"L'eccellenza nella formazione etica, culturale e scientifica dei giovani: una priorità per le sfide imposte dalla globalizzazione"
Intervento del Presidente Renato Schifani a Pavia
Autorità, gentili Signore e Signori,
desidero rivolgervi anzitutto un particolare ringraziamento per avermi invitato qui, in questa augusta sede, a celebrare con voi i 450 anni dell'Almo Collegio Borromeo.
E' importante riconoscere oggi il giusto merito a questa Istituzione che si dedica alla cura e all'assistenza di quanti, meritevoli e non abbienti, perseguono l'obiettivo di raggiungere i più elevati traguardi di studio e ricerca.
Forse non tutti sanno che lo stesso Senato della Repubblica ha tra le sue sedi anche quella dislocata nell'edificio detto "della Sapienza", che fu sede del rettorato della omonima Università degli studi di Roma.
Mai scelta fu più felice, dal momento che al Palazzo della Sapienza ha oggi sede proprio il Servizio Studi del Senato, a memoria e continuazione nella destinazione di una struttura che è da sempre destinata alla formazione, all'approfondimento e alla ricerca.
Sono quindi particolarmente lieto ogni qualvolta mi si presenta l'occasione di rivolgere un pensiero o una riflessione direttamente ai giovani, così come alle istituzioni chiamate al compito, cruciale per ogni comunità, di curarne la formazione e salvaguardarne la crescita umana e culturale, oltre che tecnica e scientifica.
I giovani sono infatti il tesoro più prezioso di una Nazione e ogni sforzo va compiuto per assicurare loro il miglior futuro possibile.
Viviamo in un'epoca di transizione, segnata da importanti cambiamenti nella demografia del pianeta, nelle tecnologie, negli equilibri geoeconomici, negli assetti geopolitici.
Ad oggi non è possibile prevedere compiutamente come sarà il mondo in cui vivremo anche solo tra pochi anni.
Al centro dei cambiamenti della nostra epoca vi è il pervasivo fenomeno della globalizzazione.
Congiuntamente ai notevoli progressi compiuti dalle tecnologie e dalla comunicazione nel XX secolo, anche i concetti di spazio e di autorità, intesa come potere legittimo di regolazione, ne risultano, almeno all'apparenza, in parte superati.
Come mai prima, il mondo è attraversato da vari fenomeni di fragilità e instabilità dei mercati finanziari, da migrazioni, da rivolgimenti politici improvvisi che richiedono anzitutto di essere governati.
La crisi economica che viviamo è quindi solo l'ultima conseguenza di un articolato processo che, nel corso degli ultimi decenni, ha visto il progressivo prodursi di immense ricchezze.
Nel contempo, tale evoluzione si è accompagnata però anche con la generazione di altrettanti immensi squilibri, senza che fossero approntati adeguati meccanismi di governance al passo con le trasformazioni imposte dai tempi.
Ciò ha posto le basi per l'operare di azioni speculative, fisiologiche in qualche misura alle logiche del libero mercato.
E' dunque di tutta evidenza che la crisi che oggi viviamo ha evidenziato appieno i rischi e i limiti della globalizzazione non governata.
Ciò pone al centro dell'attenzione il problema di come, e soprattutto attraverso quali strumenti, assicurare la sostenibilità del sano funzionamento dei mercati nel contesto globale.
Solo ciò potrà, in definitiva, garantire la stessa sostenibilità politica e sociale della globalizzazione dell'economia.
La questione rinvia anche ad un differente piano d'analisi; laddove si proceda all'indagine dei legami che esistono tra economia e governance e, ancora più a fondo, circa l'antica e mai del tutto risolta questione del rapporto tra economia e morale nell'azione dell'individuo, inteso quale agente economico "razionale".
E' ormai chiaro a tutti che la globalizzazione e l'apertura dei mercati mondiali senza una governance efficace, se per un verso hanno determinato un indubbio contributo all'efficienza nell'allocazione delle risorse, hanno però contribuito decisivamente a creare una sindrome dell'incertezza tra gli operatori economici, non meno che nei cittadini e nella politica.
Oggi, anche oltre le sue cause più superficiali, viviamo una vera e propria crisi della fiducia.
Ma possono la società e la stessa economia funzionare senza fiducia nel futuro e nel prossimo?
Di per sé, l'incertezza sul futuro produce infatti diversi tipi di risposta: la più naturale si concretizza in una atteggiamento conservatore, che è il sentimento di protezione da parte dei soggetti che subiscono le conseguenze del nuovo.
La più radicale, invece, quella che si può individuare in un atteggiamento riformatore, tende a favorire l'introduzione del meglio del nuovo, e preservare gli elementi di stabilità dell'antico.
E' chiaro che un miglioramento sul versante delle condizioni di operatività del fenomeno della globalizzazione, impone anzitutto regole migliori. Occorre poi un sistema di infrastrutture invisibili che salvaguardi la coesione del sistema sociale nel suo complesso.
L'azione volta al potenziamento delle condizioni di funzionamento dei mercati, così come la loro liberalizzazione, non può essere perciò disgiunta da incisive e mirate politiche pubbliche che siano in grado di agevolarne l'estensione dei benefici a frange sempre più estese della Comunità umana.
Politiche che siano tese alla puntuale regolazione delle sue imperfezioni e, soprattutto, alla valorizzazione delle condizioni strutturali entro cui essi mercati operano efficacemente.
In tal senso appaiono anzitutto di cruciale importanza il sostegno a politiche volte ad innalzare la qualità della formazione culturale e specialistica delle giovani generazioni. Per questa strada faremo sì che il futuro del Paese possa contare anche su una classe dirigente all'altezza delle nuove sfide.
Oggi, termini come società dell'informazione, social network, e-government, solo per citarne alcuni, investono e permeano la vita di ciascuno di noi, sia come singoli che come cittadini.
In più, la società dell'informazione rende ampiamente disponibile una vasta gamma di dati e notizie reperibili sul web in tempo reale.
Da questa enorme mole di dati ciascuno può trarre gli spunti per relazionarsi e formarsi una propria visione in merito alle questioni più disparate: anche le più lontane dalla propria formazione di base e dalla propria esperienza quotidiana.
Ma possiamo dire che tale abbondanza di informazioni concorra al diffondersi di una maggiore cultura e ad una crescita delle opportunità per i singoli?
O, ancora, che tale abbondanza informativa, sia di per sé realmente in grado di produrre autentici e nuovi saperi?
E' senz'altro innegabile che la agevole disponibilità di informazioni é sul piano concettuale in grado di portare un beneficio netto alla società nel suo complesso. Essa facilita anzitutto la partecipazione consapevole di tutti i cittadini al processo politico ed all'accesso ad informazioni di loro interesse, che altrimenti sarebbero di fatto irreperibili.
Inoltre, l'accesso generalizzato ai mass media ha l'indubbio valore di unire le persone allo scopo di perseguire fini e propositi comuni, aiutandole, in tal modo, a formare e a sostenere comunità politiche autentiche.
E' altresì indubbio però che, prima ancora della disponibilità dell'informazione, occorre valutare la reale capacità del singolo di interpretare e contestualizzare opportunamente le informazioni e i messaggi che riceve dalla rete.
Collocando tali informazioni nella giusta dimensione conoscitiva, sia rispetto alla realtà che alla propria esperienza.
Emerge, in tal senso, il cruciale compito che le istituzioni rivestono, oggi come non mai, nell'assicurare a tutti l'opportunità di una solida e profonda formazione culturale di base, etico umanistico non meno che tecnico- scientifica.
E, in tale contesto, assume rilievo determinante il ruolo che, proprio in funzione formativa, assolve la formazione universitaria - ben aldilà dei saperi tecnici - nella maturazione di una profonda capacità critica rispetto alla realtà, che metta in grado l'individuo di apprezzarne anche le nuove opportunità, ma di valutane appieno i rischi.
La Vostra istituzione e tutte quelle analoghe che perseguono la promozione del vero sapere, quello che Benedetto XVI ha con grande lungimiranza definito lo sviluppo integrale della persona, rappresentano pertanto una risorsa preziosa per l'intero Paese.
Voi siete la punta avanzata del merito - e quindi della competenza, della professionalità, della ricerca, non disgiunti dalla consapevolezza del vincolo di responsabilità che lega ogni dimensione e prospettiva di realizzazione personale dei giovani, quando però sia finalizzata ad un progetto di vita che tenga nel dovuto conto il bene comune.
Autorità, Signore e Signori,
la celebrazione quest'anno anche dei 650 anni dell'Ateneo di Pavia rappresenta un'occasione importante, grazie alla quale mettere in luce il ruolo che l'istruzione universitaria ha da sempre rivestito per la costruzione della cultura europea.
Intorno alla metà del XIV secolo, nel volgere di pochi anni, fu infatti fondato un nucleo significativo di Università, che costituiscono ancor oggi il terreno prezioso in cui affondano le radici profonde della cultura europea: Praga (1348), Pavia (1361), Cracovia (1364), Vienna (1365), Heildelberg (1386), solo per citarne lacune.
Quello di Pavia, in particolare, per secoli unico Ateneo della Lombardia, ha annoverato tra i suoi maestri Alessandro Volta, Ugo Foscolo, il naturalista Lazzaro Spallanzani, il matematico Lorenzo Mascheroni, il medico Antonio Scarpa, e, in tempi recenti, i premi Nobel Camillo Golgi, Giulio Natta e Carlo Rubbia.
La nascita degli Atenei, quali istituzioni formative aperta la pubblico, si accompagnò - si può dire sin da subito - alla nascita di istituzioni benefiche e caritative volte a favorire l'accesso agli studi di tutti coloro che fossero sprovvisti dei necessari mezzi di sostentamento agli studi.
La fondazione del Collegio Carlo Borromeo nella città di Pavia, che risale al XVI secolo, è volta proprio al fine di consentire a quegli studenti, dotati intellettualmente ma non economicamente, di accedere agli studi presso la famosa università, garantendone in modo particolare la loro formazione etica e religiosa.
L'approccio interdisciplinare, l'affiancamento degli studenti con attività seminariali, conferenze, dibattiti, convegni, concerti fa in modo che l'attività di formazione sia svolta a 360° gradi e contribuisca alla crescita complessiva della persona ben oltre la formazione strettamente universitaria e scientifica.
Ma non solo.
Di particolare valore formativo e morale appare anche la presenza di una sezione laureati dell'istituto, che vede la presenza di dottorandi di ricerca, ricercatori, così come di perfezionandi e specializzandi, che contribuisce fattivamente al progetto formativo degli studenti universitari del collegio, con mirate azioni di tutoraggio verso questi ultimi.
Ciò che costituisce l'impronta alla solidarietà verso gli altri e che è il marchio della cultura cristiana, ma che rappresenta anche un preciso dovere del buon cittadino, come recita l'articolo 2 della nostra Costituzione.
Tutto ciò, oggi come non mai, si pone come una missione fondamentale per coadiuvare i giovani e meritevoli, ma privi di mezzi, nel far fronte alle sfide che si pongono per il loro futuro, ma rappresenta anche i principi e valori fondamentali del nostro essere Comunità nazionale.
Dobbiamo dunque augurare lunga vita a questa benemerita istituzione, il cui presidio è posto proprio a difesa della eguaglianza delle opportunità tra le persone, indipendentemente dalle condizioni di nascita.
Il sapere, l'impegno, la serietà dello studio sono un patrimonio comune da preservare e garantire per le future generazioni. La nostra democrazia si fonda su queste radici e si alimenta ogni giorno della vostra esperienza di saperi e umanità.
E a proposito dei giorni che stiamo vivendo, possiamo dire che ci troviamo di fronte ad un momento cruciale.
Abbiamo il preciso dovere di affrontare le emergenze che si presentano come inevitabili.
Dobbiamo garantire il nostro futuro, rilanciare l'economia, mettere in sicurezza il sistema Italia. Si sta lavorando concretamente a questo.
Nell'attuale periodo storico molto è cambiato rispetto al passato. Diventano allora indispensabili interventi mirati e incisivi di modernizzazione, che consentano all'Italia di mettersi definitivamente al riparo dalle speculazioni dei mercati internazionali.
Senza esitazione: le incertezze sarebbero pericolose. E con rapidità anche se siamo in presenza di scelte dolorose.
La lettera dell'esecutivo ha avuto un giudizio favorevole dall'Europa.
Questo è un segnale positivo che non può che infondere fiducia al nostro Paese.
Bisogna essere determinati ma anche rigorosi nell'attuazione degli impegni assunti.
Siamo davanti a decisioni storiche che richiedono innanzitutto volontà comune di fare e, se possibile, massima condivisione.
Sono certo che gli Italiani sapranno comprendere queste scelte con senso di responsabilità e maturità.
Siamo tutti tenuti a concorrere al rilancio, al risanamento generale del Paese, evitando visioni miopi.
Bisogna guardare avanti, pensare, pianificare e garantire il futuro.
Sull'Italia non possono e non devono esserci dubbi.
Siamo un grande Paese. Ce la dobbiamo fare.
Vi ringrazio.