Cerimonia in ricordo di Guido Carli
Discorso pronunciato nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani in apertura del convegno per la presentazione del volume "Intervista sul capitalismo italiano", di Guido Carli e a cura di Eugenio Scalfari
Signore e Signori,
sono lieto che il Senato della Repubblica possa ospitare questa iniziativa in memoria di Guido Carli, una delle più illustri personalità del mondo economico e politico, non solo italiano, per cinquant'anni nel dopoguerra. Ringrazio perciò tutti coloro che si sono impegnati per la riuscita di questo incontro e, in particolare, il professor Paolo Savona. Il mio intervento sarà poco di più di un saluto perché il programma prevede importanti e qualificati oratori. Tuttavia, avendo conosciuto da vicino Carli - prima nella mia esperienza di dirigente sindacale e poi al Governo nei primi anni Novanta - sento il dovere non formale di dire qualche parola in più, che nasce proprio dal mio ricordo personale.
Guido Carli fu, anzitutto, uno straordinario servitore dello Stato. Per tutta la sua vita professionale e istituzionale. Ricoprì diversi ruoli e compiti importanti nelle istituzioni finanziarie nazionali e internazionali. Non fu mai solo un tecnico, ovvero solo una persona competente che poneva, in modo distaccato, le sue capacità a servizio della politica. Egli fu anche un politico, un esponente di quell'area liberaldemocratica il cui contributo di responsabilità fu davvero prezioso nella collaborazione governativa con la Democrazia cristiana nei primi decenni repubblicani.
Guido Carli fu membro della Consulta Nazionale che pose le basi per il lavoro dell'Assemblea Costituente. Tutta la sua vita professionale fu intrecciata con la vita politica del nostro Paese. Rappresentò l'Italia nel Fondo monetario internazionale e fu Presidente dell'Unione europea dei pagamenti, maturando, fin da allora, una convinta visione europeista, per la ripresa del vecchio Continente dopo i drammi della guerra e, soprattutto, per la crescita economica e finanziaria del nostro Paese. Una visione strategica che lo portò poi, nel 1992, come Ministro del Tesoro, ad accelerare e sottoscrivere il Trattato di Maastricht e l'impegno per la costituzione della Banca Centrale Europea.
Fu Governatore della Banca d'Italia e poi Presidente della Confindustria. La sua idea dell'economia non fu mai di una parte. Quando, alla metà degli anni Settanta, divenne Presidente degli industriali italiani non pose temi corporativi nella su agenda, ma una solida prospettiva generale.
Carli credeva fortemente nella possibilità di crescita del nostro Paese e faceva della crescita un vero e proprio imperativo etico. La sua celebre sollecitazione a tagliare i lacci e laccioli che frenavano l'espansione delle imprese non è certo da intendersi come una richiesta di cancellare regole e responsabilità, ma piuttosto come una spinta a creare un ambiente economico e sociale più favorevole allo sviluppo come condizione per il progresso civile, e per una maggiore equità sociale.
Non posso non ricordare poi che Carli qui in Senato, visse una lunga stagione del suo impegno civile e politico. Fu eletto senatore con la Democrazia cristiana nel 1983 e poi ancora nel 1987. Fu a lungo Ministro del Tesoro, e il suo impegno per il riequilibrio della finanza pubblica non fu mai disgiunto da una visione concreta dei problemi sociali e di quelli dell'economia reale e produttiva.
Nel 1991, dopo l'ennesimo aggravamento dei conti pubblici e il declassamento del debito internazionale da parte delle maggiori agenzie di rating, Guido Carli sostenne il mio impegno per la riforma delle pensioni. Ero da poco divenuto Ministro del Lavoro e della Previdenza sociale ed occorreva affrontare il problema, sia per i costi crescenti del sistema, sia per adeguare le prestazioni alle esigenze nuove dei lavoratori anziani e dei giovani. Nel luglio di quell'anno il Consiglio dei Ministri approvò la mia proposta che poneva le condizioni per l'allungamento della vita lavorativa e per una prima omogeneizzazione dei trattamenti. Ricordo l'opposizione dei Sindacati e della Confindustria. Ma anche la conflittualità nella coalizione di Governo era alta e, nel settembre dello stesso anno, il Partito Socialista guidato da Craxi ottenne l'accantonamento della riforma che non fu così inserita nella manovra finanziaria.
Le mancate decisioni della politica in quegli anni ancora oggi pesano, e credo ci debbano insegnare che il nostro è un Paese che ha bisogno di un governo che continuamente accompagni e sostenga la crescita con le misure opportune e con la costruzione del consenso necessario, senza fermarsi di fronte a veti e ostacoli. Occorre che la politica sia sempre all'altezza di questo se vogliamo mantenere il nostro Paese nel novero delle Nazioni più avanzate.
Credo che di figure come quella di Carli oggi si avverta un gran bisogno, perché le riforme delle quali il Paese ha urgente necessità richiedono di saper coniugare insieme rigore e indipendenza di giudizio con una forte sensibilità politica per assicurare sempre, anche nei passaggi più difficili, l'attenzione necessaria ad una maggiore giustizia sociale in un Paese nel quale vi sono ancora molti squilibri.