«La mia infanzia con il mito Poblet»
Intervista pubblicata dal quotidiano "La Gazzetta dello Sport"
di Gianni Bondini e Erminio Marcucci
Renato Schifani, palermitano, 58 anni, è stato eletto Presidente del Senato della XVI legislatura il 29 aprile 2008.
Se le diciamo prima Palermo e poi Giro, che cosa le viene in mente?
«Mi vengono in mente quattro parole: radici, emozioni, passioni, presente. Ve le traduco. Sono nato a Palermo e vi continuo la mia vita familiare e con gli amici più cari. E a Palermo ho visto, unica volta nella vita, il Giro d'Italia da vicino. Mi ci portò mio padre, nel 1961. Avevo undici anni e se non ricordo male vinse un belga, Proost. Ma la vera emozione fu vedere da vicino quel grandissimo corridore spagnolo, fino a quel momento per me soltanto personaggio televisivo, che si chiamava Miguel Poblet. Nella mia sensibilità di adolescente, fu uno dei miei primi grandi "eroi". Poi la vita, come capita a tutti, m'ha insegnato anche altro...».
Da piazza Politeama a viale della Libertà a Partanna e anche a Mondello, percorsi dei Giro: c'è un luogo della sua memoria sportiva?
«Certo, Mondello mi ricorda le prime immersioni, da ragazzo, in quei magnifici fondali».
È un appassionato di ciclismo, oppure il suo cuore batte soltanto per il calcio e il suo Palermo?
«Intanto desidero sgomberare il campo da ogni possibile equivoco. La mia passione per la squadra del Palermo non è seconda né pari ad altre passioni sportive. Però faccio parte di quella generazione che è cresciuta con il Giro d'Italia in casa, alla tv in unica rete. Questo mi dà il vantaggio di avere avuto col ciclismo un rapporto ordinato e formativo, di averlo visto come uno sport in cui raramente la fortuna entra in ballo. Uno sport, il ciclismo, che è quasi la metafora della vita: impegno, fatica, traguardi».
Qualcuno dice che non c'è solo Palermo nel suo tifo, ma anche un certo Milan...
«Proprio così, sin da bambino. Erano i tempi di Rivera e di Nereo Rocco. Il Milan è la squadra che mi ha dato e mi dà grandi emozioni prestigiose, grandi risultati, grandi campioni. Ma che non incontri il Palermo: allora il mio cuore batte in una sola direzione...».
Che città è, sportivamente parlando, Palermo?
«Sia come sport attivo praticato, anche con risorse non sofisticate, sia come tifoseria, Palermo è una città vivacissima. Il nostro stadio è considerato il più "caldo" d'Italia assieme al San Paolo di Napoli. E devo dire che a Palermo raramente si è assistito a episodi eccessivi. Il ciclismo ha avuto più tifosi che protagonisti, ma questo va letto soprattutto in chiave sociologica. Infatti a Palermo e in Sicilia, soprattutto per conformazione territoriale, la bicicletta non è stata mai di uso quotidiano se non per ragioni ludiche».
Per la Sicilia è il ritorno dei Giro a distanza di nove anni dall'ultima partenza.
«Già, nove anni dall'ultima partenza dalla Sicilia e 22 dall'ultima partenza da Palermo. Sono molti, troppi, ma ne comprendo le ragioni. Mi auguro che da ora l'appuntamento siciliano diventi più ricorrente. E mi permetta di immaginare una tappa che porti il Giro dalla Calabria in Sicilia, passando sul ponte di Messina... Una foto da conservare sin da ora».
Nel 1999 si partì da Agrigento: fu il Giro in cui fu fermato Marco Pantani in maglia rosa.
«E' un ricordo doloroso sul quale nutro soltanto una certezza: si trattò di un grande campione al quale fu riservata una solitudine colpevole. Non si abbandona così un uomo in difficoltà e Pantani si trovò dagli altari alla polvere in breve tempo. La sua morte rimane un monito alla pietà da non dimenticare. Al di là delle ipotetiche responsabilità».
Che cosa può dare il Giro per difendere la cultura del territorio e della bici?
«E' la risposta più difficile. Infatti, se è vero che vi sono città in cui la bicicletta è diffusa e accompagna la vita dei più, ve ne sono altre in cui per vari motivi la bicicletta non è diffusa. Certo, occorrerebbero più piste ciclabili, ma accompagnate da un'intensa campagna di promozione dell'uso delle due ruote non motorizzate. Sarebbe una bella inversione di tendenza che ci farebbe guadagnare in salute e viabilità scorrevole. E, perché no, ci farebbe risparmiare. Consentitemi, attraverso il vostro giornale, di augurare a tutti i partecipanti al Giro, atleti, tecnici, organizzatori e giornalisti di vivere una bella stagione ciclistica in Sicilia e nelle altre regioni. Spero di emozionarmi come in quel lontano 1961».