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Il Presidente: Intervento in Assemblea

Convegno "Federalismo e infrastrutture per il rilancio del Sistema Italia"

Autorità, Signore e Signori.
Ad un anno dalla precedente occasione, rinnovo oggi con piacere l'appuntamento con il vostro Istituto, custode della tradizione bancaria italiana.
Ricordo ancora le conclusioni del 21 ottobre 2008, che costituirono un importante contributo all'interpretazione delle dinamiche economiche in atto nel nostro Paese e per delineare nuovi scenari.
Allora ci domandavamo quale sarebbe stato l'effetto della crisi finanziaria sull' economia reale del Paese.
Alcuni temevano il crollo dell'intero sistema creditizio; gli Stati e le autorità monetarie si interrogavano sull'entità e la natura delle misure da intraprendere.

Oggi, la situazione è diversa.
In settembre è cresciuta la fiducia dei consumatori italiani mentre il fondo monetario ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita del Paese, facendo capire che il peggio potrebbe essere passato.
Il nostro sistema finanziario e bancario ha retto, si intravedono spiragli di luce.
Non tutti i problemi sono però risolti.
Occorre continuare ad essere estremamente vigili, sopratutto sul fronte dei conti pubblici.
In cima alle nostre preoccupazioni è l'impatto della crisi sull'occupazione.
Bisogna profondere ogni sforzo per mitigare gli effetti del calo dell'attività produttiva sui posti di lavoro.
La stessa stagnazione relativa del PIL italiano degli anni recenti deve essere interpretata con attenzione.
Proprio la crisi ha evidenziato che il maggiore sviluppo degli USA e degli altri paesi occidentali dell'Unione europea dal 1995 è connesso alla crescita esponenziale del debito privato, associata alla crescita della bolla immobiliare e finanziaria.

In Italia siamo riusciti a evitare il crollo del sistema grazie anche ai tre punti di forza che il Paese ha dimostrato di avere nel campo della finanza: la maggiore solidità delle banche; il contenuto indebitamento delle famiglie; il ridimensionamento del ruolo della finanza nell'economia.
Nei momenti della crisi, le banche italiane hanno dimostrato di possedere alcuni preziosi punti di forza: la fedeltà al modello tradizionale di banca commerciale, la spiccata propensione ad essere banche territoriali e infine la discreta capitalizzazione.
Ciò ha consentito al Governo di non dover intervenire nella maniera massiccia che è stata necessaria utilizzare in altri grandi paesi dell'occidente.
Dobbiamo però fare tesoro di questa esperienza per evitare che simili situazioni possano riprodursi nel nostro Paese in futuro.
La crisi ci ammonisce a non dimenticare due regole economiche elementari.

In primo luogo, l'esperienza degli USA dimostra che né gli individui né gli Stati possono vivere a lungo al di sopra dei propri mezzi.
In secondo luogo, si è reso evidente quanto la moneta e la finanza, in virtù della loro natura scritturale, o quasi virtuale, possano produrre bolle finanziarie pericolose.
La nuova vigilanza su banche e mercati deve essere organizzata intorno a due elementi: in primo luogo, le autorità vigilanti devono acquisire sempre migliori informazioni, devono possedere una elevata credibilità ed essere indipendenti e responsabilizzati.
Per questo il G20 ha impostato una nuova architettura di coordinamento dell'economia mondiale.
Sin dall'inizio della crisi ci siamo preoccupati di mitigarne le ricadute sociali.

Nel contempo, abbiamo dovuto misurarci anche con ulteriori problemi di non poco conto, come l'apertura in Abruzzo, dopo il tragico terremoto, del più grande cantiere del nostro Paese.
Proprio in Abruzzo ho potuto constatare un momento di sinergia tra pubblico e privato e di solidarietà tra i cittadini e le istituzioni.
Sono sicuro che uno sforzo simile sarà profuso anche in favore della recente tragedia di Messina.
Le infrastrutture e la tutela del territorio, infatti, si pongono su piani diversi ma paralleli.
Le prime richiedono risorse certe e una visione strategica nazionale coordinata.
La tutela del territorio necessita una gestione responsabile e un'azione di contrasto all'abusivismo.
Al contempo, occorre aiutare l'impresa.

In tal senso, alcune iniziative, e in particolare "Crescere insieme alle imprese", l'accordo tra il vostro gruppo e Confindustria con lo scopo di assicurare la continuità del credito verso le piccole e medie imprese italiane e favorire interventi specifici per sostenere le imprese in difficoltà.
Sono segnali importanti.
Ho appreso con soddisfazione che per questa finalità è stato destinato un plafond di 5 miliardi di euro dedicato ad iniziative specifiche a livello locale del territorio.
Ciò attesta come l'istituto si stia impegnando concretamente per garantire il credito al tessuto produttivo italiano e smentisce la tesi dell'opinione pubblica secondo la quale le banche avrebbero disinteresse verso la clientela al dettaglio e le imprese.
Le istituzioni pubbliche, dal canto loro, devono porsi il problema di come garantire che l'esercizio del credito sia tutelato ed efficacemente governato.
Il problema al quale io credo la politica debba dare una risposta efficace è dunque quello di rimuovere le tante cause che impediscono alle banche di erogare il credito in condizione di serenità.

Le sofferenze bancarie sono infatti molto difficilmente recuperabili in Italia alla luce della complessità del nostro ordinamento.
Per fare affluire più risorse all'economia, allora, può essere più risolutivo, da parte delle Istituzioni, individuare strumenti idonei a rilanciare la domanda e garantire la solvibilità dei creditori.
In questo senso, giudico positivo l'accordo del 3 agosto, la ben nota moratoria sui debiti delle piccole e medie imprese.
Altre iniziative sono state adottate in questa direzione
I vertici dell'Istituto non si sono mai sottratti al confronto con le categorie produttive.
Vi esorto pertanto a continuare così e a curare in primo luogo il rapporto con la clientela al dettaglio; l'Italia si fonda su una trama di piccole imprese che la fanno ricca e vitale. Il credito ne deve essere l'ordito.
In uno scenario in cui si cominciano a intravedere segnali positivi, i temi delle infrastrutture e quello del federalismo restano fondamentali.

Il Parlamento ha di recente approvato la legge sul federalismo fiscale.
Esso rappresenta allo stesso tempo un'occasione e una sfida per l'Italia.
L'obiettivo deve essere quello di una maggiore responsabilizzazione delle istituzioni e di una amministrazione più efficiente e più vicina ai cittadini.
Il federalismo fiscale si fonda infatti su tre principi: autonomia, solidarietà, responsabilità.
Al riconoscimento di maggiore autonomia finanziaria per gli enti territoriali, punto di avvio della riforma, si accompagna la riaffermazione del principio di solidarietà tra aree forti e aree deboli del Paese.
Tutto questo è declinato in un'ottica di maggiore responsabilizzazione e responsabilità delle autonomie, chiamate a dar conto alle rispettive comunità dell'uso delle risorse pubbliche.
Questo è in estrema sintesi il disegno di riforma.

Il Mezzogiorno deve affrontare tale sfida perché essa inserisce nell'ordinamento dei modelli virtuosi di competizione e di efficienza che si coniugano con una maggiore responsabilità da parte delle amministrazioni locali verso il raggiungimento di determinati standard di servizi erogati al cittadino.
Federalismo e questione meridionale sono strettamente collegati.
La risoluzione dei problemi del Mezzogiorno è fondamentale per il futuro del Paese.
Proprio alla luce della riforma si affiancherà alla solidarietà nazionale il federalismo responsabile.
Di recente, il Senato ha approvato una mozione sull'uso dei fondi per le aree sottoutilizzate, che impegna il Governo, fra gli altri, a due obiettivi: la riduzione del divario economico con un piano per il Mezzogiorno, ed apposite misure per agevolare fiscalmente le iniziative imprenditoriali presenti.

L'attuazione del federalismo fiscale non può prescindere dal ripensamento degli strumenti necessari ad attenuare il divario di infrastrutture che è a monte del dualismo territoriale.
La dotazione autostradale è particolarmente deficitaria, per cui sulla complessiva dotazione del Paese pari a 100, abbiamo nel mezzogiorno una dotazione pari a 78,6 contro il 114, 8 del Centro-Nord.
Ma sono tutte le dotazioni di base della mobilità - le cosiddette "reti" di trasporto - ad essere palesemente insufficienti costituendo un grave ostacolo alla sviluppo del sud. Il valore dell'indice sintetico di dotazione infrastrutturale è per il Mezzogiorno pari a 49,4, meno della metà di quello ricavabile con riferimento al Centro-Nord, che è pari a 115,7.
Ed altrettanto allarmanti sono i dati che riguardano le infrastrutture per l'energia (la dotazione media nel Mezzogiorno è, infatti, pari al 75,6% di quella nazionale), nonché l'indice sintetico di dotazione di reti idriche, che pone complessivamente il Mezzogiorno ad un livello (65,6) pari a poco meno della metà di quello rilevabile per il Centro-Nord (135,2).

Su questo tema la consapevolezza è sempre maggiore.
Di recente dalla Presidente Emma Marcegaglia sono giunte numerose proposte per il rilancio del Paese, approvate dal Presidente del Consiglio in un recente incontro.
E' stato chiesto, fra l'altro, al Governo un patto per rilanciare le infrastrutture e uscire così dalla crisi più rapidamente.
Lo sviluppo infrastrutturale è centrale per lo sviluppo del Paese.
L'impero romano divenne tale grazie alle strade, oltre che alla lingua latina.
In tempi più recenti, l'Italia del secolo scorso riuscì a realizzare un' unità di fatto grazie alla rete ferroviaria e successivamente alla rete autostradale, a cui poi si aggiunsero il sistema autostradale e quello aeroportuale.
Il nostro Paese è interessato a cinque dei dieci corridoi che si devono realizzare in Europa, e di questi, quattro sono quelli che riguardano il Mezzogiorno. ( Berlino-Palermo, Genova-Rotterdam-Palermo, il corridoio 8 e le Autostrade del Mare).
Le reti TEN, insomma, sono un collegamento fondamentale per creare un sistema infrastrutturale integrato che faccia dell'Italia la "piattaforma logistica del Mediterraneo".

Occorre immaginare un sistema integrato in cui strade, autostrade ferrovie, porti, aeroporti, autostrade del mare, interporti, abbiano il ruolo che compete loro.
Proprio in Senato, nel corso di un recente convegno, si è individuato nel ritorno alla politica delle infrastrutture, incentrata in particolare nell'Euromediterraneo, un motore fondamentale per la crescita dell'Italia.
A quella che si definisce "infrastrutturazione primaria" va sommata inoltre quella messa in opera da soggetti secondo livello, e cioè dei soggetti diversi dallo Stato centrale.
Fra essi, le Regioni, le città, le autorità portuali e aeroportuali, gli enti locali e economici.
A questo livello è molto importante sostenere gli investimenti con risorse diverse dalla finanza pubblica.
Solo un'adeguata politica di rilancio delle infrastrutture consentirà al Paese di ripartire.

Il problema delle risorse per finanziare le grandi opere rimane centrale.
Dobbiamo evitare che ad ogni cambio di governo o di legislatura ci siano ripercussioni sui progetti strategici per il Paese, nonostante talvolta siano state impegnate risorse pubbliche per la fase di progettazione.
Dobbiamo ritornare su alcuni punti, in particolare sullo sviluppo della finanza di progetto ed sulla revisione delle modalità di finanziamento da parte della Cassa depositi e prestiti.
Occorre poi introdurre dei criteri di selezione basati sulla reputazione delle imprese, per scegliere con maggiore oculatezza quelle da invitare alle gare.
E' inoltre necessario creare strumenti di informazione e di confronto preventivo con le comunità locali, a cui deve seguire, in tempi ragionevoli, una decisione.
Una migliore infrastrutturazione dei territori può contribuire a rinsaldare l'unità nazionale e superare il dualismo territoriale, un problema irrisolto sin dalla nascita del nostro Stato.
In ciò, e non nel mero assistenzialismo, si può tradurre quel principio di "solidarietà responsabile" che deve guidare le politiche di sviluppo del Mezzogiorno.

Due sono le azioni di fondo da perseguire: garantire investimenti per dare una adeguata formazione alle nuove generazioni del Mezzogiorno e assicurare la certezza dei rapporti giuridici, attraverso gli interventi necessari all'affermazione del principio di legalità, contro ogni forma di malversazione e di infiltrazione criminale nell'economia.
Su questi temi non si deve mai abbassare la guardia.
Un complesso di azioni di questo genere consentirebbe anche di rilanciare una delle attività strategiche nel Mezzogiorno: il settore turistico, che avete posto al centro della giornata di oggi.
Nel Sud vi sono già numerosi esempi di eccellenze nel settore turistico, cui si sommano tante piccole e medie imprese che operano in modo egregio.
Si tratta del ben noto "capitalismo di territorio", un modello di sviluppo della nostra Italia che può dimostrarsi vincente se sapremo difenderlo valorizzandolo con un federalismo responsabile.
Nonostante la ricchezza del patrimonio ambientale e artistico, infatti, quello del Sud viene spesso percepito come un turismo stagionale mentre il turismo d'affari e congressuale, sviluppato nei mesi invernali, è praticamente assente.

Occorre dunque partire dalla consapevolezza che ogni progresso materiale ed economico, è pur sempre il frutto di un avanzamento, anzitutto sul terreno civile e delle virtù morali, delle comunità che vi sono coinvolte e dell'attenzione che vi si presta al bene comune.
L'esigenza primaria del nostro Paese è quella di ricostruire la fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni pubbliche.
L'Italia ha uomini e imprese di altissimo livello, capaci di crescere.
Per farlo deve continuare ad affermare la propria efficienza e competitività.
Serve da parte di tutti uno scatto d'orgoglio.
Dobbiamo essere fieri del nostro Paese, delle nostre imprese, dei nostri giovani e dobbiamo avere il coraggio di mettere da parte le polemiche, perché queste danneggiano l'Italia.
Dobbiamo servire i cittadini, non servirci dei cittadini.

E' questo il tempo delle riforme, dalla giustizia, all'economia, al rinnovamento delle Istituzioni.
E' tempo del confronto vero, dell'apertura alle sfide che ci attendono.
Non serve chiudersi nei propri fortini, ma tutti insieme dobbiamo costruire fiducia verso il nostro Paese.
Gli uomini passano, le Istituzioni restano e sono il presidio per l'avvenire di tutti.
Nella storia, il Popolo italiano ha sempre dimostrato di unire elevate qualità intellettive, inventive, organizzative, non disgiunte da una spiccata sensibilità umana e da una inclinazione alla solidarietà verso il prossimo.
E sono proprio queste qualità che vanno valorizzate.
Dobbiamo lavorare per realizzare le giuste opportunità per continuare ad affermare il nostro valore in Patria e all'estero.
Vi ringrazio.