Venticinquesimo anniversario della Fondazione per la Ricerca Biomedica Avanzata (VIMM)
Discorso pronunciato a Padova (Palazzo della Ragione)
Buon pomeriggio a tutti.
Saluto il Presidente Francesco Pagano, la Vice Presidente Giustina Destro, i relatori, le autorità e tutti gli ospiti presenti.
Ho fortemente voluto essere con voi oggi per questo appuntamento dedicato ai 25 anni della Fondazione per la ricerca biomedica avanzata di Padova.
Un compleanno prestigioso nel segno del progresso e della ricerca scientifica.
Ricordo bene l'entusiasmo e le emozioni positive provate l'anno scorso quando ho visitato le strutture della fondazione e dell'Istituto Veneto di medicina molecolare.
Sembrava quasi di entrare nel futuro e di poter toccare con mano le nuove frontiere della medicina in grado di coniugare in un unico contesto di eccellenza ricerca scientifica di base e ricerca clinica, mettendo al centro di ogni progettualità l'essere umano, la sua salute e la qualità della sua vita.
Un'idea che si è tradotta nella creazione di spazi liberi e interconnessi, dotati delle più avanzate tecnologie, in cui medici, biologi, fisici, ingegneri ed esperti di ogni ramo della scienza possono condividere strumenti e laboratori, ma soprattutto esperienze e competenze.
Un approccio metodologico interdisciplinare in cui innovazione e sperimentazione sono parte integrante del processo diagnostico e terapeutico, specie sul fronte delle patologie rare e più gravi.
Un sistema che si è dimostrato senz'altro vincente per scoperte, invenzioni e terapie che, in questi 25 anni, hanno regalato nuove speranze e una vita migliore a tante persone.
Penso alle cure farmacologiche per i pazienti oncologici ammalati di COVID, che già avevo lodato un anno fa per l'eccezionale rapidità con cui erano state sviluppate e sperimentate con successo in collaborazione con l'Università di Padova e la Regione Veneto.
Ma penso anche ai tanti progetti realizzati in questi ultimi anni sulle cellule staminali, sulle tecniche di chirurgia non invasiva, sulla cura di tumori particolarmente aggressivi, sulla medicina di genere e persino sulla generazione dei tessuti umani attraverso l'impiego di microprocessori o gel stampabili in grado di riparare e ricostruire organi interni.
Risultati straordinari che rendono la Fondazione e il suo istituto di medicina molecolare un autentico esempio di eccellenza italiana su scala mondiale di cui essere orgogliosi.
Scoperte e invenzioni in relazione alle quali ritengo doveroso rivolgere un pensiero di sincera ammirazione ai tanti ricercatori che sono il cuore e l'energia vitale di questa meravigliosa realtà scientifica.
Un capitale umano incredibile che in questa fondazione ha trovato l'opportunità di esprimere pienamente le proprie potenzialità, ma che nel nostro Paese troppo spesso è costretto a lavorare in condizioni di grande difficoltà, con scarse risorse economiche e precarie prospettive di carriera.
Una ricchezza di talenti e intelligenze sempre più frequentemente in fuga dall'Italia, come purtroppo ci ricordano le recenti stime della Corte dei conti secondo le quali negli ultimi 8 anni la quota di studiosi, scienziati e ricercatori italiani trasferitasi all'estero è cresciuta di oltre il 40 percento.
Tutto questo non è più accettabile.
Occorre invertire la rotta.
L'Italia che rinasce e riparte dopo la pandemia deve finalmente essere un'Italia consapevole che la ricerca non può più essere una voce marginale di bilancio, ma la pietra angolare su cui costruire il proprio futuro.
Deve essere un Paese che non ha paura di investire in formazione e ricerca scientifica, perché significa fare "debito buono": quello che crea i presupposti e le condizioni per essere sempre più competitivi, moderni, all'avanguardia.
Ce lo ricordano i vostri successi.
Ce lo confermano i prestigiosi traguardi raggiunti da tante ricercatrici e ricercatori italiani nel mondo, come la recente medaglia Dirac conquistata dalla fisica Alessandra Buonanno.
La prova che siamo un popolo di campioni non solo nello sport, nell'arte e nella cultura, ma anche nella ricerca scientifica.
E allora, sostenere la ricerca scientifica diventa un dovere di tutti.
Una sfida che si rivolge direttamente alla Politica e alle Istituzioni, ma che chiama in causa tutte le parti sociali, a cominciare dal mondo dell'economia e dell'impresa.
Perchè se davvero vogliamo tenerci stretti i nostri scienziati allora è necessario rimboccarsi le maniche e lavorare insieme per recuperare quel divario di attrattività che, specie sul piano occupazionale e in termini di qualità della vita, penalizza il nostro Paese ed è la causa principale di una fuga di cervelli che, ogni anno, costa a tutti noi più di 14 miliardi di euro: quasi un punto di PIL.
Ecco perché oggi guardo con sincero interesse alle molteplici iniziative promosse dalla Fondazione per finanziare le proprie attività attraverso partnership programmatiche di lungo periodo con le Istituzioni, ma soprattutto con il mondo dell'impresa e con i cittadini, come ad esempio il progetto "Adotta un ricercatore".
Perché significa promuovere sinergie virtuose che, oltre a sostenere la ricerca, possono saldare e valorizzare il legame tra università, poli scientifici, territorio, realtà produttive e società in una prospettiva di reciproco arricchimento: nella scienza medica così come in ogni altro settore del nostro Sistema Paese.
Questo è lo spirito di squadra di cui c'è bisogno oggi; queste sono le idee vincenti che possono ispirare strategie pubbliche e private di sviluppo efficaci e durevoli nel tempo.
Questa è la strada che l'esperienza della Fondazione per la ricerca biomedica avanzata di Padova ci ha chiaramente indicato.
Evviva quindi i 25 anni di questa prestigiosa Fondazione.
Evviva Padova, capitale di arte, cultura, medicina e ricerca scientifica.
Evviva l'Italia della ricerca.
L'Italia che non smette mai di inseguire i propri sogni e le proprie ambizioni e che con impegno, talento, genio e passione ci porta verso nuovi orizzonti di fiducia e di opportunità.