Vittorino Colombo uomo lungimirante
Omaggio a Vittorino Colombo a 10 anni dalla morte<br />
Discorso pronunciato ad Albiate (Milano) nella Sala Consiliare "Vittorino Colombo"
Saluto tutte le Autorità e le Personalità presenti, tutti i Partecipanti a questo incontro di ricordo e di riflessione su Vittorino Colombo.
Ho accettato volentieri di partecipare a questo incontro non solo perché Vittorino Colombo fu a lungo Senatore della Repubblica e - per un breve periodo anche Presidente del Senato - ma perché riconosco in questa figura di politico lombardo, e soprattutto nella sua opera politica e sociale, molti elementi di consonanza ideale forte con quello che è stato, fin qui, il mio impegno.
Il suo itinerario umano fu completo e limpido, come quello di tutta la grande classe dirigente di formazione cristiana e di profondo impegno sociale, che ha guidato per decenni la nascita e la crescita della nostra Repubblica.
Nato ad Albiate il 3 aprile 1925, Vittorino Colombo lavorò in fabbrica sin dall'età di 14 anni. Si laureò in Economia e commercio presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Partigiano nelle formazioni del corpo volontario di liberazione, fu componente democristiano del CLN della Montecatini-Bovisa di Milano e impegnato sindacalista.
Questi dati, questi tratti della sua giovinezza, sono noti a chi lo ha conosciuto ed ha lavorato con lui. Li ho voluti ripetere di fronte a Voi perché sono i segni più evidenti di una formazione forte e vera, con il lavoro umile e gli studi, con l'impegno cristiano e sociale vissuto non solo come tensione all'emancipazione personale ma, da subito, come impegno sincero e totale per gli altri, per la comunità.
Allievo di Dossetti, La Pira, Grandi, Clerici e Fanfani, si formò politicamente alle scuole delle Acli e della Cisl milanese. Membro del Consiglio provinciale e nazionale della Federchimici-Cisl e del Consiglio generale della Cisl di Milano, vicepresidente delle Acli di Milano, ricoprì l'incarico di componente del Consiglio provinciale e nazionale delle Acli.
Diventato Consigliere nazionale della DC, fu chiamato a dirigere l'ufficio centrale della DC per i problemi dell'economia e del lavoro.
Presidente dell'UNCCEA (Unione nazionale consorzi cooperative edilizie Acli), fu direttore della rivista Città e società e condirettore della rivista Partecipare.
Eletto per la prima volta alla Camera il 25 maggio 1958, all'età di 33 anni, nella circoscrizione di Milano-Pavia, fu confermato nella stessa Circoscrizione nelle elezioni del 1963, 1968, 1972.
In qualità di relatore della Commissione Lavoro della Camera, Colombo fu uno dei promotori, insieme a Camillo Ripamonti, del cosiddetto "Piano-casa" (legge 14 febbraio 1963, n. 60), ossia la legge intesa a regolare un Piano decennale a favore della casa di proprietà per tutti i lavoratori, in particolare per coloro che appartenevano alle fasce sociali economicamente più sfavorite.
Il Piano si inseriva in un più vasto progetto di legislazione sociale, intrapreso in precedenza da Amintore Fanfani già nel 1949 e reiterato nel 1955.
Il Piano, che nelle prime legislature repubblicane era stato inteso soprattutto come un mezzo d'emergenza per favorire l'incremento dell'occupazione operaia, attraverso lo sviluppo dell'edilizia popolare, era ora, come asseriva Colombo, volto a sottolineare la preminenza del " diritto del lavoratore ad una casa [quale] uno dei punti fondamentali di una società ben ordinata ".
Tale progetto di legislazione sociale - proseguiva Colombo nella sua Relazione alla discussione del progetto di legge, il 10 gennaio 1963 - era inteso ad " assicurare alle categorie economiche meno dotate un alloggio che risponda per funzionalità, igiene e conforto all'esigenza fondamentale della personalità umana, dando la possibilità a questa personalità di svilupparsi con dignità nella libertà ".
Avendo a cuore l'interesse dei lavoratori e delle loro famiglie, che Colombo non esitava a definire " nuclei che costituiscono le strutture portanti dello Stato", la politica sociale di intervento sulla casa era intesa realisticamente, da Colombo e dal Governo, ad " orientare il lavoratore verso la proprietà del suo alloggio, per sottrarlo all'insicurezza e per vincolare il suo risparmio ad un bene non soggetto ad una ricorrente svalutazione ".
Dal punto di vista tecnico il "Piano-casa" prevedeva una " revisione del sistema I.N.A.-Casa, per evitare la costituzione di un immenso demanio di difficile e costosa cura; agevolazioni, con la concessione di crediti a basso tasso e con procedure semplici, per coloro che hanno contribuito alla formazione di quel patrimonio e non hanno ancora risolto il problema della casa; agevolazioni per l'accesso alla proprietà della casa ".
Sensibile al rapporto tra le Parti sociali, Colombo sottolineò inoltre che " per l'attuazione del Piano si era innovato nel senso di dare maggiore rappresentatività agli esponenti dei datori di lavoro e dei lavoratori ".
Aggiunse anche che particolare cura sarebbe stata riservata alle zone industriali in via di formazione nell'Italia meridionale.
Forse per la prima volta veniva dato coscientemente risalto all'insieme di qualità che contribuiscono al benessere degli insediamenti umani: agli aspetti sociali e, insieme, a quelli funzionali ed anche estetici.
Colombo iniziò poi la sua attività di Governo: tra il 1966 e il 1974 fu prima Sottosegretario alle Finanze, poi Ministro per il commercio estero, per la Marina mercantile e per la Sanità nel V Governo Rumor.
Tutta la sua attività politica, come Parlamentare e come esponente di Governo, si esercitò, soprattutto, sui temi della politica sociale.
In qualità di Ministro della Sanità Vittorino Colombo colse un'ulteriore occasione per l'attuazione piena di principi costituzionali per certi versi ancora disattesi.
Firmò, infatti, il disegno di legge n. 3207 Istituzione del Servizio sanitario nazionale, che, presentato il 12 agosto 1974, non fu discusso in Aula.
Si trattava, tuttavia, del primo importante progetto volto non soltanto a rendere più efficiente e moderno l'apparato tecnico-operativo, ma anche a tutelare in modo più sostanziale i diritti fondamentali dei cittadini nel campo della salute, ponendo le basi solide della Riforma del 1978.
Eletto il 20 giugno 1976 Senatore nel Collegio di Monza e Deputato nella Circoscrizione Milano-Pavia, optò per il Senato.
In qualità di Ministro delle Poste e telecomunicazioni nel III Governo Andreotti (29 luglio 1976 - 11 marzo 1978), Colombo dovette affrontare la questione della "libertà di antenna in ambito locale", nata a seguito della sentenza della Corte costituzionale (n. 202, del 28 luglio 1976) che interveniva nel contesto della Riforma della RAI da poco varata con la legge n. 103 del 1975.
La Riforma aveva introdotto una serie di innovazioni, quali il passaggio dal controllo governativo a quello parlamentare con l'istituzione della Commissione parlamentare di vigilanza, l'istituzione della Terza rete a carattere prevalentemente regionale, ed altri aspetti.
Nel suo intervento in questo campo Colombo sottolineò l'importanza del primo Piano nazionale delle radiofrequenze, approvato con decreto ministeriale 3 dicembre 1976, con cui egli aveva inteso fornire una prima risposta ad una serie di esigenze diverse: " da quelle più generali di un'adeguata ripartizione tra tutti i servizi che in ambito nazionale utilizzano le radiofrequenze, a quelle volte ad allineare il Paese alle più recenti raccomandazioni emanate dagli organi internazionali [...] a quella più attuale relativa alla necessità di offrire ai privati la concreta possibilità di esercitare nuovi diritti ad essi riconosciuti dalla Corte in materia di radiodiffusioni ".
Vittorino Colombo, già vicepresidente del Senato dal 20 gennaio 1983, fu eletto Presidente il 12 maggio 1983, in sostituzione di Tommaso Morlino, deceduto improvvisamente sei giorni prima. Ricoprì l'alta carica per circa un mese, sino alla chiusura dell'VIII legislatura.
Per la sua elezione si verificò un record storico di sì: 245 a favore su 272 votanti. Sul suo nome si riversarono i voti di tutti i partiti di governo, dei repubblicani e dei comunisti.
Nel suo discorso di insediamento, Colombo sottolineò il significato prevalentemente "garantista" del largo consenso sul suo nome, anche da parte di coloro che avevano una ispirazione ideale diversa dalla sua, proprio per le circostanze eccezionali «nelle quali questa elezione è stata costretta a svilupparsi e cioè a Camere già sciolte e alla distanza di poche settimane dalle elezioni per il rinnovo delle Camere stesse. A questo significato intendo fare unico riferimento, nel rispetto ed alla luce della Costituzione repubblicana, nel mio operato di Presidente del Senato».
L'ultimo intervento di Colombo in Assemblea è del 10 febbraio 1994 su temi di politica estera in qualità di membro della Commissione affari esteri ed emigrazione.
L'itinerario umano e politico di Vittorino Colombo, al quale - come alcuni di voi sanno, mi hanno legato, per un certo periodo, comuni ideali di militanza politica nella corrente di Forze nuove della Democrazia Cristiana - suggerisce, da solo, i tratti della sua attualità.
Fu un grande ed operoso esponente di quella cultura sociale di ispirazione cristiana che ha concorso in modo qualificato a modificare e a riformare questo Paese. La sua idea sociale si basava sull'emancipazione e la responsabilità delle persone, anche delle più umili, rifuggendo così da visioni assistenzialistiche o caritative.
La sua capacità di cogliere le innovazioni sociali era particolare e la dimostrò in tutti i settori nei quali ebbe, anche rilevanti, responsabilità come Ministro.
Fu anche un esponente politico di quella classe dirigente lombarda, che aveva fatto la resistenza, che aveva conosciuto il lavoro concreto e la ricostruzione della dimensione produttiva nel Nord, che aveva portato a Roma il suo senso di una comunità unita e di una socialità nuova per tutto il Paese.
Una socialità che, secondo Colombo, doveva innervare la vita democratica e politica di tutto il Paese, con la partecipazione di tutti.
«La democrazia - sottolineò nel suo discorso di insediamento come Presidente del Senato - vive solo di democrazia, di partecipazione, cioè del contributo di tutti. Questo è l'insegnamento che dobbiamo in particolare alle nuove generazioni».
Dobbiamo augurarci che incontri come questo, per ricordare figure come quella di Vittorino Colombo, possano servire non tanto a noi che lo abbiamo conosciuto, ma a tutti coloro che sono più giovani, ai ragazzi e alle ragazze, per avere riferimenti concreti di persone che, a partire da questi importanti territori, hanno saputo operare per il bene di tutta l'Italia.