Celebrazione del centenario della nascita di Enrico Mattei
Discorso pronunciato a Matelica (Macerata) presso il Teatro Giuseppe Piermarini nell'ambito di una giornata di studi organizzata dai Comuni di Matelica e Acqualagna e dalla Fondazione Enrico Mattei
In conclusione di questa manifestazione consentitemi, anzitutto, di rivolgere un ringraziamento non formale ai promotori e agli organizzatori di questo Convegno che celebra il centenario della nascita di Enrico Mattei. Gli impegni istituzionali e politici non mi hanno consentito di poter ascoltare tutte le testimonianze personali e gli interventi degli esperti, ma il mio apprezzamento è sentito perché qui si sono raccolte persone che, a vario titolo, hanno avuto sintonia concreta con la vita e le attività di Enrico Mattei.
Mi è stato chiesto di concludere questo Convegno, e lo farò portando anch'io un mio personale contributo. Non ho conosciuto personalmente Enrico Mattei, ma ho sempre provato interesse e curiosità per il suo particolare profilo politico. Credo che si debba scavare ancora, nella memoria e nei documenti, per comprendere fino in fondo l'importanza di questa personalità la cui intensa e geniale attività è parte sostanziale della nostra straordinaria ricostruzione e ripartenza collettiva dopo la tragedia del secondo conflitto mondiale.
I ricordi di Accorinti, le testimonianze professionali del Presidente Poli e di Giuseppe De Rita credo che abbiano arricchito questo pomeriggio di riflessione e delineato i tratti essenziali di Enrico Mattei. Ma cosa rimane oggi di Mattei, al di la dei ricordi umani straordinari, e al di la anche di quell'alone di avventura che lo ha sempre circondato?
Non rimangono certo le idee e gli strumenti di una economia mista, tra pubblico e privato, che hanno caratterizzato la nostra rinascita economica. Né rimane l'idea dello "Stato imprenditore" della quale Mattei è stato uno dei più capaci protagonisti. Tutti questi sono profili ed esperienze che appartengono ormai alla nostra storia economica e politica, insieme ai risultati concreti che hanno prodotto.
Ci sono tuttavia delle questioni centrali nell'impegno tecnico e politico di Mattei che oggi è bene considerare. In primo luogo vi è il tema centrale della politica energetica. L'idea moderna che Mattei aveva della nostra economia come economia di trasformazione. Enrico Mattei ha operato perché la disponibilità di energia fosse assicurata e fosse distribuita in tutto il territorio del Paese. Ha così contribuito a creare le condizioni strutturali perché in tante aree locali potessero nascere centinaia di migliaia di piccole imprese manifatturiere e perché il benessere potesse entrare in tutte le case delle famiglie italiane. Questi temi sono ancora assai vivi oggi, non solo per l'alto e incerto costo del petrolio, ma perché la domanda energetica del Paese è crescente e le nostre capacità di risposte adeguate tardano a realizzarsi.
Se avessimo potuto proseguire nelle intuizioni e, soprattutto, nel coraggio di Mattei, probabilmente oggi avremmo meno difficoltà e meno ansie su questo punto importante per la nostra competitività. Tuttavia c'è un altro aspetto di grande modernità nell'opera di Mattei che, ritengo, vada messo in luce. Quella che è stata definita "la diplomazia delle risorse energetiche" era, in realtà una lucida e aperta visione dei rapporti internazionali dopo la pagina tremenda del conflitto bellico.
Mattei si era proposto di rafforzare l'autonomia dell'Italia nello scacchiere internazionale. Il nostro Paese, partecipe dell'alleanza atlantica e proiettato nella costruzione dell'Unione Europea, doveva anche aprirsi al suo naturale bacino mediterraneo, medio-orientale e africano. In queste regioni, già percorse dalla decolonizzazione, Mattei aveva intuito che si poteva giocare un ruolo nuovo per l'Italia.
Mattei non nutriva generici sentimenti "terzomondisti". Era stato imprenditore privato, prima che manager di Stato e uomo politico, e aveva compreso che sostenere questi Paesi nei loro processi di indipendenza avrebbe consentito di sviluppare vincoli di riconoscenza da parte di questi popoli, e quindi la possibilità di raggiungere migliori accordi per lo sfruttamento delle risorse energetiche.
Quando, nel 1957, Mattei raggiunse l'accordo con la Persia (l'Iran di oggi) osservò che «le condizioni fatte all'ENI corrispondevano all'aspirazione iraniana di uscire dal sistema della pura e semplice concessione a imprese straniere per partecipare attivamente e consapevolmente allo sfruttamento delle risorse nazionali».
Un grande pragmatismo, dunque, ispirava questo robusto marchigiano che aveva gli occhiali per guardare il mondo come era, senza schemi ideologici precostituiti. Dico pragmatismo che è cosa ben diversa dal cinismo e dal disinteresse per i gravi squilibri economici e sociali del mondo. Comunque, come si usa dire in questi casi, Mattei era un uomo che "aveva vissuto".
Prima di divenire comandante partigiano e membro del CLN in alta Italia, come imprenditore privato non aveva negato il suo esplicito consenso al fascismo. E quando, nel 1944, gli fu affidato il compito di liquidare l'Agip non esitò ad immaginare sinergie dirette anche con la sua azienda personale, perché vedeva obiettive convenienze economiche e poi, contravvenendo alle direttive ricevute, moltiplicò le attività di ricerca di nuovi giacimenti in tutto il Paese.
Mattei era certamente uno di quei tanti italiani che amano fare bene le cose gli avvengono affidate e, quando incontrò più da vicino prima Spataro, e poi De Gasperi e Ferrari Aggradi, si rafforzò in lui quella molla che lo avrebbe portato a divenire interprete originale dei nostri interessi nazionali. Ecco, questo è un altro tratto che io considero importante della figura di Enrico Mattei. Una idea forte e aperta dei nostri interessi nazionali. Non certo come potenza militare o politica, ma come un Paese che - privo di grandi risorse naturali - si trovava in competizione con gli altri solo con le sue concrete capacità, con la sua voglia di emancipazione, con la sua spinta individuale e collettiva insieme.
Oggi dovremmo far riemergere, dentro in ognuno di noi, un po' di orgoglio, un po' di spinta per i nostri interessi nazionali, così come li ha vissuti Mattei. Con la capacità, cioè, di impastare insieme le pulsioni individuali e la crescita collettiva.
Quando osservo la condizione del nostro Paese oggi, e rifletto sulla nostra situazione politica, mi trovo a pensare - l'ho già detto diverse volte - che le Forze politiche, gli uomini politici, dovrebbero impegnarsi a cercare obiettivi condivisi. Abbiamo compiuto una scelta sostenuta dagli italiani di favorire la democrazia bipolare, anche per dare più potere di scelta ai cittadini e più dinamismo al sistema. Nel quadro delle nostra democrazia bipolare, e nel rispetto pieno delle volontà degli elettori - voglio ripeterlo anche qui - le forze di maggioranza e quelle di opposizione, nel loro impegno parlamentare, dovrebbero guardare davvero al Paese, ai nostri interessi nazionali, e agli interessi generali in un mondo sempre più aperto e pieno di opportunità. Dovrebbero oggi, con convinzione, favorire quelle riforme sociali e istituzionali che possono aprirci ad una fase di nuova competizione, ad una stagione di nuova crescita.
Ricordare oggi, insieme, la nascita di uomini come Enrico Mattei, che operarono pragmaticamente e senza retorica per il nostro Paese, vuol dire fare nostra la loro lezione e proporci, con impegno, di svilupparla.