63° Anniversario della Liberazione
Discorso pronunciato a Bologna in occasione del 63° Anniversario della Liberazione
Cittadine e Cittadini di Bologna,
ho accolto volentieri l'invito del vostro Sindaco a celebrare con voi, in questa magnifica Piazza la Festa della Liberazione. In quella giornata luminosa di 63 anni fa il nostro Paese veniva finalmente liberato dall'occupazione nazista e poneva fine alla guerra. Quella data significava anche la conclusione di una lunga dittatura liberticida, instaurata dal Regime fascista, e apriva per la nostra Patria una pagina nuova di democrazia e di progresso.
Il 25 aprile del 1945 il Comitato nazionale di liberazione dell'Alta Italia proclamava l'insurrezione generale in tutto il Nord per incalzare i tedeschi in fuga e costringere le milizie fasciste alla resa. Fu indetto lo sciopero generale in tutte le grandi fabbriche per coinvolgere tutti i lavoratori - decine di migliaia di operai - in una grande mobilitazione comune. Bologna, coraggiosa, era già insorta il 21 aprile, con i suoi partigiani, con i cittadini, con i lavoratori. Genova scese in piazza il 23, bloccando il porto e i movimenti delle navi. Il 25 aprile ci fu la scossa decisiva e quel giorno è divenuto così il simbolo di una lotta lunga e difficile che ha portato il nostro Paese ad una stagione nuova.
Qual è il senso profondo, oggi, di quella data, di questo anniversario, di questa memoria? Il primo nostro ricordo grato deve andare a quelle migliaia di uomini e di donne, di ragazze e di ragazzi che combatterono per la nostra libertà, per la libertà di tutti. Ricordiamo tutti quelli che presero le armi in mano contro l'invasore e i tanti che, pur rimanendo a casa, collaborarono in ogni modo con i partigiani o accolsero, a rischio della vita, tante persone ricercate.
La guerra di liberazione fu una lotta dura e generosa, combattuta con armi impari, contro un nemico spesso pieno di rancore. Ricordare i nostri partigiani, quelli di tutto il Paese, è il primo fondamentale pensiero di questo giorno. Ma dobbiamo anche ricordare che la guerra non fu solo contro i nazisti, ma fu anche una guerra civile tra italiani che credevano ancora nel fascismo e altri italiani che, dopo i fallimenti del Regime, volevano la democrazia e la libertà.
Sfogliare le pagine di una guerra civile è sempre doloroso e difficile, perché in ogni comunità locale vi furono giovani che combatterono tra di loro, uomini e donne che, travolti dalle passioni politiche, non si risparmiarono nella lotta per le proprie idee. Voglio rievocare anche questi aspetti non certo per metterli sullo stesso piano della Resistenza, come qualcuno ha pur tentato di fare, ma per ricordarci sempre tutti che si deve avere rispetto per i caduti e per gli sconfitti, per tutti i caduti del nostro Paese, perché da questo rispetto nasce la base comune per rafforzare la nostra democrazia repubblicana.
Il 25 aprile segna anche l'avvio della nostra ripresa civile e politica, di una politica profondamente vicina ai sentimenti e alle esigenze dei cittadini. Di una politica che subito appassionò tutti gli italiani chiamandoli a decidere tra la monarchia e la Repubblica e ad eleggere l'Assemblea Costituente che ci ha dato la nostra Carta fondamentale. Una carta di valori e di principi limpidi e profondi, il cui rilievo è ben vivo e forte negli anni e si proietta nel futuro con chiarezza.
Bisogna studiare e amare la nostra Costituzione, non come un documento lontano ma come una guida costante per tutti: lavoratori, semplici cittadini, educatori, amministratori della cosa pubblica. Bisogna illustrarla ai giovani, farne apprezzare la profondità e la lungimiranza. Una Carta Costituzionale necessita sempre di un consenso sincero e rinnovato, che passa per la conoscenza, per l'approfondimento, per il confronto - pur nella diversità delle posizioni politiche - nella condivisione delle regole di fondo della convivenza democratica. Lavoro, tolleranza, dialogo, autonomia, pluralismo, ricerca della cooperazione internazionale per impedire ogni guerra, rifiuto della discriminazione, uguaglianza come progetto di libertà, libertà come condizione per la solidarietà: sono questi i riferimenti primari assoluti della nostra fede repubblicana e democratica. La Repubblica, deve voler dire, infatti, libertà, ma anche sostegno e solidarietà ai più deboli, ma anche responsabilità. Responsabilità nella vita sociale e responsabilità nella vita pubblica. Il Paese chiede una stagione di grande impegno alla politica e alle istituzioni. Una stagione che sappia anche riproporre una vera sobrietà in tutte le forme e i comportamenti, insieme ad un impegno concreto nella vita pubblica.
Abbiamo appena vissuto giornate di significativa partecipazione nelle elezioni politiche. La nostra democrazia è forte. Le nostri istituzioni sono solide. I cittadini elettori hanno individuato con chiarezza una maggioranza e una significativa forza di opposizione. Le democrazie più avanzate e mature sono fatte così. Ci dobbiamo aspettare ora un Governo efficiente, perché chi ha vinto ha l'onere di governare. E chi è stato battuto deve interrogarsi sulle motivazioni della sconfitta, deve impegnarsi a spiegare le proprie ragioni e proposte al Paese, deve trovarsi pronto ai prossimi appuntamenti della vita democratica.
Auspico che in Parlamento possa ripartire il dialogo e il confronto su alcune riforme istituzionali, su alcuni aggiustamenti indispensabili per dare più efficienza e stabilità al nostro sistema. Abbiamo di fronte sfide impegnative, che richiedono responsabilità ed equilibrio per essere affrontate. Sfide in un mondo globale, senza frontiere, dove la competizione economica e i movimenti di milioni di uomini e di donne possono mettere a rischio la nostra coesione sociale. Occorre un grande sforzo di riflessione e di progettualità per individuare le soluzioni migliori, per valorizzare le opportunità ed assicurare una crescita forte nella sicurezza e nella giustizia sociale.
La Liberazione, dunque, non è solo il ricordo di un giorno di passioni, di lotte e di scelte nette. In quel giorno iniziò un cammino. Cominciò una storia nuova per tutto il popolo italiano. La Liberazione è dunque un percorso di nuova responsabilità che prosegue ogni giorno, ogni anno. Un impegno che deve coinvolgere tutti, in una continua e incessante ricerca di unità e di coesione, nonostante le diversità e la dialettica anche aspra.
Attendere con personale impegno alla costruzione di una società migliore, crescere nell'attenzione ai più deboli e nel rispetto delle competenze e delle capacità, comporre e ricomporre la trama di una vita comune, intensa e democratica: queste devono essere le linee di impegno, i valori di riferimento da coltivare e proporre per far vincere al nostro Paese le sfide che abbiamo di fronte, per dare ai nostri giovani la possibilità di crescere e di esprimersi con tutte le loro capacità.
Consentitemi, care cittadine e cari cittadini, di ricordare ancora, in conclusione, proprio quel 21 aprile del 1945 quando, in concomitanza con la sollevazione popolare nella vostra Bologna entrarono in città i reparti della Brigata partigiana "Maiella". Questa è una delle pagine della Resistenza che noi abruzzesi ricordiamo e onoriamo con partecipazione. Ieri la Regione Abruzzo ha dedicato - ero presente anch'io - una sala delle Istituzioni regionali al Comandante Ettore Troilo, capo di quella gloriosa formazione. Permettetemi di rivolgere qui, proprio in questa Piazza Maggiore, un carissimo e riconoscente saluto agli uomini della Brigata "Maiella" che si unirono al popolo di Bologna per conquistare la liberazione.