Centenario dell'UPI - Unione delle Province d'Italia (1908 - 2008)
Discorso pronunciato nell'Aula di Palazzo Madama davanti ai Presidenti di Provincia e ai Presidenti di Consigli provinciali per il centenario dell'UPI.
Autorità, Signore e Signori,
a nome del Senato della Repubblica desidero rivolgere a ciascuno di voi il benvenuto in quest'Aula parlamentare per la cerimonia di celebrazione del Centenario della nascita dell'Unione Province d'Italia. Il saluto più cordiale va, non solo ai rappresentanti dell'Unione, ma, in particolare, a tutti i Presidenti e agli altri amministratori provinciali intervenuti.
Voi rappresentate un tessuto vivo e capillare di responsabilità di governo locale presenti in tutto il Paese. Le Province italiane hanno radici antiche e, insieme ai Comuni, riflettono la trama e il volto di un Paese molto articolato al proprio interno, ricco di storia, di culture e di potenzialità straordinarie, da valorizzare, da riscoprire, da proporre con intelligenza e lungimiranza.
L'Unione delle Province d'Italia, costituita a Roma nel 1908, si è sempre fatta interprete di indirizzi politico-amministrativi positivi, ed ha offerto un contributo importante nelle fasi decisive della costruzione dell'Ordinamento della Repubblica, nella ricerca di un giusto equilibrio fra unità ed indivisibilità del Paese, da una parte, e valorizzazione della dimensione locale come patrimonio prezioso di identità e di esperienze civili diverse dall'altra.
La nostra Costituzione - di cui quest'anno, voglio ricordarlo, celebriamo i 60 anni dell'entrata in vigore - pone gli articoli 5 e 114 a presidio di quell'equilibrio, così faticosamente raggiunto ma ancora in continua evoluzione. L'articolazione plurale della Repubblica, attraverso lo Stato centrale, le Regioni e le autonomie locali, non è una rappresentazione immobile del sistema istituzionale, ma è il motore complesso di un ordinamento autenticamente democratico, di un originale modello federalista, attento alle esigenze dei cittadini e alle poliedriche vocazioni del territorio.
Oggi si discute molto sull'opportunità o meno di mantenere in vita le Province con argomentazioni che attengono, principalmente, alla semplificazione delle strutture burocratiche e alla riduzione dei costi del sistema pubblico. La nascita di nuove Province - fenomeno conosciuto negli ultimi anni, legato solamente ad interessi particolaristici - è da stigmatizzare e da respingere con decisione. Al contrario, invece, sono convinto che le Province, tutte quelle che hanno realmente un'identità storica e locale, debbano essere mantenute e valorizzate.
Le Province possono oggi rivestire un ruolo di rilievo, per uno slancio all'efficienza del sistema pubblico. Credo, infatti, che le Province possano davvero diventare interlocutori principali delle Regioni e dei Comuni per la programmazione, il coordinamento, l'organizzazione di reti di servizi e di funzioni che, per loro natura, richiedono ambiti e assetti sovracomunali. Un ruolo, cioè, di governo di sistemi territoriali complessi e di ampie dimensioni a cui affidare il governo di comunità locali ampie e, al contempo, il compito di sviluppare sistemi infrastrutturali per promuovere crescita e benessere.
Il pilastro del nuovo disegno organizzativo dovrà seguire una logica di vera semplificazione e di efficienza istituzionale ed amministrativa. Alcuni punti mi sembrano essenziali:
- bisogna abolire le Province lì dove sono previste le Città metropolitane;
- la semplificazione dei tanti uffici periferici dello Stato deve seguire parametri di efficienza e non la mera distribuzione provinciale;
- bisogna sfoltire drasticamente la pletora dei vari enti intermedi settoriali che oggi si frappongono in modo disorganico fra Province e Comuni;
- bisogna favorire, con incentivazioni efficaci, le Unioni fra piccoli Comuni;
- si deve procedere ad una compiuta definizione e razionalizzazione delle funzioni provinciali e comunali secondo i principi di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione.
Seguendo con intelligenza politica questi binari potremo contribuire a sviluppare il nostro peculiare federalismo, sia sul piano organizzativo che su quello fiscale, nel rispetto dei principi della Costituzione.
Auspico che la prossima Legislatura repubblicana possa vedere finalmente lo sviluppo di un confronto e di una collaborazione fra gli schieramenti politici per fare questi e altri importanti aggiustamenti istituzionali, essenziali per la nostra coesione democratica, per rilanciare la nostra vita civile, economica e sociale in un tempo di grandi sfide aperte e di straordinarie potenzialità.