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Il Presidente: Intervento in Assemblea

Strage via D'Amelio. 19 luglio 1992. Ricordo di Paolo Borsellino e degli Agenti di scorta.

Intervento del Presidente del Senato Renato Schifani, in Aula

Onorevoli Colleghi,

ricorre oggi il diciannovesimo anniversario della strage di Via D'Amelio nella quale persero la vita il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della Polizia di Stato di scorta Agostino Catalano, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina.
Una pagina tragica della vita della nostra Nazione, un evento che scuote ancora le nostre coscienze e che invita a riflettere e a meditare sulla ferocia e sulla pericolosità della criminalità organizzata che allora non esitò a commettere un delitto così efferato per colpire il cuore della Nazione.

Paolo Borsellino era un giudice che anteponeva su tutto il senso del dovere, dello Stato e i valori della democrazia.
Magistrato dotto, sereno, scrupoloso nell'applicazione delle leggi che ai giovani colleghi invitava ad approfondire ed osservare prima di tutto e sopra ogni cosa, Paolo Borsellino è stato esempio di come si amministra la giustizia.
Da giudice istruttore a Palermo, aveva affrontato diverse vicende giudiziarie fino all'istruzione del più poderoso processo della storia della criminalità organizzata mafiosa: il maxiprocesso definito poi dalla Corte di Assise di Palermo con centinaia di condanne severe, confermate in secondo grado e dalla Suprema Corte il 30 gennaio 1992.
A quel processo, Borsellino aveva lavorato in piena sintonia con Giovanni Falcone, con passione, con determinazione, con volontà di capire e di predisporre un impianto accusatorio che reggesse al vaglio dei magistrati decidenti.
La stesura dell'ordinanza di rinvio a giudizio era stata completata dai due magistrati in località protetta, per le fondate e ripetute minacce di morte ricevute.
I due giudici erano accomunati dalle stessa tenace volontà di comprendere le dinamiche e la struttura dell'organizzazione criminale cosa nostra che nella loro terra di Sicilia - alla quale erano profondamente legati da un vincolo di amore - tendeva ad impadronirsi dei settori vitali dell'economia con metodi illegali, contro ogni forma di democrazia.
Fu anche a causa di quel processo che la mafia volle la loro morte e la eseguì con modalità efferate ed eclatanti, così da lasciare non solo nel nostro Paese, ma in tutto il mondo, un ricordo tragico ed indelebile.
Paolo Borsellino veniva ucciso a meno di sessanta giorni di distanza dall'amico e collega Falcone; con le due stragi venivano eliminati i due uomini che rappresentavano il simbolo della volontà di non arretrare di fronte al fenomeno mafioso; la volontà di riscatto e di combattere e di fare della Sicilia una terra libera da violenza, intimidazione, ricatto.

Ma la reazione dello Stato fu allora e rappresenta anche oggi la risposta più severa e decisa. Dopo il 1992 i continui risultati ottenuti da magistratura e forze dell'ordine sono la dimostrazione tangibile della prosecuzione incessante del lavoro di Borsellino e Falcone, sulla scia da loro tracciata.
Sono la conferma che lo Stato c'è e sa rispondere con spirito di coesione ed affrontare unito le emergenze e le difficoltà.
La strage mafiosa di Via D'Amelio, nonostante i numerosi ergastoli inflitti a personaggi di spicco della criminalità organizzata mafiosa, presenta ancora oggi lati oscuri che continuano ad essere oggetto di approfondimento da parte della magistratura.
A tutti i magistrati impegnati in questa instancabile attività, va il nostro ringraziamento e il nostro sostegno.
La verità deve continuare ad essere ricercata, i riflettori sulla morte di un uomo giusto e dei suoi uomini della scorta non devono mai essere spenti finché ogni ombra sarà fugata.

Capire cosa accadde, chi volle che accadesse, resta per tutti un imperativo non solo morale.
Abbiamo un debito nei confronti non soltanto delle famiglie che hanno sopportato in questi lunghi anni il dolore per la perdita di persone care; abbiamo un debito verso la Nazione e i cittadini onesti che hanno il diritto di conoscere tutta la verità su un giorno così buio della nostra Repubblica.

Onorare la memoria di Paolo Borsellino e di quanti, servitori dello Stato hanno creduto nei veri valori della legalità, della democrazia, nei principi fondanti della nostra Carta Costituzionale, significa prima di ogni cosa seguire il loro esempio, fare tesoro dell'insegnamento che ci hanno lasciato, per contribuire nei fatti e sempre con determinazione e tenacia, a rendere migliore la nostra terra d'Italia.
La memoria e il ricordo assumono, allora, il vero ed autentico significato, perché indicano la direzione obbligata che ciascuno di noi deve seguire per realizzare giorno dopo giorno la legalità; per essere ciascuno di noi esempio da offrire anche e soprattutto ai nostri giovani che sono il nostro futuro.