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Il Presidente: Intervento in Assemblea

Apertura del Teatro comunale Rossetti a Vasto

Discorso pronunciato a Vasto.

Autorità,
signore e signori,
partecipo davvero con piacere a questa cerimonia che consente di restituire alla città di Vasto il suo teatro. Sono grato al sindaco, al presidente della Provincia ed a quanti hanno voluto che partecipassi a questa inaugurazione.

Il Teatro Rossetti è davvero un gioiello architettonico, ha una lunga storia che comincia poco meno di due secoli fa e so essere molto caro alla vostra comunità. A maggior ragione condivido con voi la soddisfazione per questa riapertura che, mi auguro sinceramente, sia premessa di una stagione lunga e felice di successi anche sul piano nazionale.

Voglio cogliere l'occasione offerta per ribadire quanto la promozione dell'arte e la moltiplicazione di opportunità e luoghi per la sua diffusione contribuisca alla crescita complessiva della comunità.
Nel nostro paese esiste largamente la convinzione che il sapere, la conoscenza, la cultura, siano qualcosa di bello ma non strettamente necessario nel lavoro e nello sviluppo economico.
Si ritiene che una buona istruzione possa giovare soprattutto nella vita di relazione ma che l'affermazione personale dipenda da altro.
E' un grave errore che riflette un atteggiamento di sottovalutazione e di superficialità nei confronti del sapere.

La cultura di un paese è invece la sua prima ricchezza. La cultura intesa come quella capacità di fare e di creare, ma anche le tradizioni e la memoria storica, la letteratura come le abilità artistiche e artigianali, il pensiero come i saperi legati ai territori e ai suoi costumi sono le prime, le vere risorse a cui può, a cui deve fare appello un paese per costruire il proprio futuro.

La nostra storia ripete la stessa lezione. I periodi di maggior benessere e di prosperità dell'Italia sono stati quelli in cui la nostra civiltà ha toccato le sue massime espressioni: Cicerone, Dante, Michelangelo vissero in un paese dove la scrittura e la lettura, l'arte e la scultura erano più diffusi, più praticati che altrove. Non è un caso se si tratta degli stessi periodi in cui nella Penisola fiorivano i commerci e le banche, in cui i nostri mercanti perfezionavano il diritto commerciale, dominando l'Europa e il Mediterraneo.

Venendo ai nostri tempi è sempre alla cultura che dobbiamo la rinascita del dopoguerra. In un paese come l'Italia, in cui mancava un'industria forte e strutturata, sono state le nostre tradizioni, il nostro sapere a rilanciarci nel mondo: basti pensare ad alcuni straordinari uomini di teatro e di cinema di quel periodo.
Si può ben dire dunque che la nostra industria ha le sue radici nella nostra cultura. Ma il fascino di un paese, la sua capacità di essere competitivo, di essere attraente e vincente nel mondo non dipende solo da ciò che produce.
Il suo successo dipende anche dall'idea, dalla percezione, dall'immagine che quel paese riesce a dare di sé. E anche su questo piano la cultura italiana è stata fondamentale: dall'arte al paesaggio - quel paesaggio umano che con la loro fatica hanno creato i nostri avi - dal cibo al vino sino alle automobili e l'arredamento, l'Italia ha dato di sé l'immagine di un paese attento alla qualità delle cose. Ancora una volta è stata la nostra cultura la vera arma vincente.

Se guardiamo allo scenario mondiale il discorso è lo stesso. I giganti asiatici che si stanno affacciando sulla scena della competizione globale sono paesi dalla lunga storia e dalla profonda cultura. India e Cina, al di là di tutte le motivazioni economiche che ne spiegano l'impetuoso sviluppo, sono nazioni dal grande bagaglio culturale. Civiltà antichissime che stanno rielaborando le proprie tradizioni nel senso della modernità.

La protagonista della vita economica è l'impresa. E impresa significa prima di tutto intraprendere, essere intraprendente, innovare. E solo una mente agile, sveglia, stimolata potrà e saprà vincere la sfida della competizione. Ma per formare cittadini intraprendenti bisogna creare un contesto ricco di stimoli e di proposte.
Un manager non sarà mai un dirigente veramente efficace senza una solida cultura di base, senza conoscere la storia e le tradizioni del proprio paese, senza quella sensibilità umana e intellettuale che solo la frequentazione dei classici può dare. La visione d'insieme, di lungo periodo, quella capacità di astrarre, e di programmare su larga scala sono un dono prezioso che si trova soltanto nelle pagine dei libri, nei versi dei poeti, nelle riflessioni dei filosofi, nei testi che gli attori recitano calcando palcoscenici come questo del Rossetti.
L'economia attuale, come economia globalizzata, richiede sempre più agli imprenditori di sapersi mettere in contatto con realtà, uomini, lingue diverse, un esercizio di flessibilità mentale e una capacità di comprensione dell'altro che soltanto una solida cultura può dare.
Per riferirsi a questo insieme di saperi, che sono oramai il motore dell'economia mondiale, si parla di "economia della conoscenza".

Sempre più conoscere significa creare. E la creatività è il vero volano dello sviluppo. Ecco perché accanto ai distretti industriali è necessario che nascano i distretti culturali: l'insieme di tutti i migliori saperi, delle migliori capacità di un territorio sapientemente coordinate l'una con l'altra.
Del resto è esperienza comune di tutti noi che una vita culturale intensa, vivace è sempre sintomo della creatività e della vitalità di una comunità.
Guardiamoci intorno, là dove ci sono biblioteche, cinema, teatri, quelli sono luoghi in cui nasce lo sviluppo, in cui nascono nuove idee, progetti.
In cui nasce il domani.