Rapporto tra i cittadini e le istituzioni democratiche
Intervento del Presidente Schifani, Palazzo dei Normanni - Palermo
Autorità, Signore e Signori,
ho accettato con piacere l'invito del presidente Violante a svolgere qualche considerazione su un tema, quello del rapporto tra i cittadini e le istituzioni democratiche, che è al centro del nostro dibattito pubblico, tanto più in quest'anno segnato dalla celebrazione del 150° anniversario dell'Unità d'Italia.
Proprio da Palermo, nel 1848, partì quel movimento che portò nei decenni successivi alla realizzazione dell'Unità del nostro Paese. La nostra Unità si fece nel segno delle istituzioni rappresentative e dei diritti di libertà. Ma nel corso del nostro Risorgimento, le istanze democratiche hanno avuto un ruolo decisivo di propulsione e di iniziativa e hanno portato anche alla costruzione di istituzioni molto simili alle democrazie moderne. Il lungo cammino della democrazia in Italia si è compiuto con l'elezione della nostra Assemblea costituente - che per la prima volta ha visto la partecipazione delle donne in un'elezione a suffragio universale - e quindi, negli anni seguenti, con la scrittura della nostra Carta costituzionale.
Le questioni relative al tema del nostro incontro di oggi sono tutte racchiuse nell'articolo 1 della nostra Carta: "l'Italia è una Repubblica democratica. La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". I Padri costituenti hanno voluto iniziare con una disposizione chiara e netta che contiene i principi strutturali del nuovo stato: il principio democratico, quello repubblicano, quello della sovranità popolare e quello dello stato di diritto. La scelta repubblicana è stata il frutto del referendum popolare del 2 giugno del 1946. Secondo il principio democratico non solo la legittimazione del potere statale, ma anche il suo concreto funzionamento devono trovare nella volontà popolare un preciso radicamento.
Oggi, di fronte alle sfide poste da un mondo globalizzato, è importante tornare a riflettere con attenzione sui principi fissati in questo articolo della nostra Carta. Credo sia stato lungimirante fare riferimento qui, invece che alla Nazione, al concetto più positivo di "popolo". Anche sulla base delle recenti espressioni del Presidente della Repubblica, penso al grande dibattito che si è aperto sul concetto di cittadinanza e sulle modalità da seguire per garantire una partecipazione piena dei cittadini. L'avere previsto poi che la sovranità appartiene al popolo impedisce, come ha acutamente affermato la Corte costituzionale nel 2002 , con la sentenza n. 106, "di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell'organizzazione costituzionale nella quale la sovranità si può insediare esaurendovisi", vale e dire che il potere non può essere concentrato ma diffuso.
Vi è in questa affermazione un elemento prezioso della nostra esperienza che occorre ancor più sviluppare nell'articolare, nel modo più opportuno e coerente, l'esercizio dei poteri pubblici, avvicinandoli quanto più possibile ai cittadini. Dobbiamo notare come, per una felice coincidenza, questo 150° anniversario della nostra Unità cada in corrispondenza del decimo anniversario dell'entrata in vigore della revisione del Titolo V della Costituzione sulle autonomie locali. Questa riforma ha segnato, comunque la si valuti, un ampio e irreversibile rafforzamento delle autonomie territoriali, e ha trasformato il modo di essere del Paese e la struttura dei poteri pubblici. Attraverso queste modifiche alla nostra Carta, è emerso con chiarezza l'articolazione in più livelli di governo della nostra organizzazione istituzionale. La distribuzione delle competenze deve avvenire sulla base di quei criteri di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza che affondano la loro origine nella dottrina sociale della Chiesa e marcano la struttura della costruzione europea.
Di fronte alle sfide poste dall'aggressività dei mercati, da spinte speculative che pongono in questione l'autorevolezza e l'azione stessa di governi e istituzioni nazionali, l'appello al principio di sussidiarietà ci deve spingere in Europa a forme più avanzate e coraggiose di integrazione e di rafforzamento delle Istituzioni dell'Unione Europea. I cittadini devono essere consapevoli e convinti che i problemi che abbiamo di fronte richiedono risposte ambiziose che devono essere compiute ad un livello di governo che supera la dimensione nazionale. Gli impegni che ci chiede l'Unione Europea non vanno visti come vincoli esterni, ma come un cammino virtuoso, indispensabile per rafforzare la nostra competitività. L'Italia è un Paese fondatore dell'Unione europea, proprio da questa terra, da Messina, partì circa cinquant'anni fa quel riscatto che portò alla costruzione del Mercato unico, di cui la moneta, l'Euro, è la compiuta realizzazione.
Come ha ben detto il presidente Monti, l'Unione europea non è qualcosa di diverso da noi, siamo noi l'Unione europea, ne dobbiamo perciò essere fino in fondo protagonisti. Un'Europa più integrata con una più forte dimensione politica permetterà ai governi nazionali di riconquistare spazi di sovranità, attualmente ridotti dalla globalizzazione. Con sempre maggiore attenzione dobbiamo utilizzate al meglio gli strumenti messi a disposizione ai cittadini nello spazio pubblico europeo. Più visibile e forte deve divenire il rapporto che ci lega ai nostri parlamentari che siedono nell'Assemblea di Strasburgo, un'Assemblea che ha guadagnato straordinari poteri, sia legislativi, sia politici, sia di indirizzo.
Mi auguro, quindi, che in questo frangente così complesso della storia del nostro continente, il Parlamento europeo sappia levare con forza la sua voce a difesa di una costruzione, quella dell'Unione, che deve rimanere solida e profondamente democratica nei suoi fondamenti. Ma dobbiamo guardare con attenzione anche a strumenti nuovi, quale l'iniziativa popolare, e più tradizionali: penso innanzitutto ai partiti politici. In questa fase finale della nostra legislatura, che ha aperto un confronto interessante tra i partiti e nei partiti, i maggiori dei quali si ritrovano a sostenere insieme l'azione del Governo, io credo che dobbiamo e possiamo sviluppare utilmente un dibattito sul futuro delle nostre forze politiche che le renda più coerenti con l'Europa, sia dal punto di vista dei programmi, sia dal punto di vista dell'organizzazione. L'Italia potrà dare un significativo contributo allo sviluppo dell'Unione europea se saprà articolare e organizzare il confronto politico interno avendo come riferimento le grandi famiglie politiche europee.
Il principale canale individuato dalla nostra Costituzione per garantire una partecipazione dei cittadini alla vita politica del Paese è, infatti, proprio la libera associazione in partiti, come chiaramente recita l'articolo 49 della Carta. Sono la politica, le sue forme di aggregazione, le elezioni per la costruzione delle Assemblee rappresentative, i principali ed ancora essenziali strumenti della nostra democrazia. La straordinaria invenzione dei Parlamenti moderni ha permesso una progressiva e sempre maggiore partecipazione dei cittadini alle decisioni dello Stato. Lo strumento democratico per eccellenza è e resta l'elezione del Parlamento nazionale.
Da qui deriva il confronto serrato sui sistemi elettorali. La novità degli ultimi due decenni della vita pubblica italiana è quella della scelta di sistemi che permettono ai cittadini non solo di definire la composizione degli organi rappresentativi, ma di scegliere anche la maggioranza e quindi il Governo. Sistemi, dunque, che cercano di costruire una continuità tra il voto del corpo elettorale, la maggioranza parlamentare e il governo del Paese. E' un valore importante, una conquista rispetto alla quale non si deve a mio avviso tornare indietro. E' una acquisizione che non contrasta con l'attuale situazione, dove il livello e l'importanza delle decisioni da prendere hanno indotto ad ampliare il sostegno parlamentare dell'azione di Governo; di un Governo tecnico che ha un orizzonte temporale chiaramente limitato e strettamente legato alle misure che dovrà adottare. Accanto agli strumenti della democrazia rappresentativa vi sono quelli della democrazia diretta.
Penso innanzitutto al referendum, un istituto che dopo una stagione di declino e di ricorso eccessivo, ha ritrovato recentemente una sua forza nella volontà popolare di imporre all'agenda politica questioni che spesso attraversano gli schieramenti partitici. Cari amici, Le istituzioni devono essere di esempio: esempio di chiarezza, sobrietà, trasparenza. Sono questi i requisiti che migliorano il rapporto tra il cittadino e lo Stato. Sono patrimonio di tutto il Paese, non soltanto di alcuni e sono il perno della democrazia. Una democrazia sana che va difesa ad ogni livello istituzionale e sopra ogni cosa. Il rapporto tra cittadini e istituzioni democratiche rischia di perdere credibilità ogni qualvolta un rappresentante dei cittadini si allontana dallo schieramento politico dal quale è stato eletto per approdare ad un altro.
Oggi più che mai, con il sistema bipolare, il legame tra elettore ed eletto è più forte rispetto al passato, perché è ancorato ad un progetto di governo nazionale e locale ben definito, sia nei programmi che nelle identità politiche. Per concludere, consentitemi una riflessione personale sul delicato momento che la nostra Nazione sta attraversando, nel quale le Istituzioni sono chiamate ad un ruolo di grande responsabilità. Esse devono sapere garantire, all'interno dei loro ambiti e tra diversi livelli istituzionali, la piena coesione nell'assunzione di scelte delicate. Sono decisione che giustificano l'eccezionale ricorso oggi ad un governo tecnico di programma.
Occorre agire oltre gli steccati, oltre le logiche di schieramento, oltre le inutili strumentalizzazioni destinate soltanto a danneggiare l'interesse dei cittadini. Se sapremo farlo ed avremo dato prova quindi di quella grande responsabilità che la situazione economica del Paese ci richiede, avremo sicuramente contribuito a rafforzare il rapporto tra cittadino e istituzioni. Avremo così dimostrato come le istituzioni sappiano essere all'altezza di affrontare momenti e scelte coraggiose nell'interesse superiore del Paese.