Presentazione del libro ''Amintore Fanfani''
Discorso pronunciato in Sala Zuccari, in occasione della presentazione del libro "Amintore Fanfani" di Vincenzo La Russa
Signore e signori,
ho accettato volentieri l'invito a rivolgere un breve indirizzo di saluto in occasione della presentazione del volume Amintore Fanfani di Vincenzo La Russa nella cornice suggestiva di questa Sala.
Un luogo che fu proprio Amintore Fanfani Presidente del Senato a "scoprire" - vi erano infatti alloggiati i carabinieri in servizio presso i palazzi e non si conosceva neppure l'esistenza di gran parte degli affreschi - e valorizzare, iniziando un percorso di prestigiose realizzazioni di eventi culturali.
Nutro una sincera ammirazione per Amintore Fanfani, figura di primissimo piano della politica italiana, che ha lasciato una traccia così importante nella storia e nella cultura del nostro Paese. Uomo dalla personalità talmente complessa e affascinante che è davvero impossibile racchiuderla in poche parole.
Al riguardo, del resto, alcune riflessioni ho avuto modo di pronunciare pochi giorni fa in questo stesso luogo, al convegno "L'Italia del miracolo economico e la politica riformatrice di Fanfani" organizzato dalla Fondazione a lui intitolata.
Voglio quindi qui ricordare che il libro non è soltanto la "sua" storia; è una carrellata attraverso mezzo secolo di vicende della cultura e della politica italiana, cattolica ma non solo.
Ci sono la nascita della scuola economica dell'Università Cattolica negli anni Trenta, il primo dopoguerra della Democrazia Cristiana, il confronto fra le diverse anime del partito, il tentativo di costruire una "terza via" che coniugasse libertà economica e giustizia sociale, il cammino verso il centrosinistra.
E ancora, le aspre lotte fra le correnti, i terribili anni Settanta - dalla ferita del referendum fino alla morte di Moro - e l'inizio della consumazione della cosiddetta Prima Repubblica. Vincenzo La Russa racconta quegli anni - e, dentro quegli anni, la parabola di Fanfani - con partecipazione e - mi pare - affetto.
Non ne nasconde i limiti (famose le sue "impuntature" di carattere), ma ne sottolinea la solida fede, l'onestà che sempre tutti, amici e nemici, gli riconobbero, il desiderio di dare al Paese un governo che favorisse il riscatto sociale delle fasce più deboli della popolazione.
Ne scaturisce un volume assai documentato, al quale l'autore ha dedicato anni di ricerche, raccogliendo testimonianze, esaminando scritti (i Diari soprattutto), visitando i luoghi dell'adolescenza, degli studi, di tutta una vita.
A me fa piacere in particolare ricordare, tra tanti spunti, il contributo di Amintore Fanfani alla modernizzazione del nostro Paese.
Un'Italia, mezzo secolo fa, così diversa da oggi, dove l'azione della Democrazia Cristiana - che, non va dimenticato, per vent'anni fu tanto dipendente da lui da essere con lui, in alcuni passaggi fondamentali, addirittura "identificata"- portò il Paese fuori dalla campagna e dentro l'industria, non solo metaforicamente.
Furono realizzati quasi tutti insieme il Piano INA - Casa, la riforma agraria, la nazionalizzazione dell'energia elettrica, la scuola media unificata e obbligatoria (e il raddoppio degli stipendi degli insegnanti, nei primi anni sessanta). Venne il grande, grandissimo sforzo per le infrastrutture e per gli incentivi alle attività produttive.
Fanfani fu protagonista di tutto questo senza mai lasciare che il battere della vita e i compromessi della politica nascondessero l'idea che al centro dell'economia, in un pur inevitabile sistema mosso dal profitto, deve comunque essere posto l'uomo.
Nel chiudere, ricordo ancora l'impegno di questo ramo del Parlamento per la pubblicazione dei diari di questo grande statista.
Caro La Russa, grazie del tuo libro e per tutto il lavoro svolto, e grazie a tutti voi qui presenti, davvero.