Schifani: fiducioso sulle riforme. Ma con la collaborazione di tutti
Intervista pubblicata dal quotidiano "Corriere della Sera"
di Marco Galluzzo
Il presidente del Senato, Renato Schifani, è moderatamente ottimista sulle riforme. A patto che si arrivi a definirle entro una cornice di confronto proficuo con l'opposizione, perché «la storia insegna che tutte le buone riforme costituzionali sono state quelle che hanno visto un'ampia collaborazione fra le forze politiche».
Il testo sulle intercettazioni sarà un banco di prova.
«Circa un anno fa ho lanciato un appello per una pausa di riflessione, ora mi aspetto che questo dia i suoi frutti, da parte di tutte le forze politiche. Sarebbe imperdonabile il contrario».
Non crede che i magistrati avranno uno strumento in meno per indagare?
«Occorre un giusto bilanciamento tra due esigenze. Quella di impedire l'ormai consuetudinaria pubblicazione di intercettazioni che non solo violano con violenza la privacy dei cittadini, ma che a volte addirittura danneggiano l'andamento delle indagini. E quella tesa a disciplinare l'utilizzo delle stesse come mezzo di indagine, per regolarne meglio la durata oltre alla tipologia dei reati per i quali possono essere utilizzate. Ritengo che il ddl affronti abbastanza compiutamente il primo problema, mentre sul secondo aspetto è nato un confronto acceso sul pericolo che la formula "evidenti indizi di colpevolezza" vanifichi l'uso di un importante mezzo istruttorio».
E' la denuncia dell'opposizione e dei magistrati.
«Il problema in effetti esiste ed ecco perché ho apprezzato la disponibilità a rivedere la formulazione da parte del ministro Alfano: a volte dietro gli aggettivi si nasconde la sostanza di problemi. Mi sento personalmente fiducioso e ottimista. E mi auguro che il raggiungimento di un'intesa sul tema possa costituire l'inizio di un nuovo clima di collaborazione sul principale tema delle riforme costituzionali».
Dopo anni di dibattito è la volta buona, come ritiene il governo?
«Abbiamo la fortuna di avere davanti tre anni di legislatura senza elezioni, fisiologicamente portatrici di tensioni e scontri tra le parti. Sono fiducioso per il semplice motivo che i temi oggetto di riforma costituzionale sono ampiamente noti agli schieramenti, sono stati a lungo dibattuti in Bicamerale e nelle legislature successive. Vi è consenso unanime sulla semplificazione legislativa, attraverso l'abolizione del bicameralismo perfetto e l'istituzione del Senato federale. Altrettanto consenso si registra sulla riduzione del numero dei parlamentari e su una maggiore stabilità della forma di governo, attraverso l'elezione diretta del presidente della Repubblica o del premier. Si tratta a questo punto di partire subito dai temi condivisi per poi sviluppare un ragionamento più ampio sulla forma di governo. Sono di più i punti condivisi rispetto ai punti in cui esistono divergenze. Occorre soltanto che le due parti rimuovano gli steccati e si incontrino».
Visti i precedenti...
«Si può e si deve fare, ne va dell'interesse del Paese».
Berlusconi parla da anni di grande riforma della giustizia. Si farà?
«Tre anni non sono molti. Secondo me occorre partire con un progetto organico di riforma costituzionale. Altrimenti si rischia di realizzare un lavoro incompiuto. Se vogliamo fare le riforme seriamente occorre partire in modo parallelo, emi auguro vivamente che l'opposizione, ove non dovesse condividere le proposte sulla giustizia, non si trinceri pregiudizialmente sul dibattito relativo alle riforme costituzionali».
Per il presidente della Camera le riforme devono essere fatte in modo condiviso. E' d'accordo?
«La Costituzione disciplina le ipotesi di riforme con maggioranze non qualificate e referendum. Il governo può legittimamente anche riferirsi a questa strada, tuttavia la storia insegna che tutte le buone riforme sono state quelle che hanno visto un'ampia collaborazione fra tutte le forze politiche».
Cosa crede debba essere modificato dell'ordinamento giudiziario?
«Occorre una riforma che consenta al cittadino di sentirsi in una posizione paritaria tra chi lo difende e chi lo accusa, con una reale e organica autonomia del giudice rispetto al pm. Poi, naturalmente, è necessario che si accorcino i tempi di attesa».
La separazione delle carriere?
«Già la normativa attuale della separazione delle funzioni sta producendo dei frutti, ma il problema è anche culturale, la separazione delle carriere opera un netto distinguo psicologico e istituzionale tra chi accusa e chi giudica».
L'altro punto riguarda il Csm.
«Lungi da me il criticarne l'operato ma non vi è dubbio che per riconoscimento unanime si muove su basi correntizie, che di per sé non costituiscono garanzia di piena e totale neutralità di giudizio».
Berlusconi ha avuto diversi scontri con Napolitano. Lei è parso più vicino a Palazzo Chigi. E' così?
«Non è questione di distanze, il mio rapporto con il presidente del Consiglio nasce da una lunga e stretta collaborazione politica, protrattasi per ben 7 anni come capogruppo di Forza Italia. Del presidente Napolitano ho sempre difeso le prerogative, oltre ad elogiarne l'equilibrio e la saggezza. Lo faccio sia in pubblico che in privato. Bisogna riconoscere al Colle un grande, apprezzabile ed ammirevole impegno nel richiamare sistematicamente la politica a procedere a riforme costituzionali, un grande stimolo che non può e non deve essere mortificato perché mosso da un'esigenza imprescindibile: migliorare il funzionamento del sistema Paese».
Il controllo del Quirinale sugli atti del governo più di una volta ha suscitato l'irritazione del Cavaliere. Chi ha ragione?
«Non è in questi ultimi anni che la Presidenza della Repubblica ha accentuato un controllo più attento sulla costituzionalità del processo legislativo, questo nuovo scenario non nasce con Napolitano. Prima evidentemente questo filtro era più debole, ma visto che è finalizzato ad evitare interventi della Consulta, non può essere che virtuoso».
Berlusconi e Fini hanno avuto parecchie incomprensioni. Come finirà?
«Entrambi hanno attuato il secondo importante progetto di semplificazione della vita politica italiana, il Pdl, il primo è stato la costituzione del Pd. E' stato un passaggio storico, di cui avvertono la responsabilità. Al di là di eventuali episodiche diversificazioni il loro percorso non può che essere unitario. Non si può né si deve tornare indietro: sanno bene entrambi che la nascita del Pdl è stata voluta dalla base elettorale».
L'exploit della Lega sposterà il baricentro dell'azione di governo?
«Ritengo che l'alleanza fra Bossi e Berlusconi sia strategica e granitica».
Cosa pensa delle accuse al presidente della Regione Sicilia?
«Sono un garantista, credo fermamente nella presunzione di non colpevolezza, mi auguro che il presidente Lombardo possa dimostrare la sua totale estraneità alle accuse. Anche nell'interesse della stabilità dell'importante istituzione che guida».