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Il Presidente: Intervento in Assemblea

Ricordo di Giuliano Vassalli

Autorità, Signore e Signori,
ricordiamo oggi Giuliano Vassalli, spentosi il 21 ottobre scorso all'età di 94 anni.
La sua vocazione di giurista, arricchita dall'esperienza politica e dall'attività sociale e istituzionale, inizia negli anni drammatici della Resistenza, per poi raggiungere il suo punto più alto nella chiamata a giudice costituzionale e, quindi, a Presidente della Consulta.
Giuliano Vassalli, uomo di diritto e professore, si distinse sempre, per l'ispirazione e per la sua fertile azione, come uomo delle Istituzioni.
Le sue capacità preziose emergono dalla costanza nel tradurre in azione politica, in atto legislativo, in valutazione giurisprudenziale un'immensa e composita cultura che andava dalla criminologia al diritto processuale, dal diritto internazionale a quello comparato.
Ho avuto già modo di ricordare nell'Aula del Senato, come oltre alla coraggiosa militanza antifascista e all'attività parlamentare, l'eredità del professor Vassalli consista proprio nella sua esperienza di giurista umanista, al servizio sia dei progetti di riforma della legge penale, sia di quei casi delicati che si presentano ancora oggi frequenti nella realtà sociale italiana. Entrambi questi aspetti lo videro protagonista nella ricerca di un rapporto costruttivo fra scienza giuridica e società civile.

Senatore della Repubblica nella IX Legislatura, dopo l'elezione a Presidente della Commissione giustizia, diventa Capogruppo del PSI. In seguito, viene nominato Ministro della giustizia da tre diversi Governi, a cominciare da quello Goria del 1987.
Quale Ministro porta a compimento decisive riforme legislative tra cui non si può non ricordare la stesura del Codice di procedura penale e dei relativi correttivi, la disciplina del patrocinio gratuito per i non abbienti, la riforma della legislazione antimafia, alla quale si sono ispirate le norme che, anche in questa legislatura, costituiscono ormai un baluardo sempre più efficace, condiviso da tutti i cittadini.
In seguito, nominato giudice costituzionale, diviene Presidente della Corte nel 1999.

La figura del professor Vassalli ha saputo dare voce forte, autorevole e convincente al miglior riformismo giuridico di questo Paese. E sono lieto che oggi fra i promotori di questa giornata di ricordo, ci siano tanti suoi allievi che alla sua cultura di riformista e al suo magistero si sono ispirati.
E che quella cultura portano avanti con orgoglio nei diversi settori politici, sociali e culturali che li vede ancora oggi protagonisti.
Pochi uomini hanno avuto la stessa capacità di incidere sul tessuto normativo fondamentale: l'impianto accusatorio del nuovo Codice di procedura penale; le necessarie correzioni ed adeguamenti alla carta costituzionale del Codice Rocco; il temperamento del sistema delle misure di sicurezza, fondato sulla pericolosità sociale; l'interpretazione insieme garantista e rigorosa delle disposizioni dell'ordinamento penitenziario e delle misure di prevenzione.
Il suo contributo di giurista creativo e insieme rigoroso si rinviene oggi, in tutta la sua attualità, rileggendo il suo intervento introduttivo agli atti del convegno all'Accademia dei Lincei sul codice di procedura penale, alla cui stesura tanto aveva contribuito.
Vi si scorge - ed erano passati pochi anni dall'entrata in vigore del codice - una profonda capacità di meditazione e di indagine costruttiva sempre volte al perfezionamento degli istituti processuali.
Un'analisi lucida e sensibile.

Quella di un grande riformista, capace di tracciare un panorama nitido delle qualità e dei limiti del nostro codice di procedura penale, anche attraverso la storia della sua genesi e i riferimenti alle scelte di politica processuale che si erano compiute negli anni della stesura.
Ma anche accompagnato dalla consapevolezza realistica di quelli che possono essere i limiti di una azione di riformismo legislativo, non accompagnata da misure che sappiano incidere anche nel campo sociale, economico e culturale.
Questa è l'immensa e ricca eredità che ci lascia il militante politico, l'avvocato, il parlamentare, il Ministro, il Giudice, il Presidente della Corte Giuliano Vassalli.
Ma vi è ancora altro, e ne parlo con orgoglio perché si tratta di un legame peculiare e straordinario che lega Giuliano Vassalli a questa Istituzione e alla Biblioteca del Senato.
Mi riferisco alla preziosissima donazione, da lui voluta, della raccolta di opere di diritto comune e canonico appartenute al padre, Filippo Vassalli, insigne civilista e altro Maestro indimenticabile.
Oggi, il Fondo Filippo Vassalli impreziosisce e nobilita la bibliografia di storia del diritto italiano che già contraddistingue la biblioteca del Senato, completandola con le opere edite nei secoli XVI-XIX e affiancando al patrimonio librario di ius proprium, un rilevante Fondo di diritto comune e canonico.
Ed a Filippo Vassalli è dedicata una sala prestigiosa nella nostra Biblioteca.
Quella generosa donazione ci induce a tornare sul senso profondo della sua esperienza di uomo di cultura. E allora, ancora una volta, si definisce quell'immagine che avvicina Giuliano Vassalli al padre Filippo, proprio come lo ricordava Giovanni Battista Ferri nel suo splendido ricordo "Filippo Vassalli o del diritto civile come opera d'arte": un grande giurista dedito alla missione dell'elaborazione delle leggi.

Credo però che per definire il ruolo di Giuliano Vassalli valgano, più di tutte, le parole che egli stesso usò per descrivere la figura di Aldo Moro, suo amico e collega, meno di due anni fa, in occasione di un convegno commemorativo e che ho avuto modo di ricordare a tutti i colleghi nell'Aula di Palazzo Madama: "In lui era, sin dall'inizio, una duplice personalità di grande politico e di studioso di straordinario rilievo scientifico; insieme convivevano l'intensa attività politica e l'insegnamento universitario".
Parole che accomunano due indimenticabili figure della nostra storia repubblicana, esponenti di una stagione complessa della vita del Paese, che seppero, proprio nella difficoltà dei momenti di crisi, indicare come via di uscita quella delle riforme coraggiose.
Un insegnamento, oggi, ancora valido.