Noi, figli di Tucidide ma anche della fede
Avvenire
Le prospettive del Trattato costituzionale Europeo nell'analisi del Presidente del Senato: le radici sono anche cristiane
Tutti sanno che il Trattato costituzionale europeo ha un preambolo che comincia con una citazione di Tucidide, la quale dice che . Di per se, da questa definizione verbale, da vocabolario scolastico, non si puo arguire alcunche, neppure che la democrazia sia un bene. Ma non e questo il punto che intendo sollevare. Il punto importante e che i padri costituenti europei, dopo la citazione, dicono che essi si ispirano .
Ora, non e il caso di essere filosoficamente ingenerosi con un testo giuridico, ma e chiaro che il riferimento a queste e a tutto il resto che segue e abbastanza generico, e anche ridondante (le eredita umanistiche, ad esempio, non sono anche culturali?). E il caso invece di osservare - cio che peraltro e stato osservato e discusso molte volte - che tra queste eredita non e menzionata l'eredita cristiana.
Assai piu generico del primo preambolo e il secondo (perche, curiosamente, la Costituzione europea ne contiene due). In questo, che introduce la Carta dei diritti dei cittadini europei (la Carta di Nizza), si dice, sempre a proposito delle nostre radici, che noi (cioe, noi Capi di Stato e di Governo) ci ispiriamo al dell'Europa, neppure a quello genericamente .
Cio che colpisce e che, con la citazione di Tucidide, si indichi uno soltanto dei nostri genitori, la Grecia. Certo, l'Europa e figlia della Grecia, come ci dice il nostro stesso linguaggio. deriva da li, e cosi che viene dalla polis, e o che vengono dalla boule. Ma se ci fermiamo a questo punto, non facciamo giustizia a tutta la nostra eredita, perche, anche riguardo solo alle istituzioni, noi siamo figli di altre tradizioni. Ad esempio, come si puo spiegare il diritto in Europa senza fare riferimento a Roma, al diritto romano, alle grandi codificazioni? Dunque, se vogliamo essere equi non soltanto con Tucidide, dobbiamo considerarci eredi della tradizione greco-romana.
Ma non basta ancora, evidentemente. Come si spiega l'origine di tanti valori, poi diventatai principi e istituti, senza fare riferimento ai comandamenti di Mose? , , , erano scritti sulle Tavole e ora sono nostro patrimonio comune, un credo a tal punto condiviso che la sua violazione oggi e sanzionata dai codici penali.
E poi c'e il Vangelo, la di Cristo, la predicazione degli apostoli, l'evangelizzazione e tutto il seguito della penetrazione cristiana in Europa. Dal concetto del Dio persona, deriva il concetto dell'uomo immediatamente dotato di dignita, in quanto persona creata da, e ad immagine di, Dio. Ecco allora che, se vogliamo veramente riferirci alla complessita delle radici della nostra cultura europea, e soprattutto se queste radici vogliamo chiamarle per nome, senza nasconderci dietro quel linguaggio che oggi in Europa serve piu a strizzare l'occhio che a dire, non possiamo dimenticare ne la tradizione greco-romana, ne la tradizione giudaico-cristiana. Se le si dimentica entrambe, sembra che siamo figli di nessuno.
Perche, allora, nel preambolo, anzi, nei preamboli, al Trattato costituzionale c'e questa curiosa dimenticanza, questo buco? Non perche l'Europa ignori realmente da dove deriva la sua democrazia. Non perche l'Unione Europea non riconosca e tuteli i valori cristiani - basta scorrere il Trattato, in particolare la Carta dei diritti, per vedere che questi diritti, che sono gli stessi sanciti dalla Costituzione italiana e da molte altre, sono di derivazione cristiana. E neanche perche l'Europa predica e pratica il principio della laicita dello Stato o dell'istituzione, dal momento che, quando si invoca il principio di laicita dello Stato e delle istituzioni politiche, di nuovo si invoca un principio del Vangelo: quae sunt Cesaris Cesari, eccetera. Da questa tradizione non si scappa. Noi la viviamo, l'abbiamo nella carne, nel linguaggio, nel paesaggio, nelle carte, nelle dichiarazioni, nelle nostre professioni di fede, anche le piu laiche possibili.
Dunque, come si spiega la dimenticanza o il buco delle nostre radici nella Costituzione europea? Avanzo una spiegazione, sotto forma di ipotesi che sottopongo alla valutazione di coloro che mi ascoltano. Penso, anzi, temo, che quell'assenza di un riferimento esplicito alle nostre radici in particolare cristiane, si debba ad una convinzione, oggi molto diffusa in Europa, che la religione cristiana appartenga alla sfera della soggettivita, che debba essere relegata soltanto nel foro privato, e che non possa ne debba fare mostra di se in pubblico, nella societa, nelle istituzioni.
Non sono solo a pensarla cosi. Nello scorso mese di agosto, il cardinale Ratzinger in una intervista al giornale francese "Le Figaro" ha usato un'espressione ancora piu colorita di quella che ho usato io adesso: ha parlato del tentativo di tanta parte della cultura europea di relegare il cristianesimo in particolare, e la religione in generale, nel .
Mi si puo chiedere: dovremmo forse rimettere in discussione quella che e una conquista dell'Europa, cioe la distinzione tra la sfera pubblica e la sfera privata? Dovremmo ripensare la distinzione tra le istituzioni e la religione? La mia risposta e: no. Ma aggiungo: dovremmo ripensare che cosa significhino quella distinzione e separazione. La separazione tra religione e Stato, tra confessioni religiose e istituzioni civili o politiche, non puo essere una cesura. Lo Stato, ed in particolare lo Stato moderno, lo Stato democratico e sociale, e sempre costituzionalmente, intrinsecamente, uno Stato che adotta principi etici.
Soprattutto i parlamentari lo sanno bene. In qualunque legislazione, sotto qualunque legge, soprattutto quelle che riguardano tutele sociali o diritti civili, c'e sempre un principio etico. Se si fa una legislazione sulla legislazione stradale, c'e il valore della incolumita dei cittadini. Se si fa una legislazione sulle questioni alimentari, c'e il principio del benessere. Se si fa una legislazione medica, c'e la salute. Se si fa una legislazione penale, un codice penale o un codice processuale, ci sono la liberta, la incolumita, la dignita, la giustizia. Ogni volta che lo Stato ed in particolare lo Stato moderno, democratico e sociale legifera, lo voglia o no, assume un punto di vista ed una scelta di valori. La domanda e: da quale parte entrano, nella legislazione, questi valori? Entrano dalla parte della societa. Il legislatore trasforma in diritto positivo valori morali che trova diffusi fra i cittadini e che essi presentano come richieste o avanzano come domande di diritti.
Ecco perche si puo e si deve fare la distinzione e anche la separazione tra la sfera privata dei valori, compresi quelli religiosi, e la sfera pubblica delle istituzioni. Ma ecco anche perche questa distinzione e questa separazione non possono essere una cesura e la cesura non puo trasformarsi in ghetto. Se cio accadesse, non avrebbero piu rilievo nemmeno per la legislazione positiva la piu elementare e lo stesso Stato moderno ne soffrirebbe.
Qui cade la distinzione che dal mio punto di vista di laico e decisamente fondamentale. Si tratta della distinzione tra laicita e laicismo. La dico in breve. La laicita e un principio di autonomia, di tolleranza, di rispetto riguardo a fedi, credi, filosofie. Il laicismo e il contrario: e una ideologia, qualche volta e una religione, e qualche altra volta e una religione cieca, ottusa e dogmatica.
Forse questa religione laicista spiega piu di tutto il resto la "dimenticanza" delle radici cristiane d'Europa nel preambolo del Trattato. Certo e che il laicismo spiega tanti fatti curiosi che stanno accadendo in Europa. Non e questione di laicita, ma di laicismo il divieto alle ragazze musulmane francesi di indossare il velo a scuola; il tentativo (attualmente sottoposto all'esame della nostra Corte costituzionale) di eliminare il crocifisso dalle scuole pubbliche; la decisione (poi fortunatamente rientrata) di dividere in classi scolastiche separate ragazzi cattolici e ragazzi musulmani. E forse e questione di laicismo e non di laicita anche l'andamento di una audizione di un commissario cattolico candidato alla Commissione europea.
Come, in concreto, risolvere questi casi non saprei dire, ne e compito su cui intendo interferire con coloro che ne hanno responsabilita politiche. Li segnalo qui a voi, pero, perche le questioni che essi sollevano sono, o dovrebbero essere, al centro delle nostre riflessioni. E li segnalo anche con un senso di allarme. Stiamo parlando di noi, della nostra identita, del nostro destino. Non dovremmo essere frettolosi e ancor meno timorosi. La tolleranza e anch'essa una virtu cristiana. Ma l'indifferenza non lo e. Non e neanche una virtu laica. E semplicemente una resa.
Marcello Pera
(L'intervento e stato pronunciato al Sacro Convento di Assisi il 15 ottobre 2004)