Presentazione del volume "La normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese"
Intervento del Presidente in Sala Zuccari, alla presentazione del volume "La normalizzazione delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica italiana e la Repubblica popolare cinese"
Signor Ambasciatore, Autorità, illustri Professori, Signore e Signori.
Dopo l'incontro con il Presidente Hu Jintao ho avuto l'onore ed il piacere, appena un mese fa, di fare omaggio al Primo Ministro cinese Wen Jiabao del volume curato con grande rigore e puntualità dall'Archivio storico del Senato sui quarant'anni di amicizia tra Italia e Cina. Il volume ricostruisce le tappe fondamentali di un processo di avvicinamento e collaborazione tra due Paesi che hanno individuato negli obiettivi della pace e della stabilità globale gli assi portanti della propria politica internazionale.
Nei diversi scenari critici della politica internazionale è comune e ormai strutturale l'impegno diplomatico e militare: penso innanzitutto alla partecipazione alla missione Unifil alla quale l'Italia contribuisce in modo rilevante e con autentica generosità.
Anche sulle prospettive di riforma del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la sintonia tra i due Paesi si è venuta ad approfondire e rafforzare, divenendo convergenza su obiettivi e concrete strategie operative. Sul piano economico le relazioni tra Italia e Cina hanno raggiunto un alto grado di intensità ed oggi, in una fase di crisi internazionale, rappresentano un'importante opportunità per la ripresa e la crescita reciproca. Il mondo ha guardato con ammirazione all'Expo di Shangai, al quale farà seguito nel 2015 l'Expo di Milano che sarà dedicata al tema fondamentale dell'alimentazione e dell'agricoltura sostenibile.
Sul piano culturale i nostri Paesi hanno realizzato percorsi comuni di proficua collaborazione sia sul versante accademico e della ricerca, sia sul versante artistico, sia infine su quello della formazione. Nel 2006 abbiamo celebrato l'anno dell'Italia in Cina e quest'anno, nel quarantesimo anniversario della normalizzazione delle relazioni diplomatiche, si celebra l'anno culturale della Cina in Italia. Il programma prevede numerose e importanti manifestazioni a cui il governo cinese ha dato un significativo contributo organizzativo. Sul piano istituzionale la recentissima visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rappresenta il suggello di un'azione diplomatica che ha interessato nel corso degli anni l'attività dei diversi governi.
La dinamica delle relazioni tra Cina ed Italia dimostra come sia sempre fondamentale guardare al destino del Paese, al bene dei suoi cittadini, al futuro dei giovani oltre gli interessi di parte, nel reciproco rispetto, con il giusto e doveroso senso della realtà che coincide con lo stesso senso dello Stato. La collaborazione concreta e strategica tra i nostri popoli affonda le radici nella decisione del 1970 di attivare i canali diplomatici, che pose fine ad una ventennale fase di assenza di dialogo.
L'irrealismo delle ideologie sottese alla guerra fredda ha dimostrato storicamente come sia sempre dannoso vivere il presente restando legati a pregiudizi e sia invece saggio e lungimirante governare sapendo sempre guardare oltre.
All'ideologia del pregiudizio e della diffidenza, si deve rispondere con l'idealità di un progetto che realizzi il bene di tutti i cittadini. La politica più coraggiosa è quella che sa essere aperta alle soluzioni migliori, senza preclusioni e senza manovre di corto respiro.
Nel 40° anniversario dell'inizio delle relazioni diplomatiche tra Italia e Cina è giusto ricordare che la firma del comunicato congiunto del 6 novembre 1970 è stata il punto di arrivo di un lungo e complesso percorso politico ed istituzionale. L'allora Presidente del Consiglio, il senatore a vita Emilio Colombo, fu protagonista diretto di un accordo che segnò un'epoca.
L'assenza prolungata di dialogo fra i due Paesi dovuta all'inasprimento della Guerra Fredda e delle logiche di contrapposizione bipolari fu un danno per tutti.
Come per il processo di integrazione europea, le relazioni tra i due Paesi si riavviarono attraverso gli scambi commerciali e le dinamiche economiche.
La saggezza cinese ben esprime quel momento storico e ancora oggi sarebbe molto utile ricordarlo da parte di tutti noi: "Il cammino delle mille miglia comincia con un passo". Talvolta basta un piccolo gesto di disponibilità per riavviare un percorso virtuoso.
Saranno gli illustri studiosi qui presenti ad approfondire gli aspetti storici di un evento fondamentale per l'evoluzione dei rapporti italo-cinesi e a far luce sulla complessità di un processo negoziale che aveva il suo snodo principale nella questione di Taiwan e nella ricerca di una formula che escludesse la teoria dell'esistenza di "due Cine".
Mi limito qui solo a due considerazioni di carattere generale. La prima è che la volontà italiana di procedere alla normalizzazione delle relazioni con la Repubblica popolare cinese non rappresentò una discontinuità con gli impegni assunti nell'ambito dell'Alleanza atlantica, ma anzi testimoniava il dinamismo e il realismo della politica estera italiana. Alla luce di ciò che avvenne negli anni '70, e in particolare l'evoluzione dei rapporti tra la Repubblica popolare e gli Stati Uniti, dobbiamo riconoscere che la posizione dell'Italia fu lungimirante e anticipò le tendenze degli anni successivi nei rapporti tra l'Occidente e la Cina.
La seconda considerazione riguarda i risvolti politici interni della vicenda diplomatica. Durante i mesi del negoziato, compreso tra il febbraio del 1969 e l'ottobre del 1970, si verificarono in Italia ben quattro crisi di governo. Un periodo di forte instabilità, dovuto a una profonda fase di cambiamento della società e della politica italiana, che tuttavia non impedì al governo di mostrare una notevole compattezza in una fondamentale questione di politica estera. Come in altri momenti decisivi della storia democratica del nostro Paese, che investivano le grandi scelte riguardanti la sua collocazione internazionale, anche nel caso del ristabilimento dei rapporti diplomatici tra Roma e Pechino la classe dirigente italiana fece guidare la sua azione dall'interesse nazionale, al di là delle divisioni partitiche e ideologiche. Non è un caso che i due principali protagonisti del negoziato furono due autorevolissime figure della storia dell'Italia repubblicana: Aldo Moro e Pietro Nenni.
La Cina è un paese moderno in grande ascesa, che oggi esce con grande rapidità dalla "recessione globale", e ha varato una corposa manovra di investimenti pubblici all'inizio del 2009, tale da consentire al PIL di non scendere sotto l'8% annuo. Secondo autorevoli previsioni nel 2040 l'economia cinese varrà il 40% del prodotto mondiale, e centoventitre trilioni di dollari, cioè il triplo della crescita mondiale del 2000.
La Cina, insomma, non è più solo " azionista responsabile" di un sistema molto più ampio, ma "locomotiva" che traina con sé molti altri Paesi.
In questo panorama, sono decisivi sia il rapporto della Cina con l'Unione Europea, sia il rapporto con l'Italia.
La UE è il principale partner commerciale della Cina, e Pechino sta per diventare il primo partner commerciale di Bruxelles, sia per la recessione americana, sia per la crescita dell'economia cinese.
Nella sua recentissima visita in Cina, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha dichiarato " L'Italia è il ponte ideale fra la Cina e l'Europa" e ha citato due grandi del passato, Marco Polo e Matteo Ricci.
Politicamente i rapporti fra Italia e Cina sono basati su un partenariato strategico lanciato nel 2004, che comporta scambi di vedute su tutte le grandi tematiche globali.
La Repubblica Popolare è già entrata con forza nelle infrastrutture e nella logistica mondiale, tanto che i primi dieci porti al mondo sono cinesi o di proprietà cinese e ora vuole investire in quelli italiani.
Alla luce degli incrementi delle quote di traffico verso la Cina e per la Cina, e verso tutta l'Asia, l'Italia deve sapere cogliere con tempestività questa sfida e diventare veramente "la piattaforma logistica del Mediterraneo". Per fare ciò, occorre rilanciare il sistema portuale italiano.
L'amicizia tra le nostre assemblee è testimoniata dall'attività dell'Associazione parlamentare "Amici della Cina".
Il contributo di ogni Stato per la realizzazione di una cooperazione, veicolo della civiltà giuridica ed umana, parte dalla consapevolezza che la vera "missione non è quella di cambiare la struttura o l'amministrazione degli altri Paesi", ma di farsi promotore di un dialogo onesto e rispettoso. Queste le parole che Benedetto XVI ha rivolto proprio all'inizio del suo Pontificato agli uomini della Repubblica popolare cinese.
Ciascuno di noi è chiamato a farsi testimone del nostro tempo con onestà e apertura al dialogo. Un dialogo che può maturare abbattendo le barriere apparentemente più alte per il diritto e la giustizia.
Vi ringrazio