Tavola rotonda: 'I problemi pratici della libertà religiosa'. Presentazione del libro di N. Colaianni 'Diritto pubblico delle religioni'
Intervento del Presidente del Senato Renato Schifani in Sala Koch
Autorità, Signore e Signori,
sono lieto di partecipare a questa Tavola rotonda, in occasione della presentazione del libro sul "Diritto pubblico delle religioni" del Professor Nicola Colaianni.
Saluto gli illustri relatori, il Presidente Cesare Mirabelli, il Professore Francesco Margiotta Broglio, gli amici senatori Lucio Malan e Stefano Ceccanti.
Saluto tutti i presenti.
Il grande pregio del volume del professor Colaianni è quello di fornire un quadro completo, e allo stesso tempo approfondito, del rilievo pubblicistico del fenomeno religioso.
Il punto di partenza, che costituisce anche la bussola del percorso successivo, è il concetto di "laicità pluralista", in cui, pure con la diversità di sensibilità e di accenti personali, credo che tutti possiamo riconoscerci.
E' il concetto cui fa riferimento la nostra Corte Costituzionale, quando afferma che "laicità" non significa "indifferenza" dello Stato nei confronti del fenomeno religioso, o, peggio, ostilità nei confronti delle religioni, ma "pari attenzione" alle espressioni delle diverse fedi e culture religiose.
E ' una laicità che non nega il diverso radicamento sociale delle diverse confessioni, il ruolo della storia e delle tradizioni di ciascun Paese, ma che è sensibile e rispettosa delle differenze, che vengono accolte come un arricchimento per tutti.
Vorrei soffermarmi, anche per il mio ruolo istituzionale, sulla questione delle regole del fenomeno religioso, di cui si parla diffusamente nel libro.
La legislatura che si chiude tra pochi giorni segna un risultato particolarmente significativo sul fronte delle intese con le confessioni religiose, tanto che, proprio in questo campo può essere definita la "legislatura delle intese".
Come sapete, e come ben sanno il vice presidente Chiti, e i senatori Ceccanti e Malan, che di questo risultato hanno un grande merito, sono state approvate ben cinque intese con altrettante confessioni religiose; le ultime due, con l'Unione buddhista italiana e con l'Unione induista italiana, appena due giorni fa, con il voto definitivo della Camera.
A quasi trent'anni dal primo accordo, quello con la Tavola Valdese, il quadro delle intese si articola così in un sistema più ricco, più sensibile al pluralismo della nostra società, aperto a tradizioni anche lontane dalle nostre e capace di coinvolgere tante comunità di cittadini stranieri residenti nel nostro Paese.
Resta ancora molto da fare.
Restano da definire i rapporti con altre confessioni, che in certi casi, penso ad esempio al rapporto con l'Islam, presentano innegabili profili problematici.
Resta la possibilità di un aggiornamento delle norme sulla libertà religiosa, come più volte il Parlamento ha provato a fare in questi anni, per una maggiore tutela dei fedeli di tutte le religioni, a cominciare da quella cattolica.
Ed ancora sono da affrontare le tante delicate questioni alle quali il libro dedica la sua parte conclusiva, dalle unioni civili ai temi della bioetica.
Su tanti argomenti ci si potrà dividere, e inevitabilmente ci si dividerà, sulle scelte finali.
Ma deve essere condiviso il punto di partenza dell'intervento legislativo.
L'assunto, cioè, che l'esperienza religiosa non può essere ridotta ad un fenomeno privato, perché essa é, al contrario e fino dal suo sorgere, un'esperienza collettiva, di condivisione e quindi inevitabilmente un'esperienza pubblica.
E' proprio questa una delle sfide delle democrazie del nostro tempo: consentire una presenza pubblica delle religioni senza far venir meno, anzi rafforzando l'uguaglianza tra i cittadini.
Perché, come afferma l'amico Vannino Chiti nel suo bel libro "Religioni e politica nel mondo globale": "Nella società di domani non si tratterà certo di imporre la presenza di Dio o di una particolare fede per dare una risposta univoca alle inquietudini della nostra vita. Ma allo stesso tempo Dio non potrà essere bandito dalla nostra convivenza, come un residuo arcaico, di un tempo della superstizione".
Sono parole nelle quali mi riconosco e sono certo ci riconosciamo tutti.
Grazie.