Gaetano Salvemini (1873 - 1957): ancora un riferimento
Discorso pronunciato in Sala Zuccari in occasione del Convegno di studi promosso dall'A.N.I.M.I. - Associazione Nazionale per gli Interessi del Mezzogiorno d'Italia
Signore e Signori,
ho accolto con piacere la proposta dell'onorevole Gerardo Bianco di ospitare in Senato una riflessione su Gaetano Salvemini, a cinquant'anni dalla sua scomparsa.
Da troppo tempo, infatti, l'attenzione alla figura e al pensiero di Salvemini si è affievolita.
Come se in un tempo come questo - nel quale si sono largamente attenuate le grandi ideologie del Novecento - non ci fosse più neanche spazio per quelle figure che, con spirito libero, hanno liberamente animato il dibattito del "secolo breve".
L'iniziativa di studio promossa dall'ANIMI e dalla Fondazione "Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini", che oggi si apre, si segnala per l'ampiezza dei temi affrontati e per il rilievo dei relatori.
Nel rivolgere il mio saluto a tutti i partecipanti voglio anche sottolineare, brevemente, alcuni aspetti dell'opera di Salvemini che considero importanti.
Gaetano Salvemini fu anzitutto uno storico, un uomo di studi attenti e rigorosi.
La sua opera giovanile su "Magnati e Popolani" nella Firenze medioevale lo pose subito all'attenzione della platea degli storici per l'attento uso dei dati demografici e per l'acutezza delle valutazioni interpretative.
La sua scientificità - il suo metodo di lavoro razionale - gli provocarono, nei decenni successivi, aspre dialettiche con altri esponenti del mondo accademico e culturale.
Ma furono proprio queste sue qualità - di studioso non retorico o ideologico - a favorire il suo confronto culturale con il mondo anglosassone e, negli anni Trenta, la sua lunga permanenza negli Stati Uniti che lo portò ad insegnare "Storia della civiltà italiana" all'Università di Harward.
Dalla storia e dall'analisi sociale Gaetano Salvemini trasse sempre gli spunti per le sue battaglie politiche.
Lo studio della "Questione meridionale", lo spinse alla battaglia per portare il Partito Socialista su posizioni più attente alle condizioni del Sud, alla sua idea di collegare gli operai del settentrione e i contadini del meridione d'Italia.
L'obiettivo politico - per il quale Salvemini si batté intensamente - fu quello di una nuove legge elettorale che introducesse il suffragio universale, per arrivare ad uno Stato democratico capace di superare la gestione elitaria dello Stato liberale.
Grazie al suo appassionato impegno questo tema divenne uno dei punti imprescindibili della mozione finale del Congresso Socialista di Milano, nel 1910, prefigurando il suffragio universale esteso anche alle donne, l'introduzione del metodo proporzionale e dell'indennità per i Deputati.
Tanti altri sono gli aspetti che andrebbero analizzati e ricordati: lascio volentieri ai relatori questo compito e sarò lieto di poter leggere gli elaborati e i risultati questo Convegno.
Voglio però sottolineare come la figura di Salvemini costituisca un indissolubile intreccio dell'impegno di studioso, di appassionato intellettuale, di politico non massimalista, ma sempre attento alla cultura del riformismo democratico in anni dominati da ideologie totalizzanti e totalitarie.
Salvemini fu certo un meridionalista, come altre personalità del suo tempo, ma fu, anche, molto di più.
Aveva, infatti, una forte visione nazionale, una visione della crescita democratica e sociale, una visione della crescita "dal basso", si potrebbe dire oggi.
Di una crescita, cioè, che doveva coinvolgere tutto il popolo e valorizzare le capacità del Paese.
Straordinariamente moderna e non provinciale era la sua visione del nostro ruolo in Europa, e davvero attuale la prospettiva che lui evocò - a seguito della prima guerra mondiale - di un più forte impegno di collaborazione e di amicizia dell'Italia con tutti i Paesi slavi e balcanici.
Salvemini vedeva un'Italia proiettata nel mondo - verso ovest e verso est - capace di relazioni efficaci in molte direzioni, per trarre da queste - anche sulla base della nostra storia e della nostra cultura - ogni possibile sinergia positiva per la nostra crescita.
Il suo fu uno spirito moderno e cosmopolita - sempre libero e inquieto - ma sempre sul crinale della ragione, e sempre animato da una profonda e generosa passione civile per l'Italia.
Come accade a molti uomini di questa tempra Salvemini visse stagioni di solitudine intellettuale, senza però far venire mai meno il suo impeto morale e la sua tensione civile e politica per l'Italia.
Ricordarlo a cinquant'anni dalla sua morte sia di riflessione e di esempio per tutti coloro che sono chiamati a sostenere la crescita del nostro Paese, a riconnettere le identità culturali più profonde con le concrete, ampie, potenzialità dell'oggi.
In questa prospettiva, come ben evoca il titolo di questo Convegno, si può a buon diritto sostenere che Gaetano Salvemini costituisce ancora un moderno riferimento.