Diritti dell'uomo e dialogo interculturale nel Mediterraneo
Discorso pronunciato al Convegno internazionale promosso dall'Università di Teramo in occasione del 60° Anniversario della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo
Autorità, Signore e Signori,
rivolgo un sentito ringraziamento all'Università di Teramo per avermi voluto invitare in questa importante occasione. Il mio saluto va a tutti i docenti, al personale che qui lavora e, soprattutto, a tutti i giovani che qui studiano e si formano.
Il tema di questo Convegno è di straordinaria attualità. Lo dimostrano anche gli autorevoli e qualificati interventi che mi hanno preceduto.
La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, riconosciuta 60 anni fa, ha rappresentato un traguardo culturale ed etico di eccezionale rilievo. Dopo i tragici eventi bellici che segnarono profondamente l'Europa, e il mondo intero, quella decisione ha segnato una svolta profonda perché, per la prima volta nella storia, a livello internazionale, è stato riconosciuto il primato della dignità di ogni persona e dei suoi diritti fondamentali, come pilastro della pace, della libertà e della giustizia fra i popoli. L'elaborazione fu lunga e complessa, condizionata dal clima ideologico di quegli anni, e da uno scontro culturale e politico aspro fra il modello sociale capitalista e quello comunista.
L'idea fu lanciata nel 1941 dal Presidente americano Roosevelt che, guardando al futuro, indicò l'aspettativa di "un mondo basato sul rispetto di quattro libertà fondamentali per l'uomo: la libertà di parola e di pensiero, ovunque nel mondo; la libertà di ciascuno di pregare Dio secondo le proprie tradizioni, ovunque nel mondo; la libertà dal bisogno economico e sociale, ovunque nel mondo; la libertà dalla paura, con la fine delle guerre di aggressione, ovunque nel mondo". Queste suggestive parole credo che ben si colleghino con l'incontro odierno che pone il tema dei diritti umani all'interno del dialogo e del confronto culturale nel Mediterraneo.
La Dichiarazione universale, adottata dall'Assemblea dell'ONU nel dicembre del 1948, configura un equilibrio delicatissimo tra le diverse sensibilità storico-culturali dei popoli e degli Stati membri, e ha avuto il merito "di formulare un concetto unitario e universalmente valido di valori che devono essere difesi da tutti gli Stati nei loro ordinamenti interni". Si è messo così in moto un grandioso processo di maturazione e di adeguamento degli ordinamenti costituzionali e civili di tutti gli Stati partecipanti, al fine di dare concreta attuazione a quei diritti riconosciuti nella Dichiarazione.
Come ha, infatti, scritto lucidamente Norberto Bobbio: "La Dichiarazione universale rappresenta la coscienza storica che l'umanità ha dei propri valori fondamentali nella seconda metà del secolo Ventesimo. E' una sintesi del passato e una ispirazione per l'avvenire; ma le sue tavole non sono state una volta per sempre scolpite". L'Europa, nella sua progressiva unione e integrazione, ha recepito i contenuti basilari della Dichiarazione nella Carta di Nizza, e nel Trattato di Lisbona sottoscritto alla fine del 2007, che dovremo ratificare quanto prima. Questi diritti sono ormai parte essenziale e vincolante dell'architettura politica e civile europea.
In questo quadro giuridico e culturale si colloca il processo di avvicinamento, di collaborazione e di partenariato fra l'Europa e i Paesi della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo. Un processo non lineare, caratterizzato da frequenti momenti di fragilità, ma che richiede un'attenzione davvero straordinaria per le notevoli potenzialità che offre.
Il Mediterraneo sta, infatti, riacquistando centralità nello scenario internazionale: i suoi porti stanno tornando ad essere un traguardo naturale delle rotte delle navi provenienti dall'Oriente. La sua ricchezza culturale e storica - come ha scritto Braudel - costituisce un qualcosa di grandiosamente unico e irripetibile, con una forza di attrazione gigantesca. Il rafforzamento della strategia europea per il Mediterraneo e la costituzione di un'Unione per il Mediterraneo - con gli Stati dell'UE e gli Stati costieri mediterranei non appartenenti all'Unione - sono tra gli obiettivi sottolineati nel recente Consiglio dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea. Una politica estera mediterranea, fondata su rapporti di cooperazione con i Paesi del Nord d'Africa e del vicino Oriente, è stata sempre tra le nostre priorità strategiche.
Nell'epoca della globalizzazione e di una politica internazionale più libera da condizionamenti, il nostro Paese, con la sua peculiare ed unica posizione geografica, può assumere un peso maggiore nelle politiche di sviluppo e di valorizzazione dell'intero bacino mediterraneo per cogliere fino in fondo le opportunità che si stanno presentando in quest'area. E' davvero venuto il momento di ripensare alla strategia di crescita della stessa economia italiana, traguardando gli obiettivi di sviluppo anche in relazione alla vicinanza geografica dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo e in rapporto alla domanda proveniente da quei territori. Le Regioni meridionali, in particolare, possono avere, in questa prospettiva, un ruolo di eccezionale rilievo e possono diventare un decisivo elemento di competitività per l'intero Paese.
In questo scenario il tema del confronto e del dialogo culturale euro-mediterraneo rappresenta un fattore decisivo per favorire la comprensione reciproca e la maturazione di percorsi e progetti di concreta collaborazione. Un dialogo certo non disgiunto dalla necessaria fermezza per contrastare la violenza e il terrorismo, e offrire sicurezza a noi e a tutte le popolazioni inermi che vogliono crescere. L'impegno per il riconoscimento dei diritti dell'uomo, per l'affermazione culturale e giuridica di quelle libertà delle quali parlava Roosevelt, è per l'Italia parte intrinseca di questo processo.
Nei due anni che ho trascorso al Senato - pur preso da non pochi problemi - non ho mancato di occuparmi di questi aspetti: sono stato in visita al Senato di Algeria, uno dei Paesi più aperti nei nostri confronti anche se ancora macchiato da un terrorismo radicato; ho incontrato i rappresentanti dell'Assemblea Parlamentare Euro-Mediterranea; ho voluto celebrare presso il Senato i 50 anni dei Trattati di Roma e richiamare in quella sede l'impegno dell'Europa per il Mediterraneo.
Mi offrite oggi l'occasione per riepilogare queste cose e lo faccio non senza una punta di orgoglio abruzzese perché so bene che anche la regione nella quale sono nato - attraverso i suoi amministratori regionali e locali, e soprattutto attraverso le sue imprese e la loro capacità di esportazione - si è fortemente proiettata in queste direzioni. Ma un grande e insostituibile ruolo spetta ai centri di elaborazione culturale, alle Università, ai giovani. Solo attraverso un impegno profondo di ricerca, di riscoperta delle nostre basi culturali, della nostra storia, della nostra identità mediterranea, potremo, infatti, radicare questo processo e avere benefici straordinari di progresso civile e sociale.
Un grazie sentito, dunque, all'Università di Teramo, e a quanti hanno organizzato questo incontro.