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Il Presidente: Intervento in Assemblea

Scopertura del Monumento in memoria delle vittime del terrorismo internazionale

Discorso pronunciato a Catania in occasione della cerimonia di scopertura del Monumento in memoria delle vittime del terrorismo internazionale

Signor presidente della Provincia di Catania,
autorità civili e religiose,
signore e signori,

cinque anni fa, in Afghanistan, sulla strada che collega Jalalabad alla capitale Kabul, veniva uccisa Maria Grazia Cutuli, inviata del Corriere della Sera, testimone di molti dei drammi che hanno sconvolto e ferito il mondo in questi ultimi anni e figlia di questa terra che ha pagato un tributo in vite umane altissimo.

Ho accettato volentieri l'invito del presidente Lombardo ad essere qui nel giorno in cui si rende omaggio alle vittime del terrorismo internazionale e mi sento di esprimere un sincero apprezzamento per questa iniziativa.

Il terrorismo è la peste di questo secolo.

Colpisce ciecamente mietendo vittime innocenti. Non è guerra, questi uomini non sono combattenti ma assassini. Menti folli che agiscono con l'obiettivo di aizzare l'odio seminando il terrore. E' il dovere della memoria che ci deve spingere alla partecipazione.

E' il dovere della memoria che ci deve spingere a ricordare e a compiere tutto ciò che è nelle nostre possibilità perché questa spietata strategia non prevalga creando nelle menti e nei cuori rancori e inimicizie tra popoli e regioni del mondo.

Il terrorismo usa le sue vittime. Mostra la propria efferatezza per colpire un altro attore: tutti noi. Vuole intimidire, creare panico, generare allarme.

Il terrorismo attacca in modo indiscriminato governi, istituzioni, organizzazioni, singole persone, gruppi e cose al fine di determinare una situazione di orrore e paura.

Il terrorismo non ha rispetto per la vita umana. Fa strage di uomini in divisa, di professionisti che compiono il proprio lavoro di indagine e racconto della brutalità delle guerre e di inermi cittadini in vacanza, come alcuni che oggi commemoriamo qui.

Ci vuole coraggio per combattere la paura. Il coraggio di cercare la verità dei fatti. Il coraggio di comprendere la complessità di un mondo che sembra rifuggire sempre più da se stesso riparandosi dietro rassicuranti semplificazioni facendo, in qualche caso, il gioco di questi perversi disegni. Il coraggio dell'azione.

La reazione corale della Comunità internazionale dopo gli eventi dell'11 settembre che hanno cambiato il passo della storia e abbattuto il sogno sulla possibilità di una pace più ampia e aperta come conseguenza della fine della guerra fredda ha rappresentato un primo esempio incoraggiante contro il terrorismo internazionale.

La lotta al terrorismo ha bisogno di condivisione degli obiettivi e di una base il più possibile allargata.

Non dimentichiamo che questa è stata la strada con cui il nostro Paese ha superato la tremenda stagione dei cosiddetti "anni di piombo": coesione contro fanatismi, unità contro odio.

«E' una minaccia globale con effetti globali, per la sua natura il terrorismo e' un attacco ai principi fondamentali di legge, ordine, diritti umani e risoluzione pacifica delle controversie sui quali si fondano le nazioni unite»: così si è espresso il segretario generale dell'Onu, Kofi Annan.

Sul piano dell'azione di indagine e di repressione la lotta al terrorismo è lontana dal dirsi conclusa.

La comunità internazionale deve trovare il coraggio "del fare" anche nell'impegno a ridurre gli squilibri sociali ed economici che affliggono le popolazioni.

Radicalismo e propaganda estremista possono attecchire dove permangono sacche di miseria, povertà, analfabetismo.

La creazione di condizioni di sviluppo materiale ed economico sono un ulteriore passo. Come la promozione della conoscenza dell'altro perché non sia considerato un nemico.

Il dialogo, la fatica del comprendersi, conoscersi, apprezzarsi e rispettarsi possono rappresentare delle azioni coraggiose, necessarie per vincere la paura e contribuire alla costruzione di un percorso di pace.

Possiamo dire con orgoglio che l'Italia ha saputo scegliere di essere protagonista con le sue Forze Armate di questa strategia di pace nell'azione che il consorzio delle nazioni, attraverso gli organismi internazionali e l'Unione Europea, ha portato nel mondo.

E oggi il protagonismo italiano con la presenza in Libano registra una qualità nuova, riconosciuta e apprezzata sul piano internazionale: questa è la cifra che distingue il nostro Paese nella comunità delle Nazioni.

La Sicilia è nel Mediterraneo. La contaminazione delle culture dei Paesi che si affacciano nel bacino ha generato nel tempo un patrimonio di valori condivisi. Paesi come Algeria, Turchia, Israele, Egitto, Territori Autonomi Palestinesi, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Malta e Cipro (questi ultimi due diventati membri dell'UE lo scorso 1°maggio) sono legati all'Unione Europea da Accordi di vario tipo ed intensità.

Con i suoi 25.000 immigrati musulmani, questa realtà è, di tutte le regioni italiane, quella in cui si respira di più l'aria e l'influenza di un mondo poi non così lontano. Nel 2005 sulle coste siciliane sono sbarcati 22.824 migranti.

In questa terra transita il 95,5% dei clandestini che giungono in Italia. Uomini e donne in fuga da guerre e povertà. Persone che qui trovano ancora valori come la solidarietà.

Sono le piccole storie che stanno dentro un fenomeno globale e drammatico a ricordarcelo. Anche questo è un altro passo per combattere la paura dell'altro, dello straniero.

Anche questo è un modo per sconfiggere le strategie di chi, attraverso la violenza omicida, opera perché i popoli si allontanino tra loro e si rendano opache le speranze di una convivenza serena e rispettosa.

La Sicilia ora avamposto delle ondate migratorie che arrivano dall'altra sponda del Mediterraneo e' stata ed è essa stessa terra di emigrazione.

Questa regione può e deve dare un contributo straordinario al processo di integrazione pacifica tra popolazioni e culture che trovano nel Mare nostrum una ragione storica comune.

E sarà chiamata a farlo assecondando una naturale vocazione che e' iscritta nel codice genetico dei popoli del Mediterraneo, mare che unisce e non divide, ma che rappresenta anche il destino politico di questa regione.

E se non fosse la Sicilia a costruire quel ponte verso i Paesi mediterranei, quale altra regione potrebbe farlo? E' l'Europa che lo chiede, quella Europa che ha dispiegato il suo potenziale di espansione verso Est e adesso ricerca il dialogo necessario con il Sud.

E' l'Europa che ha bisogno di questo ponte per affermare una politica estera originale e costruttrice di pace, necessaria per la ricerca di un difficile equilibrio mondiale.

Autorità, signore e signori,

oggi, commemorando il sacrificio di queste donne e di questi uomini, figli di una grande e nobile regione, vogliamo celebrare anche la cultura della vita contro la sua negazione.

Lo facciamo per perseguire il dovere della memoria affidando alle nuove generazioni il messaggio di pace che non è soltanto una scelta ideologica ma soprattutto una ineluttabile necessità per la sopravvivenza del mondo.

Grazie.