma della giustizia è oggi non solo utile ma necessario. Occorre farlo presto e, se possibile in modo concorde.
Sono assolutamente convinto che nessun politico intende realizzare le riforme contro qualcuno ma piuttosto per qualcuno: per i nostri cittadini e nel loro solo ed esclusivo interesse.
E nel caso della giustizia, come in tutti i casi che toccano questioni essenziali che incidono sullo stesso tessuto connettivo della nazione, la via da percorrere è una sola: quella del confronto parlamentare, scevro da pregiudizi ed inutili ideologismi.
Nell'anno che si sta per concludere, si è poi venuta ad imporre, con crescente e a tratti drammatica attenzione dell'opinione pubblica, la questione fondamentale del rapporto e della dialettica tra politica, diritto, etica e del nesso tra scelte individuali e questioni o, se si preferisce, "ragioni" pubbliche.

L'ampiezza di questa prospettiva ha coinvolto specialisti, medici, filosofi, giuristi e ha portato ad una riflessione, indubbiamente articolata, sul senso stesso della vita, della cosiddetta "umana esistenza", e del suo "intrinseco valore".
Sembra ormai maturo il tempo quindi per una compiuta discussione in sede parlamentare, dove il dibattito sulle disposizioni anticipate di volontà si è arricchito dell'impegno fattivo e costruttivo di tutte le componenti politiche.

Rispettare la persona significa anche riconoscerle quella autonomia e libertà che le sono proprie, ma certamente resta problematico imporre ad un terzo un obbligo diverso dall'esercizio dei doveri di solidarietà. Un punto di equilibrio va allora ricercato non "al ribasso", ma salvaguardando sia il diritto e il valore della vita umana sia la coscienza e la libertà di ciascun individuo.
L'esperienza di chi guida un'Assemblea legislativa consente di indicare una strada, un metodo che vale per questa come per altre questioni: quello del confronto parlamentare.

Quante volte questioni estremamente controverse, oggetto anche nel paese di contrasti profondi, hanno trovato nel lavoro paziente delle Commissioni e dell'Aula un filo conduttore che ha saputo portare ad una soluzione.
Il che non ha mai significato il venir meno della identità politica di nessuno, della maggioranza o della opposizione, ma ha invece consentito di giungere a quella sintesi "del possibile" che è l'essenza stessa dell'attività politica.
Il metodo del confronto, come ora delineato, è quindi il metodo con il quale tutte le questioni, anche quelle di carattere più propriamente etico e morale, possono essere superate.
Ci si può dividere sui percorsi, sulle proposte, sulle soluzioni. Non è possibile però, su temi di valore istituzionale e di alto contenuto morale, non confrontarsi con chi ha visioni diverse dalle nostre.
Salvo sempre il diritto della maggioranza, al termine del percorso, di poter decidere.

In queste ultime settimane, e certamente lo sarà sempre di più nelle prossime, è stata al centro del dibattito politico ma anche dell'interesse dei cittadini la delicata questione delle riforme costituzionali.
Non farvi riferimento significherebbe sorvolare su uno dei passaggi più importanti dello sviluppo del nostro Paese.
L'Italia è una nazione libera, democratica, ricca dei valori condivisi di libertà, solidarietà ed equità sociale.
Tale l'ha resa una carta costituzionale nata nell'Assemblea Costituente grazie al confronto - laico e leale, scevro da pregiudizi e finalizzato davvero al raggiungimento del migliore risultato possibile in quelle condizioni storiche - fra parti politiche che sessant'anni fa apparivano irrimediabilmente contrapposte.
Seppero invece dimostrarsi avversari, ma non nemici e capaci di arrivare per il bene del paese ad un risultato che ci ha consentito di diventare una grande nazione.

Quella Costituzione è ancora oggi viva e vitale e, per quel che riguarda la sua prima parte, non abbisogna di correttivi né di rivisitazioni.
Ma dobbiamo avere la capacità - prendendo a prestito lo spirito dei padri fondatori - di dare vita ad un confronto sfrondato dai preconcetti e dagli sterili ideologismi per intervenire su quelle questioni che rischiano di rallentare il nostro sviluppo, di non consentire all'Italia di essere, nei prossimi anni, protagonista dei grandi cambiamenti che una visione globalizzata imporrà.

L'augurio per l'anno che viene è che tutte le forze politiche sappiano guardare, più che alle proprie posizioni di schieramento, al bene comune.
Sappiamo tutti, Signor Presidente, con quanta discrezione, prudenza, ed equilibrio Ella ha contribuito in questi mesi al superamento di difficili passaggi politici ed istituzionali, indicando a tutti noi questo metodo del confronto come l'unico capace di aiutarci a superare le difficoltà del Paese.
Confronto che non vuol dire indistinto unanimismo, ma capacità di dialogo con chi ha analisi e prospettive diverse dalle nostre, alla ricerca delle convergenze possibili.

Di questo lavoro paziente, che i cittadini hanno imparato a conoscere ed apprezzare, Le siamo grati.
Signor Presidente credo che Ella condivida, in questa occasione, la mia scelta di rivolgere un pensiero ed un augurio di solidarietà e di sostegno a tutte quelle famiglie - genitori, mogli, figli - che hanno perso un proprio congiunto per una delle sempre più numerose morti bianche.
Quello per la sicurezza sul lavoro deve diventare un impegno collettivo per la nostra nazione, con una assunzione congiunta di responsabilità delle imprese, e delle istituzioni.
Morire sul lavoro è inaccettabile e strazia le nostre coscienze. Insieme all'impegno per la legalità e la lotta alla criminalità organizzata, quello per la sicurezza sul lavoro deve diventare un obiettivo irrinunciabile.

Signor Presidente,
il nostro è un Paese sano, ne sono convinto. I cittadini che studiano, che lavorano, che rischiano con coraggio tutti i giorni nelle loro attività, che affrontano le quotidiane difficoltà di questi tempi chiedono a noi politici di operare con concretezza.
Di saper assumere quel ruolo di guida responsabile e sicura che ha consentito alla nostra Italia di uscire dalla guerra, di divenire una potenza economica, di sconfiggere il terrorismo, di resistere alla criminalità organizzata, di superare tante difficoltà economiche.
Dobbiamo farlo. Lo dobbiamo a tutti i cittadini.

I Presidenti delle Camere metteranno a disposizione le proprie risorse di prudenza, mediazione ed esperienza, perché tutte le forze politiche possano meglio concorrere alla soluzione dei temi strategici del Paese.
Sono queste le riflessioni e gli auspici con i quali rivolgo ancora un sincero augurio a Lei, Signor Presidente, e a tutti i presenti.